“Dieci Pizze” – Marco Dolcinelli

“Dieci Pizze” – Marco Dolcinelli

Entrambi si fermarono e si guardarono negli occhi per trenta lunghissimi secondi.

«Cosa è successo ieri sera?» chiese Donny.

«Ricordo solo che siamo usciti. E che abbiamo bevuto. Abbiamo bevuto tanto» rispose Charlie afferrando una scatola di pizza.

Pagine: 280 (circa)

Formato: Ebook e Cartaceo

Genere: Romanzo contemporaneo, “per trentenni”, umoristico

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Categoria:

Descrizione

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Donnie e Charlie, trentenni italiani emigrati a Budapest, hanno bevuto troppo la sera precedente, e al risveglio si trovano a dover risolvere una serie di grattacapi.
Perché uno indossa i jeans dell’altro? Che ci fanno nel loro appartamento Judit, una loro collega in procinto di sposarsi, e un’emerita sconosciuta? Cos’hanno esattamente combinato la sera prima? E, soprattutto, chi diavolo è stato a ordinare dieci pizze?
Marco Dolcinelli, autore di “La vita è un tiro da tre punti”, con “Dieci Pizze” abbandona il campetto da basket per dipingere un quadro, ironico e pungente, della vita da trentenni in una capitale europea. I protagonisti, ancora in preda ai postumi della sbronza, si ritrovano infatti a sbrogliare le matasse della loro caotica esistenza, tra un ufficio al limite del surreale e relazioni d’amore e d’amicizia spesso difficili da mantenere.

