Estratto |
Capitolo 1
Muovo un piede davanti all’altro.
Non so dove sto andando.
Non mi importa.
Ha distrutto la mia famiglia.
Ha distrutto me.
Niente sarà più lo stesso.
3 mesi prima
“… Tanti soldi dico io e ci sta zuzzimma ovunque. Ma chi controlla 'ste cameriere?“
Sbirciai in cucina, Paine era in piedi sul piano della cucina, tutta intenta a strofinare la parte superiore degli stipiti in alto.
“Che stai facendo?” Chiesi perplessa guardandola dal basso. Lei con un colpo si scostò dalla testa un ciuffo di capelli viola e mi guardò arrabbiata.
“Ma ti pare normale? Ma vedi qua.” Disse passando l’indice sul mobile per poi puntarmi il polpastrello in faccia.
“È sporco?” Azzardai aggrottando la fronte.
“Qua sopra ci sta il grasso di dieci anni! Ma ci hanno mai pulito? Secondo me mai.” Strofinò il dito unto sulla pezzuola che aveva in mano e tornò a strofinare con forza. “Ma nessuno le controlla 'ste cameriere? Che fanno? Tutta una giornata qua a grattarsi la pancia? Ma io non lo so, guarda…” Io restai in silenzio, confusa. “Già che stai qua sciacquala, per piacere.” Presi la pezzuola che mi porgeva e andai verso il lavandino, mentre la sciacquavo in effetti vidi che l’acqua si tingeva di nero. La lavai con cura finché l’acqua non tornò limpida e gliela porsi di nuovo. Lei mi guardò esasperata. “Deva, ma posso mai pulire con l’acqua? Ma se non ci metti il detersivo sopra… ma come si deve lavare una cosa? Mettila nella bacinella con il detersivo là, la stringi e me la passi. Iamm a vrè.” Aggrottai di nuovo la fronte, Adele mi aveva insegnato tanto negli anni, ma non è che facevo quelle cose tutti i giorni. “Quando pulisci una cosa, specialmente in cucina che ci sta grasso dappertutto, mai solo con l’acqua, sempre con il detersivo prima. Quando tutta la zozzeria se n'è venuta, ci passi un’altra pezza solo con l’acqua, per lucidare. Capito?” Finii l’operazione e le porsi di nuovo la pezzuola.
“Hey non sono scema, è solo che non lo faccio sempre.”
“E che significa? Che uno allora non fa più una cosa e si scorda come si fa?”
Sospirai e lasciai perdere. Quello che per lei al momento sembrava vitale per me non aveva nessuna importanza.
“Vabbè ia, tieni la testa da un’altra parte.” Replicò lei scendendo dalla cucina con un salto. “Che è successo?” mi chiese. Io alzai lo sguardo e la fissai. Aveva un viso sottile, quasi spigoloso, zigomi alti, bocca piccola, naso dritto e appuntito, fronte quasi sempre aggrottata, ma il suo punto forte erano gli occhi, non solo per il colore, verde screziato d’oro e marrone, ma per come ti guardavano. Aveva uno sguardo acuto e intelligente. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, vedeva le cose in modo completamente diverso dagli altri.
“Di solito se ne occupa Adele, ma adesso è via per qualche settimana.” Risposi cercando di sviare il discorso.
“Sì vabbè, non stavo parlando di quello.” Disse incrociando le braccia sul petto. Io non sapevo che dire, avevo in testa così tante cose che avevo paura di non riuscire a fermarmi se iniziavo a parlare. “Parla su… Madonna santissima, stiamo solo a ottobre e già si chiatra.” Borbottò sfregandosi le braccia con le mani.
“Si che?” Chiesi sorridendo.
“Fa fridd, Deva! Ia non mi dare fastidio, mi manca parlare in dialetto, qua parlate tutti quanti come dei perfettini e gli ultimi giorni sta pure il bagnino qua che parla sempre inglese, poi ci si è messo pure questo tempo a farmi venire l’agonia e perciò mi serve parlare un poco a modo mio.”
