“Il Tridente di Shiva” – Valentina Marcone

“Il Tridente di Shiva” – Valentina Marcone

“Avevo ventun anni, una famiglia appena ritrovata, un fidanzato problematico e scostante, una guerra in atto con metà dei vampiri e tutta la stirpe dei licantropi. Beh, forse dovevo darmi una mossa anche io.”

IV parte della saga “La Croce della Vita”

Pagine: 240

Genere: Paranormal Romance/Urban Fantasy

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Descrizione

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“Se avessi dovuto definire me stessa con quattro aggettivi avrei scelto: testarda, sincera, passionale e pacifica. Sì esatto, pacifica: nonostante fossi una temibile creatura mitica cresciuta da tre vampiri leggendari. non cercavo lo scontro se potevo evitarlo, ma a volte ci sono guerre a cui non puoi sottrarti. A volte sei costretto a difenderti, a non farti metter i piedi in testa, ad alzare la testa e dire ‘Basta!’; non sai se vincerai, magari sarà l’ultima cosa che farai, magari sarà il tuo momento di gloria, questo non lo sai. Sai solo che tu non sei fatta per seguire, non sei fatta per nasconderti, non sei fatta per abbassare la testa e dire ‘grazie’ ogni volta che il tuo padrone ti porta da mangiare, tu sei fatta per lottare, sei fatta per essere libera e non puoi permettere a nessuno di avere potere sulla tua vita.
C’è chi si accontenta di essere una pecora tutta la vita, e poi c’è chi preferisce ruggire come un leone, anche se quel ruggito sarà quello che ti porterà alla morte.”

Quarto parte della serie Paranormal Romance “La Croce della Vita”, con “Il Tridente di Shiva” vedrete la Furia Deva diventare adulta mentre dovrà fare i conti con una nuova, misteriosa minaccia…

