“Rosso è il Colore del Destino – Parte Seconda” – Roberta Fierro

“Rosso è il Colore del Destino – Parte Seconda” – Roberta Fierro

“In Giappone, si dice che ogni persona, quando nasce, porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo, si potrà trovare colui che ne porta l’altra estremità legata al proprio mignolo: essa è la sua anima gemella. I due saranno destinati ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che li separa; quel filo che li unisce non si spezzerà mai.”

Pagine: 250

Formato: Ebook e Cartaceo

Genere: Urban Fantasy/Fantasy Romantico

Prima parte della duologia

Profilo dell’autrice

Categoria:

Descrizione

“Rosso è il Colore del Destino – Parte Seconda” è disponibile anche su:

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Nella seconda parte di “Rosso è il Colore del Destino”, Calix e Erin si trovano coinvolti nel piano di vendetta e sete di potere di Re Jago, che mette in pericolo la loro vita e quella dei loro cari. Le rivelazioni che li attendono lungo questo difficile cammino metteranno a dura prova non solo il loro rapporto, ma anche tutto quello che credevano di conoscere sul loro mondo e su loro stessi.
Con la conclusione della sua duologia Urban Fantasy, Roberta Fierro conferma la sua maestria nel miscelare avventura, pathos e romanticismo, senza rinunciare a una gradevole patina di umorismo e a riflessioni non banali sulla natura umana: perché il mondo di Erin e Calix è, in fondo, più vicino al nostro di quanto si possa pensare.

