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Capitolo IV
Marcel.
Man,
fottere, mangiare e lavorare. Questa è la mia vita!
E poi, lo sai: ho due famiglie.
Quindi ho bisogno di tanti soldi.
La guerra in sé porta morte e disperazione sia per vinti che per i vincitori, non so di preciso cosa abbia portato la guerra civile del 1973 in Libano; ma, di una cosa sono certo, portò la diaspora della famiglia di Marcel. Cinque figli dispersi per il mondo: Marcel a Kiev, Tial a Goteborg, Marine a Parigi, Sina a Verona, ed Edu a Francoforte; sarebbero trascorsi dieci autunni prima di rivedersi e senza l’aiuto del padre nemmeno si sarebbero riconosciuti. E forse, oltre a ciò, portò altre cose di cui non voglio sapere, la guerra civile del ‘73. Marcel sarebbe cresciuto, seguendo i dettami del regime comunista, in un convitto alla periferia di Kiev, avrebbe frequentato l’accademia militare e da lì sarebbe partito il sogno: diventare un ufficiale del regime. Aveva dieci anni quando arrivò a Kiev, preso in custodia da educatori, vestito come un soldato. Piangeva il piccolo Marcel. Quando è notte, e vi è poca luce, esce fuori il coraggio e si racconta un po’ tutto quello che si fa, si è fatto, e si farà: le nostre storie passate, presenti e future. A scuola Marcel strappava le pagine dei libri e chiamava le maestre troie, e loro lo picchiavano mentre lui rideva. Aveva rabbia Marcel; nonostante quello che avesse patito, non era diventato cattivo, anzi, penso che Marcel fosse una delle persone più buone e più folli che avessi mai incontrato. Marcel aveva studiato a Kiev fino a diciotto anni, e in quel periodo aveva saputo prima della morte della madre, avvenuta qualche tempo prima, e poi del matrimonio del fratello maggiore. Frequentava i turchi, si scopava le ucraine ma sognava una donna della sua terra. Conobbi Marcel a Kiev est, in un’ex area industriale riconvertita in chissà che cosa, ancora non l’ho capito. Cercavo la sede dell’Autovelox, l’agenzia dove comprare i biglietti per Odessa. Mentre vagavo in strada, si fermò una macchina, si abbassarono i vetri e spuntò la testa a forma di uovo di Marcel, e mi disse:
“Ehi, di che cosa hai bisogno?”
“Cerco la sede dell’Autovelox.”
“Sali a bordo, sei un uomo fortunato!”
“Io?”
“Si, devo andare lì.”
Entrai in macchina.
“Come ti chiami?”
“Bruno.”
Mi abbracciò, non ne capivo il motivo.
“Ti chiami come mio padre!”
Aprì il cruscotto, prese una piccola busta trasparente: era cocaina. La mise su una tavoletta di legno, disegnando con mani esperte tre strisce parallele, e si tirò le prime due.
“Mi sento un uomo fortunato” disse.
Abbassò di nuovo la testa sulla tavoletta, e si pippò la terza.
Tirammo diritto per settecento metri circa. L’andatura era costante. Aveva una guida sicura, con le sue grosse mani incollate al volante.
Arrivati all’Autovelox, mi accingevo a salutare Marcel e ringraziarlo del passaggio.
“Va’ dentro! Ti aspetto, poi ti accompagno dove vuoi, tu ti chiami Bruno, non dimenticarlo!” mi disse. Lo guardai stranito. Comprai i biglietti, e uscii. Ad aspettarmi chi trovai? Ma naturalmente Marcel! Era alto quasi due metri, e aveva un gran pancione. Come mi rivide, mi abbracciò e mi disse:
“Bruno, vieni!”
Salimmo nella Audi nera.
“Bruno, ti faccio vedere una cosa!”
“Cosa?” gli dissi.
Si abbassò e prese dal cruscotto una pistola nove millimetri.
Mi dicevo: questo che intenzioni ha?
“Non ti preoccupare! Lavoro per la mafia Russia, pagano bene! Andiamo ad ammazzare uno stronzo e poi ci fermiamo nel quartiere libanese a mangiare!”
Rideva mentre io sbiancavo e quasi mi veniva da piangere.
“Bruno, e allora?”
Marcel fermò la macchina e mi disse:
“Ma hai paura?” Rise di gusto. “Io sono un semplice poliziotto”
Scoppiò a ridere. Prese il portafoglio e mi mostrò il distintivo. In questo modo conobbi Marcel a Kiev.
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Marco “Frullo” Frullanti –
Intervista all’autore (e consigli di lettura) sul blog “Leggere Dream”
Marco “Frullo” Frullanti –
“Kilometro zero, un romanzo simbolo di un viaggio spasmodico alla scoperta del passato familiare che diventa una necessità per il personaggio protagonista alla deriva nella sua giovane esistenza: un punto di arrivo da cui provare a ricominciare a vivere la vita di un nuovo Io, con “una nuova pelle che sostituirà la vecchia, una pelle costruita dalle emozioni trascorse”. Un nuovo inizio che parte dalla fine.”
Recensione su “Arca di Cultura”
Marco “Frullo” Frullanti –
“È interessante notare quanti tipi di persone l’autore riesca a descrivere, mi sembra di aver conosciuto un Mondo, un Mondo che non avevo neanche mai preso in considerazione. I personaggi sono tutti diversi ma accomunati da una sorta di triste realtà.”
Recensione sul blog “Cherie Colette!”
Marco “Frullo” Frullanti –
“Kilometro Zero è un libro a tratti onirico, dove il confine tra realtà e immaginato è veramente sottile. Dove si ferma uno e inizia l’altro? Me lo sono chiesto più volte e il bello è proprio il non saper rispondere a questa domanda, non con certezza assoluta.”
Su “Le recensioni della libraia”