Scrivere un romanzo è… abbastanza facile, in fondo basta avere tempo e determinazione. D’altronde, scrivere un BUON romanzo… beh, è un altro paio di maniche: serve un sacco di esperienza, oppure un mix di esperienza e messa in pratica delle giuste teorie. Questo è il banalissimo concetto dietro il primo articolo di quello che vorrebbe essere un ciclo di “tips and tricks” (tipo quelli che trovavate nelle riviste di videogiochi, se siete vecchi abbastanza da aver sentito la necessità di comprare una rivista di videogiochi) leggeri e svagati su come scrivere un buon romanzo. Un po’ naif, eh? Oh, sono fatto così, che ci volete fare!

Oggi parliamo di un aspetto fondamentale della narrativa, e purtroppo spesso sottovalutato dagli scrittori alle prime armi: l’arco di trasformazione dei personaggi. Pensate ai vostri romanzi preferiti: scommetto che tra il protagonista che conoscete all’inizio, e quello che salutate con il magone alla fine, c’è una bella differenza; che non deve essere necessariamente “in positivo” (tra poco vedremo un esempio che illustra esattamente il contrario). È certamente una questione di caratterizzazione del personaggio, che non deve essere né stereotipato né banale, ma anche di trama: si suppone che vogliate raccontare qualcosa di memorabile, no? E se quello che il protagonista combina – o in cui si trova suo malgrado coinvolto – non lo cambia neanche un po’, dubito che potrà avere un impatto nella testa o nel cuore del vostro lettore…

A questo punto potrei buttarla sulla teoria e citare Propp, Greimas o Calvino. Ma avevo detto che questi articoli dovevano esseri “leggeri” e “svagati”… quindi ho scelto di trarre spunto da “Star Wars” per parlarvi dell’arco di trasformazione del personaggio. Questo per due motivi: per quanto tutti noi (beh, credo…) amiamo leggere, l’impatto nell’immaginario collettivo di un film è più opportuno per i nostri intenti. E poi perché, come dice Marshall a Ted in “How I met your mother”, “gli unici che non hanno mai visto Star Wars sono gli attori che hanno recitato in Star Wars. Perché loro hanno vissuto Star Wars!”

Va da sé che questo articolo è pieno zeppo di spoiler, ma fin qui ci potevate arrivare, vero? E i video sono in inglese perché, beh, sono quelli che ho trovato.

Svoltare un arco narrativo

Dal momento che i tempi ristretti di narrazione richiedono a Luke Skywalker di trasformarsi da contadinotto a eroe in un solo film (va bene, Luke diventa propriamente uno Jedi solo in “L’Impero colpisce ancora”, ma ragazzi, già in “Una nuova speranza” non vince mica un trofeo dell’oratorio, ma distrugge la Morte Nera!), e come è noto George Lucas non è mai stato un fenomeno nella scrittura dei dialoghi, qui ci deve pensare John Williams con le sue musiche. Certo, penso che “The Force” e il magheggio dei due soli che corrispondono a due strade nella vita renderebbe la scena epica anche se Mark Hamill si grattasse il fondoschiena masticando una cingomma, ma pure lui dà il suo bel contributo, e gli bastano due inquadrature per farlo. Nella prima è ancora il Luke Skywalker che sogna di andarsene dalla fattoria degli zii. Nella seconda, è già il Luke Skywalker che salva la galassia dall’Impero; alla faccia dell’arco di trasformazione!

Costruire il legame tra due personaggi

La serie “The Mandalorian” è tutta incentrata, come il titolo può suggerire anche ai meno arguti, sul personaggi del “Mando”. Che già dall’inizio è un osso durissimo nei combattimenti, per via della sua identità di guerriero mandaloriano; nonostante ciò, si comporta più o meno come un ragazzino. Solo verso la fine della seconda stagione, dopo che gli capitano di cotte e di crude, è invece un uomo stagionato (e infatti solo allora vediamo l’uomo dietro la maschera, cioè il bravissimo Pedro Pascal). Ma la sua crescita personale si può anche vedere in stretta correlazione al suo legame affettivo con Baby Yoda. All’inizio, del resto, si comporta con lui come un baby-sitter sedicenne che non vede l’ora di poterlo smollare ai genitori per spendersi il guadagno della serata in birre, e fa il minimo indispensabile per tenerlo in vita; dopo tante disavventure, però, il legame tra i due diventa molto simile a quello tra un padre e un figlio. E ce credo, Grog… ehm, Baby Yoda è così puccioso…

Svolta dell’arco di due personaggi in una sola scena

Si può dire che il legame tra Anakin e Obi Wan sia il filo conduttore della trilogia prequel di Star Wars. E infatti, se la vera trasformazione in Darth Vader avviene quando quello che resta di Anakin indossa l’armatura nera e, soprattutto, la maschera, ci sono pochi dubbi su quale sia il vero momento clou della trasformazione da Jedi a Sith: non tanto il combattimento contro quello che fino a poco fa era il suo maestro, quanto la separazione definitiva tra i due. E infatti il “You were my brother, Anakin! I loved you!” fa molto, ma molto più male dell’“I hate you!”. Tra l’altro, anche se l’attenzione del fan tipo di Star Wars andrà per forza di cose sullo “sconfitto”, c’è da ricordarsi che in questa scena Obi Wan Kenobi smette di essere un appassionato e spesso impulsivo maestro Jedi, per diventare quel vecchietto nostalgico che conoscevamo nell’episodio IV (se non siamo dei barbari che guardano SW in un qualsiasi altro ordine che sia quello della data di pubblicazione, ovviamente…)

Chiudere un arco di trasformazione del personaggio

Di scene “di morte” se ne possono citare centinaia di memorabili. Questa è particolare, perché con la morte di Darth Vader coincide il ritorno di Anakin Skywalker (e anche la prima volta che lo vediamo apparire, almeno se – vedi sopra – non siamo dei barbari blasfemi…), dato che solo ora si è liberato dalla maschera di Darth Vader, e non credo ci sia bisogno di evidenziarne la simbologia…

 

Bene, sperando che Youtube non abbia cancellato i video che ho incorporato, o non si sia guastato qualcosa nel codice, a questo punto mi aspetto sicuramente che vi sia venuta voglia di farvi una maratona di Star Wars. O, forse, avrete capito qualcosa di più su come scrivere un romanzo, e sull’arco di trasformazione dei personaggi in particolare. Sì, non ho spiegato nulla di concreto alla fine, ma è il bello di questi articoli: lasciare che gli altri parlino per voi, e invece di inculcare concetti, lasciare che l’aspirante di scrittori prenda gli spunti che vuole, qualunque essi siano. Spero solo siano buoni!

Questo tra l’altro è il momento in cui vi ricordo che, oltre a fare l’editore e a pubblicare nerdate di dubbio gusto un blog che dovrebbe essere “letterario”, mi occupo anche di consulenze editoriali; se avete già scritto un romanzo che pensate possa avere problemi in termine di archi di trasformazione dei personaggi, potete dare un’occhiata ai nostri servizi editoriali. Che la forza sia con… ma nooo, vi pare che posso davvero chiudere così l’articolo?!