Informazioni aggiuntive

Estratto

Capitolo 1

Calix

Ero talmente sconvolto da non riuscire a parlare; Elihan, al contrario, intervenne subito. “Che stai dicendo, Ery?”
“Lui…” La sentii tremare e nascondersi alle mie spalle. “Non è possibile… lui è…”
Aggrappata alla mia schiena, sembrava una foglia in balia del vento..
“Maledizione, si può sapere che sta succedendo?” domandai perplesso.
Il Maestro si avvicinò lentamente a noi. Poi, con espressione scioccata, lanciò uno sguardo alla ragazza dietro di me.
“Erin…”
No, non potevo credere ai miei occhi.
In passato avevo notato delle somiglianze tra Gabriel ed Erin, certo… ma non avrei mai immaginato una rivelazione del genere.
Era davvero possibile che il Maestro, contro il quale avevo combattuto durante la prova su Thenna e che mi aveva aiutato a fuggire dal Re, fosse legato da sempre a Erin?
Mi sembrava del tutto assurdo.
Quando ero giunto sulla Terra, Erin, inconsapevole della mia natura, mi aveva aiutato mostrandomi la gentilezza e la bontà degli esseri umani. Per me era la persona più umana che esistesse al mondo.
Come poteva avere a che fare con un demone come Gabriel?
“Erin, sei proprio tu?” La ragazza tremò ancora e sollevò il capo. Ci fu uno scambio di sguardi silenziosi tra lei e il Maestro; infine, Erin si spostò al mio fianco.
“Tu…” sussurrò.
“Sì, sono io” rispose Gabriel.
“Come… no, no… io non posso crederci. Tu sei… tu sei morto!”
“Lasciami spiegare” cercò di intervenire lui.
“Non ho prove che tu sia lui” rispose lei.
Il Maestro tentò di avvicinarsi alla ragazza, ma feci un passo in avanti e glielo impedii.
“Calix, che fai? Lei è mia figlia!” esclamò a gran voce.
“Daccene una prova” sussurrai convinto.
Gabriel indietreggiò di qualche passo e scavò in una tasca interna della giacca.
Restai all’erta, incrociando lo sguardo sconcertato di Elihan. Nel frattempo, il mio amico si posizionò alle spalle del Maestro. Attendemmo per alcuni minuti.
“Ecco…” Tese la mano nella nostra direzione e lasciò scivolare un pezzo di carta nella mia. “Guarda tu stesso” sussurrò.
La ragazza al mio fianco afferrò il pezzetto e lo girò. Sul retro della carta vi era raffigurata una bambina dall’aspetto bellissimo, dagli occhi azzurri e dai capelli ramati.
Nonostante fossero passati anni, riconobbi i lineamenti: erano gli stessi di Erin. Sorrisi. Sembrava molto felice in quella fotografia, ed era bello vedere qualcosa del suo passato.
Quando alzai lo sguardo verso di lei, però, i miei pensieri sereni svanirono in un attimo. Sembrava tormentata, e il suo dolore divenne presto il mio, e anche quello di Elihan.
“Ricordo questa foto: la scattasti al mio decimo compleanno”.
“Sì. Tua nonna aveva preparato una mega torta con tanti gattini… perché sapeva che li adoravi”.
Erin lo guardò tra le lacrime, per poi accasciarsi tra le mie braccia.
“Non… non è possibile”.
Il suo volto si fece sempre più pallido, e dopo un po’ perse i sensi. A quel punto la adagiai delicatamente sul mio letto.
Quella situazione iniziava a stancarmi: andai incontro a Gabriel, lo afferrai per il colletto della camicia e lo sollevai di qualche centimetro. Nel farlo, la mia coda fuoriuscì senza preavviso.
