Quando si parla di Visual Novel, uno dei nomi che salta fuori più di frequente è “Clannad”. Pubblicata originariamente in Giappone nel 2004, dopo aver ispirato una serie animata di grande successo e aver raggiunto una discreta popolarità in occidente anche grazie a una traduzione amatoriale, è arrivata ufficialmente sui nostri PC solo nel 2016, dopo aver raccolto oltre 500.000$ su Kickstarter, con un buon successo di vendite su Steam a 12 anni dalla prima pubblicazione, nonostante il prezzo pieno e la grafica ormai non più al passo con il tempo e anticipando il primo vero boom commerciale del genere fuori dal Sol Levante. La domanda sorge spontanea: perché Clannad è così amato? E la seconda è: vale la pena di sborsare 50 carte (ma anche anche meno della metà quando è in offerta) per una Visual Novel così datata?

In rete si possono leggere pareri di tutti i generi su Clannad, spesso contradditori, ma tutti sembrano d’accordo su tre punti:

  • È luuuuungo
  • È impossibile da completare senza mettersi a piangere
  • È un’esperienza emotivamente intensa, in grado di cambiare la nostra vita.

“Però!” mi sono detto “Chissà quale razza di ambientazione drammatica avrà?”

E invece, il primo impatto con Clannad è spiazzante. Siete chiamati a impersonare Tomoya Okazaki, un bullo al terzo anno di liceo che passa le giornate a cazzeggiare e a esibirsi in una serie di gag e commenti cinici col proprio socio Sunohara. La narrazione si svolge quasi interamente nelle ore scolastiche e, a seconda delle varie scelte che siete chiamati a prendere, la storia può prendere pieghe anche molto differenti: nella maggior parte dei casi si finirà per focalizzarsi su una delle compagne di scuola, prendendo gradualmente la direzione delle classiche dating sim (ma senza scene osè, badate), ma alcune route (i percorsi narrativi innescati dalle vostre scelte di dialogo) hanno una natura ben più “platonica”, o in certi casi platealmente delirante.

Sunohara, insieme ad Akio, ruba spesso e volentieri la scena.

Generalmente, bastano alcune ore di lettura per rendersi conto che Clannad usa (e, spesso e volentieri, abusa) il più classico degli stratagemmi per coinvolgerci nella narrazione: prima ci fa in qualche modo immedesimare con il protagonista, un brontolone che gioca a fare il ribelle ma non riesce davvero a nascondere la propria indole benigna, e gli altri personaggi dell’apparentemente spensierato microcosmo scolastico, attraverso una serie di scene tra il comico e il romantico, nella più classica tradizione dello slice of life. Poi, quando siamo ormai immersi nella routine di Tomoya e della sua  conquista femminile di turno, ci colpisce con una mazzata emotiva di quelle toste. Problemi in famiglia, malattie, passato drammatico, gelosie… tutto fa brodo purché dia una bella sterzata alla tensione emotiva, trascinando il lettore in un crescendo progressivo verso il più classico dei finali catartici. Una formula collaudata insomma, tipica non solo di tante altre Visual Novel ma anche di migliaia di romanzi, film o quello che volete… oggi la chiamano dramedy e non c’è niente da dire, farci ridere per poi farci piangere è un trucco che funziona sempre.

E fin qui, uno dice: sì, ma questo basta rendere Clannad il fenomeno  di culto che è? Evidentemente no: sarebbe una buona storia, sì, ma come tante altre. Rispetto a tutte le altre decine di commedie romantiche ambientate al liceo, Clannad è unica e inconfondibile per due motivi:

  • La coesione: come ho già scritto, Clannad è noto per la sua mastodontica lunghezza: con oltre un milione di parole in tutto, se fosse un libro sarebbe lungo più di due volte il Signore degli Anelli e più di tutta la saga di Harry Potter! A onor del vero, non sempre la qualità della scrittura è ad alti livelli, e alcune scene un po’ troppo “mondane” sembrano inserite con il solo scopo di allungare il brodo. Ma in tutte le sue fitte diramazioni (le “route” vere e proprie, il cui completamento è necessario per accedere alle sezione conclusive, sono otto, ma grazie alle numerose scelte di dialogo che possiamo intraprendere, la “ramificazione” di sottotrame opzionali è fittissima ed è divertente lasciarsi prendere dalla storia e vedere dove ci porta), Clannad mantiene sempre una coesione nella caratterizzazione dei personaggi e nelle tematiche di fondo, cosa che spesso non succede in Visual Novel anche molto meno lunghe e ambiziose, come nel caso di Everlasting Summer. Come lo stesso titolo suggerisce, tutte le storie raccontate raccontano di legami famigliari, soprattutto nel rapporto con i genitori o con i fratelli; man mano che conosce nuove persone e intrattiene nuove relazioni sentimentali o di amicizia, sembra che il protagonista Tomoya, la cui situazione famigliare è a dir poco disastrosa, passi gradualmente da un atteggiamento ribelle tipicamente adolescenziale a una visione adulta della vita. E arriviamo quindi  al secondo punto;

Nagisa potrà sembrare irritante all’inizio, ma riuscirà a conquistarvi!

  • L’After Story: completando il lungo cammino tra i vari percorsi in cui si ramifica la parte “centrale” di Clannad, con tanti personaggi e sottotrame ma sempre all’interno del contesto “scolastico”, il lettore è premiato con l’accesso  alla seconda parte della storia, in cui Tomoya non è più a scuola ma si trova a che fare con le gioie e i dolori  della vita da adulto. Raccontare questa parte evitando spoiler pesantissimi è davvero difficile, dico solo una cosa: la formula “immergiamo il lettore nella storia, facciamolo  acquisire familiarità con i personaggi… e poi, quando meno se l’aspetta, facciamolo soffrire con un dramma di proporzioni epiche” qui è portata alle estreme conseguenze. La parte conclusiva dell’After Story è quella a cui si riferiscono i vari “è impossibile leggere Clannad senza commuoversi”, ma anche i “Clannad non si limita a raccontarci una bella storia, ma vuole cambiare la nostra vita”.

Preparatevi insomma a un ottovolante di emozioni, degna conclusione di un viaggio lungo (le 300 ore di cui si legge in un alcuni articoli sono un’esagerazione, ma 40-50 se le porta via tutte) e a volte apparentemente senza meta. Clannad chiede indubitalmente molto al giocatore/lettore, e ha i suoi bei limiti: alcuni personaggi un po’ troppo stereotipati, gli sfondi dalla grafica un po’ anni ’90, le illustrazioni dallo stile moe con gli occhi che occupano mezzo volto, la qualità della scrittura un po’ altalenante e a volte fin troppo sopra le righe, per dirne alcune. Ma i punti di forza (oltre ai due più grandi già citati, da evidenziare anche la caratterizzazione eccellente di alcuni personaggi e la colonna sonora travolgente) sono tali da fare chiudere un occhio sui suoi difetti (quando il pathos drammatico della storia non mi sta facendo frignare in modo imbarazzante): se praticamente da solo ha reso popolari le Visual Novel senza contenuti erotici  e dall’alto “coefficiente emotivo”, ci sarà pure qualche ragione, no?

Ultima nota: se hai già visto l’anime di Clannad, mi chiederai “Azz, 50 ore di storia che bene o male conosco già, ne vale la pena?”
Premettendo che la serie animata di Clannad è ottimamente realizzata e fedele alla trama originale, cosa non banale; considerata la vastità della storia da cui è tratto e dalla fittissima diramazione di dialoghi, qualcosa si perde per forza. Nonostante la caratterizzazione coerente dei personaggi, Clannad è una delle poche Visual Novel che trasmette veramente un senso (ovviamente effimero) di libertà nel condizionare le sorti del povero protagonista in base alle nostre azioni. Ma in fin dei conti, che vado blaterando? Se ti è piaciuto l’anime, tranquillo che ti piacerà anche la VN. In caso contrario… mi spieghi per quale motivo saresti arrivato in fondo a questo articolo?!