Anche se alcuni autori non lo ammettono, la narrativa ha spesso un debito enorme con… la vita reale. Nel senso che si può scegliere un’ambientazione fuori dal coro, raccontare vicende che non hanno apparentemente niente a che fare con noi, sforzarsi di non ispirarsi a persone che conosciamo quando caratterizziamo i personaggi… ma il rapporto tra la finzione e il vissuto di chi scrive è inevitabile.
Anche per questo motivo, mi incuriosiscono i romanzi che, pur non essendo biografie “proprie”, non nascondono di prendere spunto da fatti realmente accaduti e persone realmente vissute, magari sfruttando elementi metanarrativi per creare un ponte tra finzione e realtà. Ed è esattamente questo che fa Madrisorelle, la cui peculiarità è la sua genesi a “quattro mani”; come si intuisce già dall’introduzione, le memorie di Mirella Milli sono state rielaborate in un vero e proprio romanzo dalla figlia Raffaella Radice.

Si potrebbe così pensare che si tratti di qualcosa a metà strada tra la biografia e l’autobiografia, e in parte è in effetti così. Ma Madrisorelle, a differenza di altri testi simili che peccano di troppa autoreferenzialità, è appassionante come la migliore narrativa. E allora, dato che questo blog parla anche di scrittura, viene da chiedersi: in che modo? Ebbene, facendo leva su due aspetti: da un lato un filo conduttore evidente, rafforzato costantemente nel corso della narrazione, dall’altro dei personaggi affascinanti, ben presentati, memorabili nelle loro imperfezioni e nella loro umanità, soprattutto quelli femminili. Del resto, si tratta di due aspetti fortemente intrecciati, dato che il filo conduttore è proprio il succedersi di quattro generazioni di donne, ognuna delle quali eredita dalla precedente qualcosa, ovviamente, ma che al contempo si dimostra “figlia della sua epoca” e pertanto fa un deciso passo avanti in termini di emancipazione rispetto alla generazione precedente.

E quindi Mirna, Elisanna, Flora e Diletta rappresentano il cambiamento della figura femminile nel Novecento italiano fino ai giorni d’oggi: dalla moglie possessiva ma sottomessa al marito, alla ragazza libera di scegliere i propri affetti e la propria vita. Di queste quattro donne, però, non c’è dubbio su quale sia incentrata la narrazione: Elisanna, di cui scopriremo i ricordi drammatici della seconda guerra mondiale quando era bambina, la gioventù in un paese del Casentino tra i boschi toscani, il trasferimento in Lombardia, la carriera da sarta e la sua grande storia d’amore con il musicista Dario.

Madrisorelle mantiene quindi una duplice identità: quella di raccontare la storia di una vita, sfruttando le sue “radici biografiche” per rafforzare il messaggio che vuole veicolare, e quella di raccontare l’evoluzione del ruolo della donna nell’arco di quasi un secolo. Non è un equilibrio sempre facile da mantenere, e forse si sarebbe potuta approfondire di più la parte conclusiva del romanzo, ossia i tempi della maturità e terza età di Elisanna. Ma concentrarsi sulla gioventù e sui primi anni da adulti dei personaggi femminili è probabilmente voluto dalle autrici, rafforzando l’idea che tra queste Madrisorelle ci sia un passaggio di consegne non solo generazionale, ma anche di affetti e visione del mondo, che sarà evidente a tutti quelli che leggeranno il libro.

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