PANE E POESIA chiese l’antico scrittore, ma il mondo gli concesse soltanto una vanga e lui prese a scavare senza trovar nulla che valesse la pena di esser cercato”: questo l’incipit del primo capitolo diMoriremo tutti a Porchiano di Federico Taddei, che ne rivela da subito l’anima esistenzialista. Siamo nella bassa Umbria di fine anni Novanta, raccontata in tanti brevi capitoli, tutti aperti da titoli ad effetto che catturano subito l’attenzione del lettore, invogliandolo a proseguire nella lettura.

Il testo è scritto in prima persona e narra la vita e le vicende del protagonista, circoscritte nel paese di Porchiano. Vengono raccontati episodi legati alla sua infanzia; nomina spesso sua nonna e di quando quest’ultima lo intratteneva raccontando storie legate alla sua gioventù, rivelando la forte connessione con le tradizioni del passato, tipica della vita di paese.

Man mano che le storie si alternano, l’autore tiene stretta a sé l’attenzione del lettore, grazie anche al ritmo cadenzato: una calamita dal quale è difficile, se non impossibile, staccarsi. Le tematiche trattate sono numerose, ma tutte abilmente connesse tra loro all’interno del libro. Il numero dei personaggi nominati è considerevole, e nei primi capitoli può talvolta verificarsi una certa confusione per il lettore. Tuttavia, man mano che la storia si sviluppa, la caratterizzazione dei personaggi, spesso ricorrenti nel corso della narrazione, diviene più chiara e dettagliata.

L’immersione nel testo è facilitata anche dalla ricorrenza di un tema in particolare, che riappare in ogni capitolo: la morte, già citata nel titolo. La dipartita dell’agnellino, della vecchia, di Zompamacchiozzo, della stessa nonna. Il testo è un susseguirsi di storie, come quella raccontata da un ragazzo al protagonista: in una cascina, un papà e una mamma erano felici per la nascita del proprio bambino; lui lavorava in città, alla fabbrica d’acciaio, il bimbo aveva pochi mesi e la mamma rimaneva sola tutto il dì. Possedevano un orticello, alberi da frutto, una capretta e un canarino che non cantava mai. La capretta morì, seguita dall’uccellino; e, infine, anche il bambino: il corpicino giaceva ritorto nella culla, non respirava, il pancino era pieno di bozzi e una molletta da bucato stringeva il nasino.

Si può insomma dire che, oltre ai temi, a fare da collante tra le varie storie raccontate in Moriremo tutti a Porchiano ci sia anche quell’atmosfera cupa e macabra tipica di certi paesi un po’ isolati e segnati dal tempo, quelli che al contempo trasmettono inquietudine e fascino antico, quasi mistico: è così che viene da immaginarsi Porchiano leggendo queste storie.

A sostenere il ritmo narrativo incalzante vi è l’uso di descrizioni dettagliate ma concise, focalizzate sull’essenziale. Il linguaggio dell’autore è concreto e fluido, agevolando la lettura.

In conclusione, grazie alla struttura del libro, con capitoletti brevi ma intensi, alla ricorrenza di tematiche macabre e alle atmosfere fosche, il lettore che si approccerà al testo ne risulterà stregato, concludendo la lettura in men che non si dica. Chi è affascinato da questo tipo di vibes, e magari trova più interessante una narrazione ambientata in bassa Umbria rispetto al Wisconsin, con Moriremo tutti a Porchiano troverà insomma pane per i suoi denti. Non nuoce inoltre sottolineare che il testo è disponibile su Amazon a prezzi decisamente accessibili (1€ l’ebook, 4€ il cartaceo).