Come appassionato di libri e videogiochi, guardo sempre con entusiasmo ai casi in cui i due mondi si fondono, con libri che parlano di videogiochi oppure videogiochi che sembrano quasi dei libri. Non potevo quindi ignorare “Life is Strange” di Dontnod (prodotto da Square-Enix), pubblicato in cinque episodi nel corso del 2015. La definizione di “videogioco” inizia ad andare un po’ stretta per titoli come questo: non una vera e propria visual novel, visto che le sezioni “interattive” con controllo in prima persona del personaggio sono numerose, è stato comunque definito ironicamente “walking simulator” per la preponderanza della trama sulle parti prettamente “ludiche”.
Insomma, perché parlare di “Life is Strange” in un blog dedicato alla letteratura? Perché trovo ho trovato davvero interessante la storia che racconta, e il modo in cui viene raccontata. Stiamo parlando di Arcadia Bay, tranquilla cittadina portuale nell’Oregon, dove ha sede la Blackwell Academy, liceo rinomato per i corsi di fotografia tenuti dal talentuoso Mark Jefferson. Ed è anche la città natale di Max, diciottenne un po’ insicura e appassionata di arte, che ritorna qui per approfondire i suoi studi di fotografia… e per riscoprire il suo passato: qui abita ancora la sua amica di infanzia Chloe, con i quali ha tagliato i ponti da tempo. Peccato che Max ritrovi la sua amica… nel momento in cui viene assassinata nei bagni della scuola. Ma niente paura: Max scopre di avere il potere di riportare indietro il tempo, per potere rimediare ai suoi errori e influenzare il presente, salvando così Chloe. Peccato che le distorsioni temporali innescate dalla ragazza sembrano portare Arcadia Bay alla distruzione da parte di un tornado…
L’ambientazione liceale e il tema dei viaggi nel tempo sembrano rievocare “Ritorno al Futuro”, ma non aspettatevi avventure sgangherate in compagnia di scienziati un po’ geniali e un po’ pazzi: Arcadia Bay non è certo Hill Valley, i suoi abitanti sembrano tutti vittime di depressione o psicosi e la sparizione di Rachel, la nuova migliore amica di Chloe, proietta un’ombra inquietante su tutta la storia che siamo destinati a… giocare.
Il tema chiave di “Life is Strange” è la nostalgia dell’infanzia, con un passato idilliaco e perduto che contrasta brutalmente con le ansie e le angosce del presente di Max e Chloe. Ma in un mondo apparentemente ostile, sarà proprio la ritrovata amicizia delle due a gettare una luce di speranza sul futuro di Arcadia Bay e a portarle a svelare gradualmente i misteri che si annidano tra le aule della Blackwell Academy. Niente di così originale, e in fondo la visione disincantata della società americana contemporanea non regge i confronti di un Franzen o di un Breston Ellis (delle prime opere), eppure chi ama le buone storie e magari non è particolarmente attratto dai videogiochi potrebbe dare una chance a “Life is Strange”: le ambientazioni affascinanti, le musiche da “atmosfera” e il coinvolgimento garantito dalle scelte che influenzano la trama ci restituiscono un’esperienza di forte impatto emotivo. Un po’ come un buon libro, no?
Ma ora passiamo al bello: abbiamo detto che le scelte del giocatore influenzano lo sviluppo della trama, a volte in modo superficiale (se salviamo ripetutamente una ragazza dagli scherzi dei bulli, più avanti nel gioco ci dedicherà una poesia), mentre in altri casi le nostre azioni possono determinare la sopravvivenza o meno di alcuni tra i personaggi principali! Ciò non sembrerebbe una novità: è quanto accade ad esempio nei giochi di Telltale, o anche nel recente Undertale . Quello che cambia è la dinamica: la possibilità di tornare indietro nel tempo per alcuni secondi ci permette di vedere come si sviluppano i dialoghi a seconda delle nostre scelte. Ma… non sappiamo come si svilupperà la trama in futuro! Prendersi la colpa per l’erba sgamata dai genitori al posto dell’amica ci garantirà la sua riconoscenza, ma potrebbe causarci problemi ben più gravi in futuro; comportarsi da stronzi con un personaggio antipatico sembra una buona idea all’inizio del gioco, ma potremmo pentircene più avanti. Ovviamente non posso scendere nel dettaglio, per risparmiarvi gli spoiler, ma quello che è davvero interessante e in qualche modo speciale di “Life is Strange” è la complessità della sua morale: non si tratta di essere “buoni o cattivi”, nemmeno “altruisti o egoisti”; quali che siano le vostre decisioni, lo sviluppo della trama vi porterà probabilmente a pentirvene man mano che le cose ad Arcadia Bay si riveleranno molto più incasinate di quanto non sembrasse… sì, sì, tranquilli, niente spoiler.
Forse non si potrà dire che “Life is Strange” abbia avuto un successo sconvolgente, o che sia di fatto un prodotto eccellente, ma senz’altro l’originalità con cui racconta una storia apparentemente poco originale sta contribuendo ad accorciare le distanze tra i libri e i videogiochi, due media tradizionalmente separati se non apertamente opposti. Mentre noi di Nativi Digitali Edizioni proviamo nel nostro piccolo a proporre libri che possono piacere ai “videogiocatori tipici”, ci auguriamo che altri seguino la strada di Dontnod, pubblicando videogiochi appetibili per i “lettori tipici”.
Scrivi un commento