Articolo a cura di Giuseppe Bonan – Blog
“Estensione del dominio della lotta”: questo il titolo del romanzo d’esordio di Michel Houellebecq.
Il narratore/protagonista ci espone la propria vicenda di lavoratore per una ditta informatica. Tramite la sua attività viene affiancato o si ritrova a dover interagire con personaggi più o meno scomodi. Il nostro prova un disagio di fondo, dettato da un’idea per niente ottimistica della realtà che sta vivendo, e anzi denigrante la attuale società parigina e dei dintorni. Tale disagio lo porterà a quella che da pochi anni è definita una malattia, portandolo a cercare aiuto e rendendolo consapevole preda della stessa.Tuttavia, ne prova una insofferente noncuranza. Non avverte il senso di colpa che dovrebbe normalmente scaturire dalle proprie azioni.
Si tratta di un percorso attraverso una immaginaria spirale discendente che lo porterà a disprezzare la vita, ma senza ignorare per esempio meraviglie della natura, di cui tuttavia il protagonista ne è spettatore non proprio indifferente. Piuttosto, pare ammirarne la bellezza, essendo essa (la natura) forse l’unica forma di vita che non si presta a una condanna. Il protagonista è propenso comunque a una sorta di creatività che sviluppa attraverso la produzione di novelle “di argomento animale”, nelle quali espone proprie teorie filosofiche.
Forse, dando voce agli animali, certi pensieri risultano paradossalmente più “umani” – cioè più dotati di sensibilità. Il nostro, se ancora non s’era capito, disprezza la società e il sistema in cui vive in prima persona. Mi viene da pensare a “I demoni” di Dostoevskij, per la spietatezza di alcuni concetti, o al più recente “Bastogne” di Enrico Brizzi, per la violenza, seppure non compiuta ma ispirata.
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