“Più libri più Liberi” è la più importante fiera italiana dedicata alla “piccola e media editoria”, o agli “editori indipendenti”, se preferite, che si tiene a inizio Dicembre in quel del Palazzo dei Congressi all’Eur. Come “newbie” dell’ambito editoriale, potevamo fare a meno di farci almeno un salto?

Beh, no, non potevamo, così abbiamo fatto armi e bagagli e siamo andati a Roma. Circa 370 espositori, 54mila partecipanti nell’arco dei quattro giorni, decine e decine di conferenze e workshop…insomma, “numeri che fanno girare la testa“, direbbe l’Ingegner Cane.

piu-libri-piu-liberi-2013-500--5- Ciò che grossomodo vuole esprimere questa kermesse è il potere dei “piccoli” quando uniscono le forze, la vivacità di un settore fatto di tante nicchie, la voce dei giovani che si esprime fuori dai soliti canali; insomma, si tratta di tanti piccoli editori che si fanno un mazzo così invece di lamentarsi della crisi, ed è senz’altro un fatto positivo. Sia dal punto di vista della ricchezza dell’offerta che dell’impatto mediatico, si tratta senz’altro di una gran bella  opportunità per gli addetti ai lavori ma anche per i semplici “curiosi”.

Dati i giusti “onori al merito”, la nostra presenza non istituzionale all’interno della fiera ci ha permesso di indagarne anche i lati migliorabili e qualche ombra, inevitabile per un microcosmo come quello dell’editoria che in Italia ha sempre avuto qualche problemuccio e che, non neghiamolo, sente da vicino i contraccolpi della crisi. Da qui il voto che daremmo noi alla fiera: non il 6.5 della sufficienza stiracchiata, ma il 7- che si dà appunto allo scolaro che porta a casa discreti risultati, ma che potrebbe fare un po’ di meglio, ne siamo convinti. Ecco quindi un paio di considerazioni, o critiche, chiamatele come vi pare:

  • Magari siamo noi ad essere paranoici, ma l’impressione che si ricava dai workshop e dall’atmosfera generale è quella di un’editoria indipendente che ha paura degli ebook, che crede o fa finta di poterne fare a meno, che fa di tutto per nasconderli, come la polvere sotto al tappeto o lo zio eccentrico ai matrimoni. Ci piacerebbe sentire spendere qualche parola in più sul digitale, fossero anche degli insulti, e magari vedere qualche stand di editori 100% digitali, fosse anche solo per provocazione.
  • I comunicati stampa parlano di “grande partecipazione dei giovani”. Sarà, ma spesso ai workshop a cui abbiamo partecipato ci sembrava di essere gli unici sotto i 30, o quasi. Certo, parecchi standisti erano ragazzi, ma quanti di loro hanno davvero un ruolo di responsabilità nella casa editrice, per piccola che sia? Per quanto riguarda il pubblico, a parte gli scolari in gita, alcuni interessati ma altri visibilmente contriti, di giovani ce n’erano, ma sembravano quasi tutti hipster. Insomma, il rischio del “giovanilismo a parole” un po’ c’è.
  • Avere un sacco di stand da visitare e un sacco di proposte che normalmente non troveresti è senz’altro una figata, ciò non toglie che spesso gli stand sembravano “buttati lì”, non c’è una vera e propria sezione per l’editoria giovanile, né per i fumetti. Inoltre, come abbiamo discusso nella nostra pagina facebook, la presenza di parecchi editori a pagamento, in stand molto grandi e proprio davanti all’entrata, il naso lo fa un po’ storcere.
  • I “panini” del bar fanno talmente schifo che probabilmente violano la Convenzione di Ginevra
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La mia faccia dopo aver addentato un “hamburger” semi-congelato

Detto questo, l’anno prossimo pensiamo proprio di tornare a “Più libri più liberi”, ma i panini stavolta ce li portiamo da casa.

Marco “Frullo Frullanti