Informazioni aggiuntive

Estratto Gratuito

Capitolo 1
Non avevo mai volato prima e la cosa mi avrebbe eccitato davvero molto, se non avessi avuto costantemente fissa in testa la destinazione finale. Stavo andando da quello che sarebbe dovuto essere il mio carnefice, dall'uomo che aveva progettato tutto, dal capobranco che aveva dato inizio alla rivolta dei licantropi.
Partimmo poche ore dopo, sapevo che per i vampiri era uno sforzo enorme muoversi nelle ore di sole, ma non potevamo aspettare che calasse la notte altrimenti avremmo sprecato del tempo prezioso, in quel modo invece saremmo arrivati giusto dopo il tramonto.
Il jet privato ci aspettava in un hangar poco distante da casa nostra; sapevo già che i fratelli Sincore erano ricchi, ma non credevo avessero anche un aereo. Ovviamente la cosa era abbastanza logica visto che viaggiavano molto tutti e tre, soprattutto prima che arrivassi io, e per un vampiro prendere un volo di linea non doveva essere così semplice.
Ero rimasta basita non poco quando, prima di uscire di casa, avevo capito che Clara sarebbe rimasta a casa. Ovviamente non da sola, Ranika e altri due vampiri che non conoscevo sarebbero rimasti a casa con lei.
Il nostro aereo era il classico jet privato, poltrone in pelle chiara a gruppi di quattro, due da un lato e due dall'altro divise da un tavolino di legno e interni completamente rivestiti di legno color mogano; i vetri erano oscurati, molto probabilmente con lo stesso sistema di serrande elettriche che avevamo a casa. L'equipaggio era composto da due piloti e una hostess che continuava ad affannarsi per rendersi utile; la ragazza doveva avere poco più della mia età, ma l'uniforme e lo chignon incastrato ad arte sotto il cappello, la facevano sembrare molto più matura e sofisticata. Non che ci volesse molto, visto che indossavo un paio di jeans, una canottiera e una felpa, ma io dovevo pensare alla comodità e non a far colpo sui miei datori di lavoro.
Salii dopo Michele e mi sedetti su una delle poltrone panna accanto al finestrino di fronte a lui; Gabriel, subito dietro di me, occupò il posto accanto al mio e Raffaele si accomodò nell'unico posto rimasto libero di fronte al secondogenito. Vidi la ragazza in questione spalancare gli occhi quando salirono anche Brian, Duncan, l'armadio e Xena, ma a suo favore c'era da dire che si riprese quasi subito. La ascoltai distrattamente mentre ci diceva di allacciarci le cinture, rassicurandoci sul fatto che si prometteva bel tempo e che quindi saremmo andati incontro a un viaggio tranquillo.
Il decollo fu alquanto strano, non spiacevole, ma nemmeno così indolore come mi aveva detto Raffaele; lui mi assicurò che era perché l'aereo era piccolo, in uno più grande non avrei sentito assolutamente nulla, ma la sensazione che avevo provato allo stomaco non mi era piaciuta per niente. Che stupida che ero: potevo volare quando volevo, anzi, di solito più in alto andavo più mi sentivo libera, e adesso mi spaventava un decollo. Okay, proprio spaventata non ero, diciamo che era solo una sensazione un po' molesta.
Fortunatamente durò pochissimo, la stessa hostess di prima tornò da noi all'istante per offrirci da bere e dal sorriso che vidi sulla faccia di Brian capii che avrebbe preferito bere lei più che lo champagne. Scossi la testa e mi rilassai, sentii gli occhi di Gabriel su di me e alzai gli occhi per incontrare i suoi, lui mi guardava stringendo le labbra, che aveva? Stavo per chiederglielo quando lui abbassò eloquentemente lo sguardo verso il bracciolo che divideva le nostre poltrone dove c'erano le nostre dita intrecciate. Più che intrecciate, era la mia mano a stringere la sua in una morsa stritolante, quando me ne accorsi lasciai la presa di scatto e mi sgranchii le dita.
«Tranquilla, la prima volta non piace a nessuno.» Disse Brian ridendo, lo guardai stringendo gli occhi, a volte era davvero inopportuno. Non seppi trattenermi e gli feci la linguaccia, lui rise ancora di più.
Gli altri parlottavano a bassa voce, ma io non ero interessata a fare conversazione, odiavo svegliarmi presto.
Beh, ci aspettavano parecchie ore di viaggio, quindi mi tolsi la felpa e la appallottolai per usarla a mo' di cuscino.
Dopo svariati tentativi fallii miseramente nel trovare una posizione comoda, sbuffai e Gabriel si voltò fissandomi perplesso, alla fine premette un pulsante che non avevo assolutamente notato sotto il bracciolo che divideva le nostre poltrone e lo alzò finché questo non fu in posizione verticale e riempì lo spazio vuoto tra i due schienali, poi si abbassò passandomi un braccio sotto le ginocchia e posandosi le mie gambe in grembo; io ruotai il busto, recuperai la felpa e la usai come cuscino che poggiai sulla spalla di Gabriel, gli passai un braccio intorno alla vita e inspirai a pieni polmoni il profumo della sua pelle strofinando il naso sul suo collo mentre lui mi cingeva le spalle con un braccio.
Sentendomi osservata, riaprii gli occhi e voltai leggermente la testa per vedere la ragazza guardarci con occhi sgranati, ma distolse subito lo sguardo. Evidentemente pensava fossi tipo sua sorella, avrei potuto facilmente verificare la mia ipotesi se avesse di nuovo incontrato il mio sguardo, ma lei non lo fece, anzi, si eclissò dietro la tendina che portava alla porta della cabina di pilotaggio.
Poco male, anzi meglio per lei visto che se voleva tenersi il posto avrebbe dovuto far colpo anche su di me. Mi girai di nuovo e chiusi gli occhi sperando di prendere presto sonno.