“Che diamine succede? Tu non puoi essere… insomma, tu sei un… un demone, giusto?”
“Calix, lascialo andare… Lo soffocherai così!” esclamò Elihan. Strinsi ancora di più la presa sul suo collo e digrignai i denti. “Parla!”
“È una… una lunga storia”. Lo lasciai andare, e subito dopo Elihan si abbassò a controllare che stesse bene.
“Muoviti a parlare. Non sono un tipo paziente, dovresti saperlo”.
Elihan quasi urlò. “Cal, smettila! Non sei tu a dover chiedere spiegazioni”.
“Se non l’hai notato, Erin è talmente scioccata da essere svenuta.”
“L’ho notato, idiota! E ho sentito anch\'io la sua disperazione.” controbatté lui.
“Sei solo un intruso.” La rabbia stava per esplodermi in petto.
“Intruso? Guarda che sei tu…”
“Ti sbagli: sei tu il problema, e non avresti mai dovuto intrometterti nella sua vita, lo capisci?” dissi di rimando.
“Cosa vorresti dire? Che tu sei giustificato soltanto perché non lo sapevi?” Mi guardò con rabbia.
“No, sto dicendo che mi avete abbandonato, lasciandomi da solo in un posto in cui non ero mai stato. Avevo bisogno di aiuto!” esclamai.
“Coinvolgerla non è stata una grande mossa…” sussurrò il mio amico.
“Non pensavo di metterla in pericolo. Voglio solo che sia al sicuro…”
“Beh… non lo è: non più!”
“Non ricordarmelo.” Serrai i pugni.
“Piantatela, tutti e due!” Urlò il Maestro.
Volsi lo sguardo a Gabriel e mi arrabbiai ulteriormente. “Zach si sta chiedendo dove sia Erin, e anche tu. Forse dovresti scendere e distrarlo.”
L’ultima cosa che desideravo era rischiare di mettere in pericolo il proprietario della libreria; era un uomo dal cuore buono, il primo essere umano oltre Erin, che mi aveva guardato senza pregiudizi, quasi fossi uno di loro. Non volevo finisse immischiato in faccende più grandi di lui, ma non desideravo neanche lasciare Erin.
“Non vi lascerò da soli con lei, scordatevelo!” Sentii la mascella irrigidirsi.
“E allora cosa…”
“Zach!” urlai improvvisamente.
“Che fai? Sei impazzito?” Elihan mi guardò sorpreso.
“Sparite dalla mia vista. Tutti e due!” Tirai fuori gli artigli e scoprii le zanne affilate. “Ora!”
Elihan afferrò il braccio del Maestro e sparì nel nulla. Avvertii il passo trascinato di Zach: gli aprii la porta, nascondendo i miei tratti da Kitsune appena in tempo.
“Hai urlato? È tutto okay? Erin…” Gli mostrai il letto e il vecchio sbiancò.
“Sta’ tranquillo. È solo svenuta” bofonchiai.
“Cos’è successo?”
“Niente…”
“E perché la stanza sembra così…”
“Le ho dato una pulita” mi affrettai a dire.
“Ah.” Si avvicinò lentamente al letto e carezzò la fronte di Erin. “Avete discusso?” domandò perplesso.
“Uhm… un po’” mentii.
“Un po’?” domandò il vecchio inarcando un sopracciglio.
“Sì… cioè, abbastanza. Forse non si è ancora ripresa del tutto e…”
“Ti ho detto di prenderti cura di lei, non di farla stare male”.
Le parole di Zach mi colpirono come una spada dritta nel petto. Da quando avevo aperto il mio cuore ai sentimenti, riuscivo a percepirli tutti, persino il senso di colpa.
“Ma io…”
“Vai a dare una mano in libreria!” tuonò con voce profonda.
“Zach, credimi, non è come pensi…”
“Non m’importa. Lasciala stare”. Abbassai lo sguardo e, controvoglia, decisi di fare come ordinatomi.