“Brian è sempre nei paraggi, dovresti impararlo l’inglese.”
“Non ci pensare proprio! Già tengo a Michele che mi ammorba con le sue storie, non posso fare una domanda su niente che mi fa il racconto su tutta la dinastia, non ti ci mettere pure tu. Gli voglio bene per carità, però è pesante. Ma gli capita mai di stare spensierato una giornata? Sai, quando viene primavera e ti metti seduto sull’erba sotto al sole che inizia a cuocere…” Il suo sguardo diventò triste. “Questa è la cosa che mi manca di più lo sai? Io da viva ero una freddolosa mai vista, ero peggio di una lucertola, sempre al sole. Dopo… manco più da dietro a una finestra posso guardare il sole. Una volta ho provato a stare vicino al fuoco e con gli occhi chiusi immaginavo di stare sulla spiaggia… pare una cosa scema, eppure la sensazione di calore sulla pelle come te la dà il sole… non era lo stesso. Ma vabbè, parlo a te che sei nata qua nella selva oscura.”
“Ma dai, perché odi così tanto questo posto?”
“Mica lo odio, ma è freddo, buio…”
“I vampiri non soffrono il freddo.” Replicai io sorridendo.
“Chi te l’ha detta questa mo? Non ci moriamo di freddo, ma mica non lo sentiamo! È che il freddo non ti fa niente, non ti vengono i brividi, o non ti sbattono i denti in bocca, ma lo senti eccome il freddo.”
Sorrisi di nuovo. Aveva ragione.
“Sai che anni fa ho vissuto per parecchio tempo in una grotta sulla neve?”
“Il problema qua è che non solo fa freddo, ma è un freddo strano, che ti entra nella ossa, dentro l’anima. A volte pare così forte che ti raffreddi pure tu.”
All’improvviso mi venne un’idea.
“Prendi una giacca, ti faccio vedere una cosa.”
Dieci minuti dopo eravamo sedute in mezzo al bosco, su quella che ancora oggi chiamavo la casa degli hobbit. Il sole era scomparso da un pezzo dietro gli alberi, la luce era ormai così fievole che a stento vedevo Sissi accucciata a pochi metri da me.
“E che ti piace? Fammi capì.”
“Il tramonto è spettacolare qui. Ci vengo spesso a pensare.”
“E come ci vedi quando è notte?” Paine sapeva che nella mia forma umana i miei sensi sono molto più vicini a quelli di una normale persona che a quelli di un vampiro.
“Ho anche io i miei trucchetti.” Lei mi guardò senza capire. Sorrisi, chiusi gli occhi e li sentii bruciare leggermente. Li riaprii e la guardai con i miei veri occhi. Ora era tutto chiaro, riuscivo a vedere distintamente tutto quello che mi circondava, come se qualcuno avesse sollevato un velo nero dalla mia faccia.
“Fai impressione.”
“Vuoi che estragga anche le ali?”
“No per carità. Sono belle a vederle da fuori, ma quando escono fanno un poco schifo. Tutti quegli artigli che ti si muovono sotto la pelle e poi sbucano fuori… bleah. No grazie.” Io risi. “Non ti fai male?”
“Sempre. Ma non dura tanto adesso e cerco di concentrarmi sul calore della mia pelle, sulle mie ali che stanno fuoriuscendo dal mio corpo, così il dolore è più sopportabile.” Sospirai e lasciai che la mia vista tornasse ad annebbiarsi.
“Vuoi parlare mo? Tutti 'sti sospiri mi stanno facendo venire l’ansia, pare di stare con quelle ragazzine senza cervello che si innamorano una volta al minuto.”
“Cosa vuoi che ti dica… sono scoraggiata, è passato un mese ormai da quando abbiamo scoperto tutto e… non sono riuscita a fare nulla. Mi sento così… inutile.”
“Ah…”
La guardai stringendo gli occhi.