***

«Scricciolo?»
La voce bassa e roca di Gabriel che mi sussurrava piano all'orecchio, mi riportò piano piano alla realtà. Senza aprire gli occhi, sfregando il viso sul suo collo, aspettai di sentirlo rotolare su di me, ma lui restava lì fermo… Aggrottai la fronte e mi resi conto di essere seduta.
Ah giusto, eravamo sull'aereo.
Aprii gli occhi e incrociai i suoi, scorgendovi un pizzico di divertimento. Sbadigliai e mi stiracchiai. Gli altri erano tutti svegli, quanto avevo dormito?
«Siamo quasi arrivati, manca circa mezz'ora.»
Mi spiegò Michele.
Cavolo. Avevo dormito per tutto il viaggio?
«Dov'è finita la gazza?» Dissi ancora insonnolita allungando il collo per guardare lungo il corridoio.
Raffaele mi guardò stranito.
«La gazza… su… vi guardava come se foste dei diamanti… e poi vola….» Michele scosse la testa. «O forse ho sbagliato volatile. Uhm vediamo… Ci sono! È una jancana!» Dissi schioccando le dita. Gabriel emise un grugnito. «È l'unico uccello poliandrico quindi va bene no?»
«Ha bisogno di me signorina?» Disse improvvisamente il volatile in questione affacciandosi oltre la tenda.
«Sì, vorrei qualcosa da bere. Del té senza zucchero alla pesca o un succo. Grazie.»
«Arriva subito signorina.»
Trenta secondi dopo arrivò con un vassoio splendente su cui svettava solitario un grosso bicchiere con del liquido chiaro. Non barcollava nemmeno un po' anche se aveva i tacchi.
«Cos'è?» Chiesi mentre poggiava il bicchierone sul sottobicchiere bianco che aveva portato con sé.
«Succo di pompelmo.» Rispose con un sorriso finto prima di voltarsi e sparire di nuovo dietro la tenda ancheggiando in modo eccessivo.
«Beh, immagino che il mio metabolismo non ne risentirà più di tanto, ma comunque non capisco perché la gente dovrebbe comprare questa roba. Non fa per niente bene…» Dissi sovrappensiero. Ma ero troppo assetata perciò ne bevvi quasi metà.
Pochi minuti dopo ci avvisò che mancavano circa venti minuti all'arrivo. Michele si sporse in avanti in modo da farsi vedere da tutti.
«Al nostro arrivo ci attendono alcuni dei nostri discendenti, ci muoveremo tutti insieme, raggiungeremo a piedi il posto, in modo da non destare sospetti e poi aspetteremo l'inizio della riunione.»
Tutti fecero cenni d'assenso.
«Non saranno in pochi…» Disse Duncan.
Gabriel gli rispose senza voltare lo sguardo con un sorriso maligno sulla faccia.
«Nemmeno noi.»

