Racconto di Diego Tonini, autore del romanzo noir surreale “Nella botte piccola ci sta il vino cattivo”

Lo squillo del telefono mi strappò dal sonno con la gentilezza degli esattori del Turco con chi ha saltato troppi pagamenti. Con gli occhi ancora annegati nei troppi whiskey & soda misi a fuoco la sveglia. 8.51, non pensavo nemmeno esistessero le 8.51 del mattino.

«Carpenter investigazioni» bofonchiai, Cercando di sembrare sufficientemente sveglio, nel caso fosse un pezzo grosso o qualche bella pupa.

«Vince, vieni subito al negozio, è importante, mi è successa una cosa terribile, ti prego vieni, ti prego…» Era Randy, della Cattedrale della Bistecca Premiata Macelleria per Cani e Gatti, e mi stava parlando come se tutti i diavoli dell’inferno lo stessero aspettando fuori dal negozio per portarselo via.

«Mmh.» Presi tempo per rendermi conto di essere sveglio, cercai lo Zippo nel taschino della camicia e mi accesi la prima della giornata, poi fui in grado di rispondergli: «Randy, rallenta il motore e spiegami tutto da capo.»

«No, no, devi venire qui subito, è un affare troppo grosso per parlarne al telefono.»

«Preparami un caffè che arrivo» risposi, «e che sia nero come la notte e amaro come la vita.»

il macellaio diego tonini

Tanto per sicurezza presi un caffè da portar via alla pasticceria di Gladys, facendoglielo mettere in conto e usando tutto il mio residuo potere di convincimento per assicurarla che avrei saldato appena mi avessero pagato per questo nuovo caso, pur sapendo che da Randy non mi sarei fatto dare un soldo bucato. Ero in debito con quel ragazzone morbido come i filetti che vendeva, fin da quando mi aveva impedito di marcire in uno vicolo puzzolente in compagnia di alcol di pessima qualità e mi aveva dato un tetto e del cibo caldo per il tempo necessario a rimettermi in carreggiata. Buon vecchio Randy, è sempre stato il senno che non avevo, glielo dovevo proprio un favore.

Le serrande del negozio erano alzate a metà e la porta a vetri chiusa. Mi appoggiai al pilastro di marmo per riprendere fiato e assaporarne il freddo contatto, con trench e borsalino si sudava da matti quel giorno, maledetta primavera.

«Randy, apri, sono Vince» la mia voce era come carta vetro sulla pelle ustionata. Tirai un pugno alla serranda per fare un po’ di rumore.

Emerse dal buio come un tossico esce da un viaggio e quando mi vide un sorriso preoccupato gli crebbe in faccia.

«Entra, su» disse con un filo di voce.

«Beh, cosa c’è di così importante da tirarmi giù dal letto a quest’ora assurda?» Dissi, entrando nel locale buio. Stavo quasi per accendere una sigaretta poi mi ricordai che era un macelleria.

«prendi il tuo caffè» disse lui, «e accomodati.»

«Non sono la tua pupa, Randy, non hai bisogno di fare una bella impressione con me, quindi salta tutta la parte dei convenevoli e sputa il rospo» gli dissi.

Il macellaio mi fissava come un gatto guarda la macchina che lo sta per investire, e non diceva nulla.

«Parli con me o vuoi che chiami il prete per confessarti?»

«Il modo migliore per spiegartelo è fartelo vedere» rispose, e cominciò a sbottonarsi i pantaloni.

«Ehi, ehi» urlai, «Quando ti ho detto che ero in debito, non intendevo QUESTO.»

«Ma no! Non hai capito, il mio problema non è davanti, ma dietro.»

Tirai fuori la Ruger «Davanti o dietro non importa, l’unica canna che avrai da me è quella della mia pistola!»

«Ti ripeto che mi hai frainteso, lasciami fare e chiariremo tutto»

«O-OK. Ma stammi ad almeno un braccio di distanza.» Per precauzione non abbassai la pistola.