“Che vuoi dire?” lei fece spallucce. “Paine… non costringermi a guardarti nella testa.”
“Uh marò, solo che lo pensavo. Pure Michele mi ha detto la stessa cosa, sta sempre a pensare e chiamare e col naso sui libri, ma non ha scoperto tanto di più in un mese. Me lo ha detto che pure tu ti sentivi come a lui.”
Sorrisi.
“Come vanno le cose tra voi?”
“Ah vuoi parlare di me mo? Non eravamo venute qua per parlare di te?”
“Ad essere precisi io volevo solo mostrarti questo posto, tu speravi che ti portassi qui e ti dicessi cosa mi passa per la testa.”
“Perciò siamo partite che eri tu quella che doveva fare la seduta dallo psicologo, mo sei tu che la vuoi fare a me?” Disse lei ridendo.
“Andiamo… lo sai che ho sempre fatto il tifo per voi due.” Lei sbuffò.
“Va bene. Non lo so che stiamo facendo sinceramente, non mi piace la situazione, però capisco pure che è un periodo di merda.”
“Che situazione?” Chiesi curiosa.
“Non mi piace che dormiamo assieme, ma poi lui sta nello studio per fatti suoi, non so dove se ne va, o meglio lo so perché me lo dice, però mi pare un poco di vivere come due ragazzini in quei film dove vanno all’università. Ognuno si fa i fatti suoi, hanno orari diversi, lezioni diverse, poi la sera mangiano assieme e vanno a letto assieme. Non mi pare una vita di coppia, capisci?”
“Ti capisco perfettamente. Sono anni che cerco di spiegarlo a Gabriel. Lui sa che prima o poi vorrò una casa nostra, dove avere la nostra vita davvero.”
“Eh vabbè sarebbe quasi ora. Tu posso pure capire che stai qua, ma per esempio perché Raffaele e moglie non se ne vanno per fatti loro? Non è che mi danno fastidio eh, non sia mai, è casa loro, però dico io, si sono sposati, che senso tiene restare qua? Io penso che quando decidi di passare la vita con un altro cristiano, la vita tua e la sua devono finire, si deve creare una vita assieme, una nuova, che è di tutti e due, che deve piacere a tutti e due e perciò si deve pure trovare un posto che è di tutti e due, no che uno si adatta e va a vivere a casa dell’uomo, perché così succede che è lui che cerca di fare spazio a te. Non va bene, non deve andare così, uno deve costruire un posto per tutti e due.”
Sorrisi e abbassai la testa.
“Hai perfettamente ragione. Dove vorresti vivere tu?”
“Ah va bè, sarò pure scema, ma l’Italia non la lascerei mai e poi mai. Guarda, Deva, non è per vantarmi o chissà che, io calcola che ho visto poco e niente, a stento sono arrivata a vedere Salerno e le città là vicino, ma ti dico che un posto più bello, per me, in tutto il mondo non lo puoi trovare. Perciò vorrei tornare a vivere là, avere una bella casetta mia…”
“Vorresti sposarti?”
“Eh chi non lo vuole? Però mi sentirei scema, come si sposano loro? In chiesa non penso che ci puoi andare… e come ti vesti? E il ristorante?”
“Potresti avere un normalissimo matrimonio… appena dopo il tramonto, anche in una chiesa se preferisci, perché non potresti? Sei una persona come tutte le altre, Paine.” Lei sospirò alzando le spalle.
“Boh non lo so…”
“A Michele piacerebbe.”
“Tu dici?” Mi chiese lei sgranando gli occhi.
“Ne sono certa. Non ha aspettato secoli solo per dormire di notte con te. Quando tutto questo sarà finito sono sicura che anche lui vorrà molto di più.”
“Bah, chissà. Vediamo di risolvere prima questo impiccio. E mo torniamo indietro va', che mi si sta gelando il culo. Deva?” Mi alzai in silenzio e la seguii verso casa. “Sai quale è il vostro problema più grosso? Di te e Michele specialmente.”