Capitolo 2
Tre ore dopo eravamo nascosti nei boschi che circondavano la villa, abbastanza lontani perché il nostro odore non arrivasse fino ai loro iper sviluppati nasi. Fortunatamente c'era un po' di vento quella sera, perciò lo sfruttammo a nostro favore. Prima di scendere dall'aereo mi ero cambiata, ora avevo solo un paio di pantaloncini e una canottiera, avevo lasciato tutto il resto, scarpe comprese, in macchina. Avevo intenzione di trasformarmi subito, ma poi Gabriel mi aveva sconsigliato di farlo. Se la furia avesse sentito la presenza di quel bastardo di Flamenco, non so se sarei riuscita a fermarmi, perciò avevo ascoltato il suo consiglio, anche se adesso stavo gelando.
Quando Michele aveva detto che alcuni dei suoi ci avrebbero aspettato, non immaginavo che avesse raggruppato un piccolo esercito. Nascosti nella boscaglia c'erano circa cinquanta vampiri armati fino ai denti. Ovviamente avevo capito il perché di tanta scena. I fratelli Sincore volevano punire Flamenco in modo esemplare, ostentando tutta la loro potenza.
Sospirai e cercai di restare immobile. Stare così lontani ci proteggeva dall'essere scoperti anzitempo, ma ci creava anche non poche difficoltà ad individuare il loro arrivo.
Dopo altri venti minuti feci cenno a Michele che arrivò all'istante.
«Mi avvicino io. Non conoscono il mio odore, gliene hanno parlato ma nessuno di loro mi ha mai sentita personalmente.»
«Va bene. Ma appena senti arrivare tutti, torna indietro.»
Chiusi gli occhi e lasciai che il mio corpo mutasse. Era inutile togliersi i vestiti prima per paura di romperli, non sarei comunque tornata a recuperarli lì in mezzo al bosco. Aprii piano le ali evitando di fare rumore, le sgranchii e flettei contemporaneamente gli artigli di mani e piedi.
Dio quanto adoravo essere una furia.
Mi sentivo invincibile.
Senza voltarmi indietro, mi incamminai piano lungo il bosco facendo attenzione a evitare ogni minimo rumore.
Nella mia testa continuavo a non pensare assolutamente a nulla, dovevo distaccarmi da tutto per evitare di perdere il controllo.
Ero ancora circondata dagli alberi quando iniziai a sentire le prime voci precedute dallo sbattere di sette, forse otto portiere. Attesi che tutti fossero entrati dentro casa, poi mossi altri tre passi in avanti, ma ancora non vedevo nulla, perciò mi avvicinai ad un albero massiccio con la corteccia abbastanza liscia e mi arrampicai piano. Vidi delle luci, un piccolo spiazzo in cui erano parcheggiate cinque grosse auto e una casa a due piani di pietra chiara. Scesi subito e cercai di percepire tutti i rumori che provenivano da quella direzione, sentii due persone che passeggiavano piano davanti casa. Sicuramente guardie armate di tutto punto. Inoltre una casa del genere aveva come minimo un'altra entrata sul retro, quindi in totale dovevano esserci almeno quattro guardie all'esterno.
Aspettai altri dieci minuti, ma non arrivò nessun altro, perciò iniziai a tornare indietro. Quando raggiunsi gli altri alzai la mano e gli feci cenno di seguirmi.
In un istante vidi mutare le loro espressioni, la concentrazione e la freddezza scacciò via la noia dell'attesa. Vidi i vampiri dividersi in due gruppi, come concordato: avrebbero circondato la casa, mentre io sarei arrivata dall'alto.
Mi voltai di nuovo e quando arrivai allo stesso posto di prima non mi curai di fare meno rumore, ma spalancai le ali e mi alzai in volo. Lì dentro c'era Flamenco. Non doveva scapparmi.
Non mi preoccupai di controllare che i vampiri avessero eseguito gli ordini di Gabriel, perciò mi concentrai sulle due guardie sul davanti della casa. Le sentii parlottare tra loro agitate, ma prima che si rendessero conto di cosa stesse succedendo, piombai su di loro come un missile. Atterrai la guardia a destra, piombandogli con i piedi sul petto, mentre colpivo l'altro con l'artiglio estremo dell'ala sinistra.
Nello stesso istante, cinquanta vampiri iniziarono ad entrare nella casa da tutti i lati, sfondando porte e finestre. Mentre le urla e gli spari riempivano la notte, io cercai di mantenere il controllo; non volevo perdere la testa e lanciarmi nella mischia come una bestia. Avrei dimostrato a quei cani che non ero come loro.
Entrai per ultima, gli spari si erano fermati, ma le urla continuavano. Le seguii e mi trovai in un ampio soggiorno con un lungo tavolo al centro, ribaltato e spezzato. In fila contro il muro opposto c'erano sette uomini: sette licantropi, con pistole e fucili puntati alla testa. Altri dei loro erano riversi a terra, tutti già morti di sicuro.
Mi avvicinai piano e immediatamente smisero di urlare, smisero di parlare, smisero anche di respirare.
I vampiri si scostarono concedendomi una più ampia visuale sul gruppetto. Mi fermai e iniziai ad avvicinarmi a quello più a sinistra. Percorsi lentamente tutta la fila, dal primo all'ultimo. Feci due passi indietro e tornai al centro. Erano tutti abbastanza giovani; il più vecchio dimostrava all'incirca quarant'anni, ma non sapendo assolutamente chi fosse la persona che stavo cercando, non potevo riconoscerlo, perciò non mi restava che chiedere.
«Chi… è… Flamenco?» Per un secondo mi sorpresi della mia voce. Era sempre spaventosa certo, ma avevo fatto molta meno fatica rispetto alla prima volta. Probabilmente era anche quella una questione di esercizio.
I sette lupi mi guardarono impassibili, senza muovere un muscolo. Gabriel si avvicinò all'ultimo sulla destra e sibilò.
«Vi ha fatto una domanda, stronzi.»
L'uomo a cui lo aveva chiesto sostenne il suo sguardo senza muoversi. Era alto quasi quanto lui, ma molto più grosso, perciò se non fosse stato così tanto in svantaggio, avrebbe potuto anche pensare di giocarsela con lui in un combattimento corpo a corpo, se non conosceva la sua fama, ma in quella situazione era un tantino fuori luogo provocarlo in quel modo.
Gabriel non mosse nemmeno un muscolo, rimase a fissarlo, poi con uno scatto fulmineo del braccio gli piantò due coltelli nell'addome, inchiodandolo al muro dietro. Il licantropo grugnì di dolore, ma continuava a non parlare.
Bene, erano più testardi del previsto, di quel passo ci avremmo messo ore. Mi avvicinai a quello al centro della fila e lo afferrai per il collo. Mi bastò un solo sguardo nei suoi occhi per individuare i suoi pensieri, sembrava che la trasformazione rendesse molto più facile anche quella nuova capacità.
Tre secondi dopo lo lasciai e ruotai piano la testa verso destra.
Alto all'incirca 1,75, occhi e capelli castani, mascella squadrata, labbra carnose, naso leggermente aquilino, a primo impatto sarebbe stato un perfetto uomo d'affari, uno di quelli che ti aspetti di vedere uscire di casa con la ventiquattrore e un vestito giacca e cravatta scuro per andare in ufficio.
Flamenco.
Lo guardai dritto negli occhi, e mentre lui mi fissava, tornai indietro all'inizio della fila.
Mi fermai davanti al secondo della fila, allargai le ali lentamente e poi con un gesto fulmineo tranciai la gola ai due ai lati con gli artigli in cima e finii quello al centro con la mano destra.
Feci la stessa cosa con i due successivi, poi guardai Gabriel che spezzò il collo all'ultimo.
Sentivo il sangue scorrermi lentamente lungo tutto il corpo, dalla punta degli artigli, alle spalle, ai seni, alla pancia. Era come una carezza, caldo e denso.
Mi sarebbe bastato ucciderlo una volta sola?
Non credevo… però non volevo vederlo mai più, volevo sapesse per il resto della sua esistenza che ero stata io l'artefice della sua rovina, volevo essere io il suo incubo più grande, ma prima volevo delle risposte: volevo sapere se era davvero lui la mente di tutto, volevo tutti i nomi di chi si era detto d'accordo o contrario a quei suoi scellerati piani e non avevo alcuna intenzione di rivolgergli la parola, perciò lo guardai dritto negli occhi e iniziai e leggere tutti i pensieri della sua mente.
Non era così vecchio come mi aspettavo, la mente di Michele in confronto alla sua era molto più fitta, perciò mi ci volle meno del previsto per sapere tutto quello di cui avevo bisogno.
Alla fine chiusi gli occhi per un secondo, cosa potevo fargli per sentirmi meglio?
Volevo punirlo nel peggiore dei modi, non secondo il mio giudizio, ma secondo il suo. Lo guardai di nuovo e stavolta invece di individuare i pensieri che lo avevano spinto a fare quello che aveva fatto, cercai la sua paura più grande e quasi sorrisi quando la trovai. Nonostante tutto ci teneva al suo branco, il suo timore più grande era quello di venire deriso e ripudiato da quella che lui considerava la sua famiglia.
Peccato.
Avrei preferito che ci tenesse seriamente ad ognuno di loro, per poter togliere loro la vita ad uno ad uno davanti ai suoi occhi.
Alzai una mano e gli feci scorrere un artiglio lungo tutto il viso.
«Tutto… Il… Branco…» Sussurrai.
Feci un passo indietro ed uscii.

