La concezione di chi erano i gladiatori, nella nostra mentalità comune è condizionata più dalle reinterpretazioni al cinema e nei media in generale che dalle fonti storiche, e spesso è confusa: stiamo parlando di schiavi, o di una sorta di “idolo delle folle” come potrebbe essere uno sportivo di successo ai nostri tempi? Una cosa era certa: da numerosi fonti sappiamo che un singolo munus (esibizione con combattimenti tra gladiatori) generava un giro d’affari così alto da essere paragonabile a quello di un grande evento sportivo moderno.
Nel 177 d.C., l’imperatore Marco Aurelio e il figlio Commodo fecero emanare dal Senato una legge per contenere i costi dei munera. Agli spettacoli fu applicato un tetto di spesa, e fu imposto un freno al prezzo da pagare per le prestazioni dei gladiatori. Per la prima volta nella storia, veniva stabilito un “tetto agli ingaggi”, secoli prima che il salary cap, il sistema utilizzato per regolamentare il giro di denaro negli sport professionistici, colpisse il mondo del calcio europeo o del basket americano. Gli spettacoli furono divisi in quattro fasce corrispondenti al budget da investire, e ad ogni fascia venne associato il compenso dei gladiatori secondo la categoria di appartenenza.
Il compenso minimo era di 3.000 sesterzi per un gladiatore di fascia più bassa, fino ad arrivare ad un massimo di 15.000 sesterzi per uno appartenente alla categoria più alta sesterzi. La legge Antonina disponeva inoltre che la metà dei gladiatori impiegati fossero gregarii, l cui costo oscillava tra i 1.000 e 2.000 sesterzi; si trattava di lottatori di basso valore, non inclusi nelle fasce di prezzo stabilite dalla legge.
Queste limitazioni erano valide soltanto per gli spettacoli organizzati dai magistrati nelle province, ma non si applicavano ai munera offerti dagli imperatori nell’Urbe; ad esempio, Tiberio aveva offerto 100.000 sesterzi a due famosi ex-gladiatori (rudiarii) per onorare la memoria di suo padre e del nonno Druso.
Si potrebbe quindi ipotizzare un paragone tra gli ingaggi offerti da Tiberio e quelli degli idoli sportivi più famosi di oggi. Il paragone può sembrare azzardato ma, in entrambi i casi, si tratta dell’élite, di top player delle rispettive epoche, ed in quanto tali strapagati, con somme ben al di fuori della media.
Nel primo libro di una trilogia che Alberto Angela dedica all’imperatore Nerone, viene ipotizzato che, durante il primo secolo a.C., un sesterzio corrispondesse all’incirca a sei euro; prendendo per valido questo dato, si potrebbe comunque provare ad ipotizzare un confronto tra l’ingaggio offerto da Tiberio con quello dei moderni idoli sportivi. Cercando online, si può scoprire ad esempio che LeBron James, stella dei Los Angeles Lakers, nella stagione 2019/2020 ha percepito un ingaggio di 36 milioni di dollari (sponsorizzazioni escluse), disputando in totale 82 partite. Per quello che riguarda il mondo del calcio, invece, nella stessa stagione il fuoriclasse Cristiano Ronaldo ha avuto un ingaggio di 31 milioni di euro (escluse le sponsorizzazioni), giocando all’incirca 60 partite tra campionato e coppe.
Da ciò si ricava che, per la singola “esibizione”, i gladiatori dell’epoca di Tiberio vengono pagati di più di Cristiano Ronaldo e LeBron James. Sappiamo inoltre che di solito i vincitori ricevevano premi in denaro e beni preziosi dall’organizzatore dei giochi. In pratica, delle entrate extra che somigliano molto alle sponsorizzazioni per gli sportivi moderni. Con i premi vinti, alcuni gladiatori potevano permettersi uno stile di vita più che dignitoso, se paragonato alle condizioni in cui versavano le classi sociali più povere.
Grazie alla scoperta dell’archivio di Lucius Caecilius Iucundus, è possibile fare un confronto con il costo della vita nel I sec. d.C. Uno schiavo aveva un prezzo di vendita stimato tra i 1.200 e i 2.500 sesterzi. Lo stipendio annuo di un legionario, considerato da molti una fonte di reddito sicura, paragonabile in qualche modo al “posto fisso” di oggi, era di 300 denari, pari a 1.200 sesterzi. Un secolo dopo, nonostante il “tetto agli ingaggi” imposto in epoca antonina, il compenso minimo per la singola prestazione di un gladiatore sarà di 3.000 sesterzi, più del doppio della paga annua di un soldato. Queste differenze enormi fanno capire bene gli interessi e l’attrazione economica che la professione del gladiatore esercitava sulla società del tempo. Il fatto che molti gladiatori fossero schiavi, non significava che potessero comunque vivere un’esistenza più che agiata.
Insomma, non è azzardato tracciare un paragone tra i migliori gladiatori e i campioni sportivi di oggi, perlomeno sul piano dei guadagni; inoltre, vista la natura spettacolare delle loro esibizioni, si potrebbe paragonarli anche alle star televisive. Se ti interessa saperne di più, il libro “Gladiatori: I protagonisti del primo Talent Show della storia” di Niccolò Arcangeli, da cui è stato tratto il materiale per questo articolo, è disponibile in formato ebook e cartaceo su Amazon.
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