Poco ci mancò che mi partisse un colpo dal ridere: Randy, un ragazzone di centotrenta chili, stava davanti a me con le braghe calate, e scodinzolava con una lunga coda da golden retriever che spazzolava l’aria dietro il suo culone flaccido.

«Sarebbe questa la cosa terribile?» ridacchiai, mentre lui mi guardava con rabbia e disperazione.

«Non ridere! Vorrei vedere fosse capitato a te: Vince Carpenter il segugio, ha perfino la coda.»

«Scusa, scusa, hai ragione. Ma come ti è successo?»

«E che ne so? Ieri mattina mi sono svegliato così, non sapevo chi altro chiamare, ti ho cercato tutto il giorno, ma non rispondevi al telefono!»

«Sono stato… impegnato» dissi. «Ma sei andato dal medico? O… dal veterinario?» non riuscivo a rimanere serio.

«Dal medico mi vergogno» disse, e poi aggiunse con una smorfia: «e il veterinario dice che per legge non può amputarmela, sarebbe crudeltà verso gli animali.»

il macellaio mi guardava speranzoso, scodinzolando come un cagnolino in cerca di cibo, e io non sapevo proprio che fare… poi alzai gli occhi e mi venne un’idea: «Potrei tagliartela io…»

«Davvero lo faresti?»

«Beh, se tu sei d’accordo…»

«Sì sono d’accordo»

presi il coltello più grande dalla rastrelliera sopra la mia testa e ne assaporai la consistenza e il peso. Randy mi osservava, la coda che si agitava timida. Tirai fuori dalla tasca interna della giacca la fiaschetta d’argento risolvi-problemi e la porsi a Randy.

«tutto d’un sorso» gli dissi.

Acciaio e argento riflettevano la poca luce che filtrava dalla porta.

«Appoggia la coda qui» dissi, indicando il grosso tagliere di legno «e non scodinzolare.»

Con la destra stesi la coda mentre con la sinistra alzavo il coltellaccio sopra la testa. Fissai il punto dove avrei tagliato, allargai leggermente le gambe, strinsi l’impugnatura, trattenni il fiato…

«Non ce la faccio» espirai.

«Come no?» biascicò Randy sotto l’effetto del mio risolvi-problemi, «un duro come te? L’altro ieri hai spaccato tutte le ossa al buttafuori del Red Wolf»

«Si ma quello era un uomo, mica un cane»

«Ma io SONO un uomo!»

«Hai questa bella coda e gli occhioni languidi, mi ricordi il mio Bucky, povero Bucky.» Se non fossi stato un duro mi sarei messo a piangere.

«Tienila» dissi, «con la coda sembri più… Tenero.»

«Ma io non voglio essere tenero, la carne che vendo è tenera!»

Poi feci una di quelle cose che non credi capace di fare finché non le hai fatte: spinsi Randy contro il bancone, e calai un colpo secco, senza pensare. I suoi pantaloni ora avevano uno strappo largo e netto tra le chiappe, giusto per far uscire la coda.

«Mettiteli» dissi.

«Ma così tutti me la vedranno!»

«Appunto.»

allora anche lui realizzò.

«Macelleria per cani… scodinzolo mentre vendo la carne…» parlava tra sé, poi esplose: «Vince, sei un fottutissimo genio! Vedo già lo slogan: Cattedrale della Bistecca, scodinzolate con me.»

«stai seduto su un mucchio di soldi» gli dissi «letteralmente.»

«Hai ancora un po’ di risolvi-problemi?» fece Randy «Dobbiamo brindare».

MORALE: non tutto quello che spunta dal culo è per forza merda.

Ti è piaciuto il personaggio di Vince Carpenter? Sapevi che c’è un romanzo tutto per lui? Scopri “Nella botte piccola ci sta il vino cattivo”!