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Recensioni

  1. Marco “Frullo” Frullanti

    “Lo stile della Marcone mi piace tantissimo, è uno di quelli che fila, ti espone tutto in modo semplice e con i giusti dettagli senza perdersi in eccessi che allontanano dallo svolgimento della storia. Quindi, una scrittura che adoro.”

    Recensione sul blog “Peccati di Penna

  2. Marco “Frullo” Frullanti

    “Il tridente di Shiva” risulta una lettura scorrevole, scritto con uno stile semplice ma brioso e accattivante.
    La “Croce della vita” è una saga consigliatissima a chi ama il genere fantasy mescolato con il romance.

    Recensione sul blog “Nel Cerchio del Tempo”

  3. Marco “Frullo” Frullanti

    Adoro l’equilibrio tra azione,amore e anche grandi risate,che rende la lettura leggera,scorrevole e ben strutturata.
    Personalmente mi sento di consigliare questa lettura a tutti!
    Recensione sul blog “Book Is Life”

  4. Marco “Frullo” Frullanti

    “Una storia a cui mi sono appassionata, grazie ai protagonisti dei vari libri, a una fine analisi psicologica dei personaggi, a colpi di scena e battaglie memorabili.”
    Recensione su “Le Recensioni della Libraia

  5. Marco “Frullo” Frullanti

    Tensione, suspense, ma anche tanto sentimento, emotivi contrastanti e crescita personale in questo nuovo capitolo della saga di Valentina Marcone.
    Recensione su “Leggendo Romance

  6. Marco “Frullo” Frullanti

    “Della storia, oltre a tutta l’azione dovuta a vampiri e licantropi, mi è piaciuta la voglia di Deva di sentirsi, ogni tanto, normale.”
    < href="https://ikadreaming.blogspot.it/2017/01/review-of-week-168-il-tridente-di-shiva.html" target="blank">Recensione su Dreaming Wonderland!

  7. Gladys Alexandra Carbo Campuzano

    La” Croce della Vita” é una saga a cui mi sono appassionata grazie a sui personaggi, azioni,,amore, il gran senso di humor, a colpi di scena , tensione e suspense che rende la lettura semplicemente scorrevole e facile. Il Tridente di Shiva” spero che non sia il ultimo capitolo della saga. Aspettero con ansia il seguito.

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