***

Discesi le scale di corsa e servii alcuni clienti della libreria. “Grazie, ragazzo” disse Juliet. “Potresti stare un po’ alla cassa? Vado a fare il caffè”.
“Certo”. Finsi un bel sorriso e mi accomodai sullo sgabello alle spalle della cassa.
Gabriel sbucò da uno dei corridoi e mi venne incontro.
“Che ci fai qui?” Sentii il sangue ribollirmi nelle vene.
“Devo parlare con Erin” sussurrò.
“Non ora”. Lo guardai con gli occhi accesi di ira.
“E quando?”
“Appena si riprenderà, se mai lo farà.”
“Ti prego, io…”
“Tu cosa? Pensi di potertela cavare così facilmente? Fingendoti morto e ricomparendo dal nulla?” Avevo un desiderio impellente di cacciarlo di lì, anche a calci nel sedere, se necessario.
“C’è una spiegazione” disse lui.
“Come ha detto Elihan, non la devi a me, ma a lei.”
“Non ho mai voluto lasciarla, Calix” disse con tono nostalgico.
“Troppo tardi. La vedrai soltanto se lei accetterà di farlo, altrimenti sei fuori”.
“Che vuoi dire?” domandò con sguardo perplesso.
“Che scomparirai nuovamente, e non ti farai vedere mai più!”
Guardai il Maestro: la persona che avevo davanti agli occhi non sembrava più quella di un tempo, la stessa con cui avevo combattuto nell’arena. Le rughe sul suo viso erano aumentate all’improvviso, i capelli lucenti avevano acquistato un po’ di opacità e i suoi occhi sembravano una dimora di tristezza.
Davanti a quell’espressione tanto cupa, non riuscii a rimanere impassibile, perciò gli poggiai una mano sulla spalla e respirai a fondo.
Quasi mi meravigliai di me stesso. Non ero mai riuscito a controllarmi, prima d’ora.
“Ne ha passate tante” dissi.
“Me ne starò lontano per un po’” si arrese lui.
“Faresti bene. Qui c’è anche…” La campanella dell’ingresso risuonò dolcemente. Subito dopo, riconobbi la figura gracile di nonna Jane.
Abbassai la testa di Gabriel fino al pavimento e, con un gesto perentorio, lo incoraggiai a sgattaiolare dietro il bancone.
“Jane! Che bella sorpresa!” esclamai sorridente.
“Calum, caro! Come stai?”
“Bene, bene”. Cercai di mostrarmi il più sereno possibile.
“Ed Erin?”
Deglutii appena. “Ery è di sopra, non si sentiva molto bene…”
“Cosa? Ma se è uscita di casa che stava benissimo!” esclamò lei.
“Forse non si è ripresa del tutto” ipotizzai.
“Non avrete mica discusso di nuovo, eh?” Mi guardò con occhi indagatori.
Abbassai il volto e feci il finto tonto. “Ah, quindi le ha detto che avevamo discusso?”
“Conosco bene mia nipote, caro. So quando mi nasconde qualcosa e quando è sincera. Se lei non mi ha dato delle risposte, significa che lo farai tu”.
Il panico mi assalii e con un gesto involontario diedi un calcio a Gabriel. Gesticolai per dirgli di filarsela via, ma non mi diede ascolto e, al contrario, si attaccò alla mia gamba.
Cercai di divincolarmi, ma fu inutile. Nel frattempo nonna Jane mi fulminava con i suoi occhietti severi.
“Abbiamo discusso qualche giorno fa…” sussurrai.
“Per quale motivo?”
“Niente di che…” Dovevo inventarmi qualcosa!
“Erin non se ne sarebbe stata tre giorni nel letto se fosse stato ‘niente’!”
“E va bene! Abbiamo litigato perché lei non accettava certe cose…”
“Tipo?”
Avvertivo lo sguardo di Jane sul mio, pesava come un macigno. Avrei tanto voluto dirle la verità ma, per quanto fosse una donna fantastica, non potevo distruggere il suo mondo.
“Ha scoperto alcune cose del mio passato e ne è rimasta un po’ sconvolta, okay? Sono cose private, di cui sono riuscito a parlare soltanto con sua nipote”. Era la bugia più vicina alla verità che potessi darle.
“E stamattina?” continuò imperterrita lei.
“Stamattina?” ripetei perplesso.
“Sì, insomma, lei era allegra…”
“Esatto”. Decisi di raccontarle almeno una parte della verità. “Quando è venuta a cercarmi nell’appartamento non mi ha trovato, perciò ha creduto che me ne fossi andato.”
“Come ha potuto credere a una cosa del genere?” domandò lei a bocca aperta.
“Stavo ripulendo la camera e avevo spostato tutta la mia roba, per cui la stanza era… come dire, vuota”.
Dall’espressione di rimando, Jane sembrò convinta della mia risposta.
“Sono rientrato e l’ho trovata svenuta”.
“Gli shock non le fanno bene, lo sai” rispose lei.
“Lo so. Mi dispiace”. Ero davvero sincero.
“È così che sono andate le cose, quindi?”
Dietro nonna Jane spuntò il volto contrito di Zachary. Annuii, sperando mi credessero entrambi, poi mi appoggiai alla cassa. Ero davvero stanco di tutte quelle bugie, soprattutto quando dovevo mentire alle persone che mi avevano accolto in casa loro.
“Avevo capito male. Mi dispiace, Calum”.
“Non fa niente. Si è svegliata?” Guardai Zach con un filo di speranza.
“Non ancora. Penso che dovresti essere lì quando lo farà”.
Sorrisi e, nel momento in cui abbassai lo sguardo, notai l’assenza di Gabriel.
Tirai un sospiro di sollievo e corsi al piano di sopra. Sapevo che Erin aveva bisogno di me in quel momento, non potevo tirarmi indietro. Dovevo essere al suo fianco per supportarla nel migliore dei modi.
Aprii la porta di scatto e sentii alcune voci in sottofondo. Riconosciuto l’odore di Elihan, mi avviai nella mia stanza.
“Come ti senti?”
“Dov’è Cal?” sentii. Al solo pronunciare quella domanda, mi si riempii il cuore di gioia. Entrai subito nella camera e le andai incontro.
“Sono qui”. Mi sorrise e intrecciò la sua mano alla mia. Quei semplici gesti mi avrebbero dato la forza di affrontare qualsiasi ostacolo, ne ero sicuro.

Recensioni

  1. Marco “Frullo” Frullanti

    “Tutti i personaggi – nel bene e nel male – sono rimasti nel mio cuore. Il non arrendersi mai per qualcosa in cui si crede è un messaggio presente in ogni pagina del libro.”
    Recensione su “L’angolo di Alexys”

  2. Marco Frullanti

    “L’autrice anche qui non fa mancare l’effetto sorpresa, devo dire che la sensazione che il lettore ha è quella di non sapere cosa succederà pagina dopo pagina, ed è la parte migliore di quando si legge un libro.”
    Recensione su “The Book Garden”!

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