Questo articolo vorrebbe essere l’inizio di un discorso che vorrei portare per tutto il 2017, parallelamente a un progetto su cui stiamo lavorando, e che culminerà con… beh, ve lo rivelerò alla fine dell’articolo, per spiegarvi le nostre motivazioni… e per creare suspance, ovviamente!
Partiamo dal presente: l’ebook. Ormai sono passati già alcuni anni dalla “rivoluzione” del Kindle e quasi tutti hanno letto uno di questi fantomatici libri digitali, o almeno sanno più o meno di che cosa si tratti, anche se molti usano ancora il termine come sinonimo di lettore di ebook, ma ormai ce ne siamo fatti una ragione. Dopo le polemiche degli esordi, anche le esagerazione da parte di fan (“L’ebook sostituirà completamente il libro! Cartaceo, sei obsoleto! MUAHAHAHAHAH!”) e detrattori (“Il digitale è freddo, #ilprofumodellacarta, non c’è nessuno che pensi ai bambini?”) si stanno gradualmente affievolendo. Piaccia o non piaccia, ebook is here to stay, e al contrario dei titoli sensazionalistici, soprattutto della stampa italiana, che sbandierano dati parziali e interpretazioni posticce per brindare alla sconfitta del malvagio libro digitale, un’analisi un po’ più obiettiva dimostra che il mercato degli ebook continua a crescere, senza per questo voler rimpiazzare il cartaceo. E fin qui tutto bene per chi come noi si è sempre schierato dalla parte del digitale senza per questo voler bruciare i volumi o far fallire le librerie. A questo punto, come in ogni buona storia, arriva un però: se l’ebook si è conquistato a fatica un suo posto nel mercato del libro, non è molto chiaro che cosa ci attende tra 2, 5 o 10 anni. Anzi, non è per niente chiaro!
L’ebook, come lo intendiamo oggi, è già una gran cosa: economico, pratico, facile da acquistare e da leggere. Tuttavia, non è un mistero che molti lettori continuino a preferire il cartaceo per tutta una serie di motivi, come confermato anche da un sondaggio sulla nostra pagina Facebook, che non è proprio un bastione degli sniffatori di cellulosa ultra-conservatori. Lo confermano gli stessi dati di vendita: dopo il boom dei primi anni del Kindle, i margini di crescita dei libri digitali ci sono ancora, ma è evidente che ci troviamo di fronte a uno scalino, come spiega Gino Roncaglia: l’ebook non sfonda perché si limita a replicare, a volte un po’ goffamente, un formato già esistente da secoli, senza offrire davvero nessuna killer application. L’editoria ha senz’altro rappresentato una svolta sensazionale per piccoli editori e scrittori indipendenti, ma non è stato così d’impatto verso chi in realtà tiene in piedi la baracca, cioè i lettori.
I produttori di e-reader sembrano ben contenti dello status quo, come del resto anche gli editori, ma visto che da anni gli studi di settore denunciano un costante e apparentemente inevitabile calo del numero dei lettori, non ci sembra che la filosofia del finché la barca va sia premiante. In fondo i motivi sono comprensibili: è ormai evidente che l’editoria digitale, per abbandonare la comfort zone (che non è poi così confortevole) che ha faticosamente conquistato e per superare questo famoso scalino, deve compiere un passo molto pericoloso: superare la stessa concezione di romanzo. E ci rendiamo conto che questo faccia paura ai grandi editori, figuriamoci quindi ai piccoli: pensare fuori dagli schemi che hanno funzionato fino agli ultimi anni sembra pura follia. Ma se questi schemi non sembrano più funzionare così bene… forse è davvero il caso di rimanere folli… e guarda un po’ te, mi tocca persino citare Steve Jobs!
E fin qui, qualcuno potrà dire che abbiamo inventato l’acqua calda. Di ebook che sfruttano elementi interattivi e multimediali per andare oltre al romanzo già ne sono stati pubblicati parecchi negli ultimi anni, ed è da un bel pezzo che si sente parlare del famigerato Epub3 senza che questo formato abbia veramente preso piede. Quindi ai lettori non frega niente degli enhanced book, o libri aumentati? In realtà non lo sappiamo ancora: le cause sono la mancanza di un canale distributivo decente per questi contenuti (dal momento che quelli di Amazon sembrano ben contenti dei ricavi del Kindle Store mentre Apple e Google restano a guardare) e lo scarso potere contrattuale ed economico dei grandi gruppi editoriali, che è in realtà paragonabile al valore di un due di bastoni quando briscola è denari. Così ci si blocca nel più classico dei circoli viziosi: i nomi grossi dell’economia digitale non fanno granché perché si accontentano della loro fetta, più o meno grande, in quanto preferiscono torte più appetitose, ai loro occhi, di quella dell’editoria; i gruppi editoriali non sono motivati verso una spinta disruptive perché rischierebbero di mettere in crisi un modello di business ormai consolidato senza garanzie di successo; quelli che potrebbero fare vera innovazione, gli editori 100% digitali, non sono stimolati a fare nuovi esperimenti se quelli precedenti non hanno avuto successo; le startup preferiscono investire in settori più lucrativi e stimolanti di quello editoriale, e così il cerchio si chiude.
In estrema sintesi, il rischio per l’editoria è di rimanere ferma in un mondo che continua ad andare per la sua strada, verso realtà virtuale, realtà aumentata e chissà che altro, e in un contesto del genere non è che ci sia da stupirsi se i giovani leggono sempre meno libri… Dire che ai ragazzi di oggi il solo testo non basta più, che hanno bisogno di animazioni e colonne sonore per sentirsi emotivamente coinvolti, è un affermazione senz’altro azzardata e credo poco veritiera, in fondo. Perché, pensiamoci, tutti noi abbiamo bisogno di essere immersi in mondi paralleli per sfuggire temporaneamente alla monotonia quotidiana, tutti noi abbiamo bisogno di… beh, storie. Forse, con il repentino sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, sta cambiando però il modo in cui siamo abituate a fruirle.
E a questo punto, arriva la nostra intuizione: in fondo, non ha senso voler partire dal romanzo per arrivare a nuovi tipi di contenuto: al massimo si arriverà a un romanzo 2.0 che in fondo non soddisferà né gli apocalittici né gli integrati, per citare Eco. La soluzione forse è più banale del previsto: non bisogna partire dal romanzo e farlo diventare qualcos’altro. Ma partire da qualcos’altro, ad esempio dai videogiochi, e farli diventare simili a un romanzo.
E sapete qual è il bello? Che queste forme ibride di testo multimediale e interattivo esistono in realtà da anni, e hanno un mercato già consolidato e in forte crescita, solo che, facendo parte di un universo culturale diverso da quello frequentato dagli editori, nessuno se n’è mai accorto! Di cosa sto parlando? Delle Visual Novel! Che cosa sono, e in che modo possono fungere da collegamento tra editoria digitale e nuovi mercati? Beh, mi servirà un altro articolo per spiegarvelo… questo!
E se vuoi un esempio… Scopri “The Deadline”, la Visual Novel dove lo scrittore… sei tu!
Scrivi un commento