Informazioni aggiuntive

Estratto

Capitolo 1 – Non sappiamo cosa sia successo

Il campanello di casa. Così, all’improvviso, spazzando via il meraviglioso silenzio che
regnava nell’appartamento.
Donny aprì gli occhi e la luce della plafoniera lo colpì a tradimento. Primi due stimoli sensoriali della giornata, e già due bestemmie.
Si alzò dal divano usando tutta la forza che aveva nelle braccia. Si
sentiva come se qualcuno l’avesse inchiodato ai cuscini.
Al quarto tentativo riuscì a mettersi in piedi, ma il campanello suonò di nuovo e lui cadde sul pavimento come un animale
morto. La caviglia aveva ceduto non appena aveva appoggiato il
piede per terra.
Si rotolò sul pavimento soffocando altri pensieri blasfemi e si
trascinò lentamente verso la porta. Si alzò aggrappandosi alla maniglia e aprì.
Il fattorino lo guardò male, sbuffò e scosse la testa.
«Pizza delivery» disse subito mostrando la borsa termica rossa.
«Oh, certo» rispose subito Donny. «Quanto ti devo?»
«Venticinquemila fiorini.»
«Come, scusa?»
«Avete ordinato dieci pizze.»
Donny aprì la bocca per protestare, ma l’unico segnale che arrivò
dal suo cervello fu una fitta tremenda che bloccò la sua espressione in una smorfia di dolore.
«Fammi prendere il portafogli.»
Il ragazzo si guardò in giro, ma gli sembrò tutto così bizzarro6
Marco Dolcinelli
e diverso dal solito, come se quella non fosse neanche casa sua.
Respirò a fondo e appoggiò le mani sui fianchi, esausto. Con il
mignolo venne a contatto con uno strano rigonfiamento nella
tasca sinistra. Alzò il braccio, e si rese conto che stava indossando
dei jeans molto stretti che di sicuro non erano suoi.
«Quello sembra il tuo portafogli» commentò il fattorino sempre
più spazientito.
«Non ne sarei così sicuro.»
«Certo, ma sono sempre venticinquemila fiorini.»
Donny tirò fuori il portafogli e pregò sottovoce che ci fossero
davvero dei soldi. Vide la patente di Charlie e pensò di essere
fregato ma, contro ogni previsione, trovò anche tre banconote da
diecimila fiorini.
«Scusa la domanda» disse mentre porgeva il denaro «ma per quale
pizzeria lavori?»
Al fattorino scappò da ridere e mostrò il primo sorriso di quella
conversazione.
«Non lo sai?» domandò.
«Perdonami, ma mi sono appena svegliato e fino adesso è stata
una mattina molto difficile» rispose Donny.
L’altro guardò l’orologio e fece una smorfia.
«Sono le tre del pomeriggio, in realtà.»
«Le tre del pomeriggio? Sicuro?»
«Sì, abbastanza sicuro. Ecco qua.»
Il fattorino tirò fuori dalla borsa dieci cartoni rossi, mise il resto e
un listino in cima alla pila e porse tutto a Donny. Il ragazzo prese
le pizze, salutò, chiuse la porta con il piede sano e andò ad appoggiare le scatole sul tavolo della cucina, rischiando di stramazzare
di nuovo per terra.
Afferrò una sedia, infine si sedette e rimase a fissare quella torre
ancora fumante.
«Ma come le tre del pomeriggio…» sussurrò massaggiandosi una
tempia.
Si tastò le tasche per vedere se avesse addosso un telefono. Uno
qualsiasi, anche quello di Charlie sarebbe andato bene. Notò il7
Dieci pizze
suo sul divano, ma l’idea di alzarsi e camminare gli fece venire
la nausea. O meglio, gli fece aumentare ancora di più quella che
aveva avuto sin dal primo momento in cui aveva aperto gli occhi.
Improvvisamente fu colto da un’epifania e capì perché casa sua gli
sembrava così diversa dal solito. L’epifania apparve sotto forma di
Charlie, mezzo nudo, con addosso solo un paio di boxer attillati
blu. Sbucò fuori da una stanza camminando come se avesse due
bambini attaccati alle gambe. Aveva i capelli sciolti sulle spalle,
gli occhi gonfi e la voce impastata.
«Che ci fai qua?» chiese subito.
«Che ci fai tu qua?» ribatté Donny.
Charlie spalancò gli occhi e raddrizzò la schiena.
«Un attimo» disse guardandosi intorno. «No, no, questa è casa
mia. Che ci fai tu qua?»
«Oh, cazzo» sussurrò Donny. «Questa è casa tua.»
«Hai ordinato delle pizze?»
«No, tu hai ordinato queste pizze.»
«Io non ho ordinato quelle pizze.»
«Beh, però le hai pagate.»
Charlie si avvicinò al tavolo e contò le scatole.
«Dieci pizze? Hai ordinato dieci pizze?» chiese quasi gridando.
«Per amore del cielo, non urlare» rispose Donny passandosi una
mano sulla fronte. «Non ho ordinato io le pizze.»
«Stai indossando i miei pantaloni?»
«Vorrei poter dire di no, ma temo di sì.»
Charlie si sedette, poi cadde in avanti sul tavolo come se gli avessero sparato.
«Mi viene da vomitare» disse.
«Anche a me. E l’odore di queste pizze non aiuta.»
«Portale via, ti prego.»
«No, guarda, faccio fatica a camminare. Ho la caviglia gonfia.»
«Che ti sei fatto?»
«Non lo so.»
Entrambi si fermarono e si guardarono negli occhi per trenta lunghissimi secondi.8
Marco Dolcinelli
«Cosa è successo ieri sera?» chiese Donny.
«Ricordo solo che siamo usciti. E che abbiamo bevuto. Abbiamo
bevuto tanto» rispose Charlie afferrando una scatola.
«Che hai intenzione di fare con quella pizza? Non ci provare,
razza di pervertito.»
«Senti, ho bisogno di assorbire e non ho voglia di cercare altro
cibo, ok?»
Un forte odore di cipolla invase la cucina. Donny si mise una
mano in bocca per reprimere un conato di vomito.
Charlie ebbe pietà di lui e andò ad appoggiare le pizze vicino al
frigorifero.
«Ok, cerchiamo di fare mente locale» suggerì Donny.
«Vuoi un po’ d’acqua?» chiese Charlie.
«Se per “un po’ d’acqua” intendi un secchio di acqua gelata in
testa, allora sì, volentieri.»
«No, intendo un bicchiere d’acqua tiepida dal lavandino.»
«Sempre meglio di niente.»
Charlie riempì una caraffa e la mise al centro del tavolo con due
tazze. Donny se ne versò una e bevve in silenzio fissando il vuoto.
«Ti ricordi se eravamo da soli ieri sera?» chiese l’altro massaggiandosi il collo.
