Dopo aver parlato di Phoenix Wright e di Life is Strange, ecco un’altra occasione per parlare del complicato ma affascinante rapporto tra videogiochi e narrazione. Se bazzicate l’intricato mondo della sottocultura pop giapponese, avrete probabilmente sentito parlare delle visual novel: si tratta di fatto di “romanzi interattivi”, dove le nostre decisioni influenzano (anche radicalmente) lo sviluppo della storia. Visto che a farla da padrone sono le tematiche romantiche (e, in certi casi, erotiche), si tratta in soldoni di fare il filo a un/a ragazzo/a attraverso scelte di dialogo opportune, con l’obiettivo di un lieto fine.
Beh, spiegate così, non sembrano poi ‘sto granché. Il motivo per cui le visual novel ci interessano sono soprattutto due:
- Sono, se escludiamo i librogame che ormai son passati di moda da un bel po’, gli unici casi di fusione tra romanzo e gioco di ruolo ad avere avuto successo commerciale (beh, perlomeno in Giappone)
- Visto che si parla pur sempre di giapponesi, la bizzarria è all’ordine del giorno… e in certi casi anche la genialità.
E quest’ultimo è decisamente il caso di Hatoful Boyfriend, VN realizzata da un team di sviluppo indie nel 2011 e recentemente arrivata a una certa notorietà anche fuori dal Sol Levante grazie alle offerte su Steam (sì, lo ammetto, è così che l’ho conosciuto). L’ambientazione, come da cliché, è scolastica, e la storia racconta di una ragazza alle prese con vari potenziali spasimanti. Che però, e qui arriva il bello… sono dei volatili!
Ecco, basta la schermata dei titoli a capire che ci troviamo di fronte a una clamorosa parodia. La protagonista è infatti l’unica umana tra le aule dell’istituo St. Pidgeonation, e i suoi compagni di classe (e insegnanti) sono piccioni, colombe, pavoncelli e capitombolanti. I potenziali partner rispecchiano gli stereotipi del genere (l’amico d’infanzia generoso, lo snob affascinante, il timidone che non esce mai dalla biblioteca, lo sportivo un po’ ingenuo, il bello e tenebroso… più qualche licenza poetica, come il medico inquietante) e se diamo loro le giuste attenzioni, si innamoreranno di noi, però… hanno le piume. La vita scolastica va avanti come da tradizione giapponese, tra esami, club sportivi, festival della cultura, con qualche piccola differenza (San Valentino che diventa Legumentino, occasione in cui la ragazza dona al pennuto prediletto un po’ di becchime, oppure… beh, vedete l’immagine in basso).

Sì, la sospensione dell’incredulità si spinge verso nuovi confini
Demenzialità pura, quindi? Sembrerebbe proprio di sì. Le varie “route” (le “strade” narrative che si dipanano in seguito alle nostre scelte, con le opzioni che si allargano con le nuove partite) prendono in giro gli stereotipi del genere romantico tipico delle visual novel tradizionali, o in generale della cultura pop nipponica, comprese sottotrame investigative, drammatiche o fantasy (vedi l’immagine).
Tuttavia, la peculiarità di Hatoful Boyfriend, e ciò che lo rende più interessante di una semplice parodia, è l’atmosfera distopica strisciante, che si fa più manifesta dopo la conclusione di ogni route. C’è infatti un motivo se i pennuti sembrano avere rimpiazzato l’umanità, e l’abile ramificazione delle sottotrame è in grado di tenere viva la nostra attenzione dopo che l’ilarità causata da piccioni che ci provano con noi piano piano viene meno. Che cacchio si nasconde dietro a questa scuola di volatili, ci chiediamo? E, dopo aver concluso il gioco un numero sufficiente di volte, a un certo punto la trama prende una piega… beh, assolutamente inaspettata. Non vi spoilero nulla, ma se avete la pazienza di superare la lecita perplessità iniziale e di dare una chance a questi uccelli strampalati, avrete modo di capire davvero quanto possa essere forte l’impatto emotivo di una visual novel. E, se c’è qualcosa che Hatoful Boyfriend ci suggerisce, è che, dietro alle melensaggini dei simulatori di appuntamento per un pubblico femminile e alle zozzerie degli erotici per uno maschile, queste fusioni apparentemente bizzarre tra videogioco e romanzo nascondono un potenziale ancora quasi del tutto inespresso.
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