Donny non mosse un muscolo facciale. Abbassò la tazza e scosse
la testa lentamente.
«Non che io ri…» iniziò a dire «no, un attimo. Abbiamo incontrato qualcuno, in effetti.»
«Una ragazza?»
Altro stand-by.
«Sì, mi sembra di sì.»
«Lo sospettavo.»
«Perché?»
«Perché è nel mio letto.»
A Donny per poco non andò l’acqua di traverso.
«Come?»
«Non so che dirti. Ho aperto gli occhi e ho trovato questa nel
mio letto.»9
Dieci pizze
«Ci hai…» iniziò a chiedere Donny senza completare una frase
che non aveva bisogno di essere completata.
Charlie alzò le spalle.
«È la stessa cosa che mi sono chiesto anche io.»
«Oh, Gesù.»
«Non è una mattina come le altre, va detto.»
«Non è una mattina come le altre perché non è una mattina.
Sono le tre del pomeriggio.»
«Davvero?»
«Controlla.»
Charlie si alzò e andò in camera. Tornò in cucina dopo qualche
minuto guardandosi in giro.
«Hai visto il mio telefono?» chiese.
«No. Hai chiesto alla tua amica?»
«No, sta ancora dormendo. Vabbè, prendo il tuo.»
«Ecco, bravo. Renditi utile. Passamelo.»
Charlie recuperò il cellulare di Donny dal divano, controllò lo
schermo e glielo porse.
«Cavolo, sono quasi le quattro» commentò. «Non ho messo la
formazione del fantacalcio» aggiunse scuotendo la testa dopo un
secondo di pausa.
Donny fece una smorfia.
«Oh, cazzo» commentò sottovoce.
«Lo so. Neanche io li sopporto gli anticipi il sabato pomeriggio.»
«Il mio “oh, cazzo” non era per il fantacalcio» replicò Donny.
«Avrei un commento anche per quello, in realtà, ma è un filo più
volgare.»
«Devo preoccuparmi?»
«Non lo so, dimmelo tu. Ho nove chiamate perse di Ludo.»
Charlie si passò le mani tra i capelli.
«Fanculo» urlò poi, arrabbiato.
«Stai calmo. Non sappiamo cosa sia successo.»
«Esatto, è questo il problema. Non sappiamo cosa sia successo,
ma lei evidentemente sì, altrimenti non ti avrebbe chiamato nove
volte la mattina in cui io mi sveglio con una sconosciuta nel letto.10
Marco Dolcinelli
Dove è finito il mio telefono?»
«Di nuovo, non è mattina, sono le tre del pomeriggio. E smettila
di urlare, santo dio!»
Si aprì una porta nel corridoio. I due ragazzi si voltarono e videro
uscire una ragazza dal bagno. Era mora e abbronzata. Indossava
solo una maglietta azzurra che le veniva larga e lasciava scoperte
un paio di gambe lunghe e toniche. Aveva il trucco sbavato e i
capelli neri spettinati. Al polso aveva quattro tubicini di plastica
luminosi.
Alzò un telefono sopra la testa, provò a dire qualcosa, ma venne
bloccata da un attacco di tosse. Dopo qualche secondo, si ricompose e ci riprovò.
«State cercando questo?» chiese in inglese. «È tutta la mattina che
suona.»
«Non è mattin…» attaccò Donny. «Vabbè, come volete.»
«Quando sei andata in bagno?» chiese Charlie aggrottando la
fronte.
La ragazza si grattò una guancia e si mise a pensare.
«In un lasso di tempo compreso tra ieri sera verso le undici e
stamattina presto, più o meno. Sono un po’ confusa in questo
momento.»
«Ma eri in camera mia tre minuti fa» replicò Charlie indicando la
stanza in fondo al corridoio.
«Cosa?» chiese la ragazza osservando la porta. «No, ma come ti
permetti?» aggiunse scandalizzata.
«Senti, eri nel mio letto stamattina.»
«Non so di cosa tu stia parlando.»
«Allora che ci fai in casa mia? Chi diavolo sei?»
«Perché non lo chiedi al tuo amico Franco?» rispose la ragazza
indicando Donny.
Questi rimase con l’ennesimo bicchiere d’acqua fermo a mezz’aria. Di colpo, strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca.
«Oh!» esclamò. «Io e te abbiamo…»
«Credo di sì.»
«Sul divano?»11
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«È probabile.»
«Voi due avete fatto cosa? Dove? Perché?» si intromise Charlie
alzando ancora di più il tono della voce.
«Ah, mi devi quindicimila fiorini» aggiunse la ragazza.
«Che cosa?» domandò Donny alzandosi di scatto, prima di tornare immediatamente seduto per colpa di una fitta alla caviglia.
«Beh, direi che al “perché” abbiamo risposto» commentò Charlie.
«No, un attimo. Qua c’è qualcosa che non torna.»
«Sì, esatto. Se tu non sei la ragazza che ha dormito con me, chi
c’è in camera mia?»
Prima che qualcuno potesse dire qualcosa, una voce femminile si
levò da dietro la porta in fondo al corridoio.
«Una che vorrebbe capire che cosa avete tutti da urlare di prima
mattina.»
Sia Donny che Charlie si bloccarono, pietrificati. Il primo si alzò
lentamente dalla sedia e si avvicinò all’altro zoppicando.
«No, non può essere. Non puoi aver fatto una cosa del genere.»
Judit uscì dalla stanza con addosso solo mutande e reggiseno. I
capelli rossi le coprivano la scollatura. La pelle era chiara, le forme generose.
«Ok, mi sto rendendo conto solo ora che sono mezza nuda e sto
uscendo dalla stanza di Charlie» commentò.
«Ti prego» disse il padrone di casa. «Dimmi che non siamo andati
a letto assieme.»
«Vorrei poterlo dire.»
«Ma?»
«Ma non me lo ricordo. Quanto abbiamo bevuto ieri?»

Recensioni

  1. Marco Frullanti

    Un racconto satirico, sì, ma che è ricco di significati e che ci apre gli occhi sulla realtà di molti italiani che vivono e lavorano all’estero.
    Ad esempio: la vita è come la pizza; ognuno ordina la sua preferita ma ogni tanto bisognerebbe anche assaggiare quella degli altri. Recensione su “Les Fleurs du Mal”

  2. Marco “Frullo” Frullanti

    In Charlie, Donny, Judit, Sharon, ma anche in Marton e Ludo, ritroviamo quelle paure e quella forza che caratterizzano tutta una generazione in bilico. E lo fa con l’ironia delle battute, con l’eccentricità della situazione, con il loro essere un po’ fuori dai canoni, ma dopotutto, così attuali.”

    Urca, super-recenza di Annalisa su, perlappunto, “Le recensioni della libraia”!

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