“Cosa?” Risposi preparandomi già a una verità ovvia che non riuscivo a vedere.
“Pensate troppo.”
E ancora una volta, aveva dannatamente ragione.
Quando rientrammo i fratelli Sincore erano tutti ad aspettarci in soggiorno, in piedi, bicchieri in mano e sguardo preoccupato. Michele mi lanciò un’occhiata veloce prima di rivolgere la sua attenzione a Paine, che entrò subito dopo di me dalla portafinestra bianca che emise un leggero cigolio quando la chiusi. Non feci nemmeno in tempo a girare del tutto la maniglia che Sissi aveva già preso posizione nella sua cuccia, che cane pigro. Sorrisi e guardai Gabriel: non so se fosse l’arrivo dell’inverno o il periodo difficile che stavamo attraversando, ma ora vestiva di nuovo quasi esclusivamente di nero, come se fosse pronto a combattere in qualsiasi momento. Anche Raffaele non era più come prima, era preoccupato tanto quanto gli altri. La cosa che lo accomunava al mio promesso era che entrambi diventavano taciturni quando erano nervosi o preoccupati seriamente per qualcosa, a differenza di Michele che di solito cercava il confronto con gli altri fratelli pensando e facendo ipotesi ad alta voce.
Mi avvicinai a loro e andai dritta tra le braccia di Gabriel, che mi accolse nel suo caldo abbraccio senza dire una parola, mi diede un bacio sulla testa e mi misi a sedere.
“Lucien crede che Lilith si nasconda in Africa.” Ci informò Michele. Alzai lo sguardo verso di lui.
“Africa? Come fa a esserne certo?”
“È solo un’ipotesi. Ha parecchia esperienza con creature oscure e leggende, perciò pensa che sia il posto più probabile dove possa nascondersi.” Aggrottai la fronte. Prima o poi avrei chiesto a Michele di raccontarmi per filo e per segno tutto quello che sapeva di quel vampiro misterioso, non solo per interesse tattico, – come mi è stato insegnato sin da piccola: bisogna studiare e sapere tutto delle persone che ci stanno attorno, ancor più se si tratta di nemici- ma soprattutto perché… mi affascinava.
“E tu pensi che abbia ragione?” Chiesi dubbiosa. Il mondo era un posto così grande, poteva essere ovunque.
“Stando alla leggenda l’Africa è la sua madrepatria, i primi uomini vengono da lì, quella terra pullula di magia nera, stregoni e riti così antichi da essere scolpiti nella pietra. Lì le persone credono davvero nei demoni della notte, molti li venerano, offrono sacrifici. Da questo punto di vista sarebbe il posto perfetto in cui attendere il momento giusto per attaccarci.”
“Inoltre lontana dalla civiltà non ha il rischio di essere fotografata da qualche idiota.” Cercò di sdrammatizzare Raffaele. Paine lo guardò male. “Mi guardi così solo perché non conosci il potere di Youtube. Adesso anche un ragazzino può farti un video e, boom, in 30 secondi sei sulla rete.”
“Okay ma, stiamo parlando dell’Africa. Sole, caldo…” obbiettai.
“Ci sono le caverne.” Giusto.
“Sì vabbè, ma se fai sto ragionamento allora ti posso dire altri cento posti dove non ci sta un’anima viva, che significa?”
“Hai ragione Paine, ecco il motivo per cui non siamo partiti seduta stante. È un probabile nascondiglio, ma non meno né più di altri. Dividersi adesso e andare a cercarla per tutto il mondo sarebbe la mossa più rischiosa.”
Gabriel sbuffò e si lasciò cadere accanto a me sul divano.
“Non ti piace stare senza fare niente eh?” Lo punzecchiò Paine. Lui la guardò minaccioso ma non replicò. “Oh non ti sto sfottendo.” Si affrettò lei alzando le mani. “È che pure io sono così. Qua pare che stiamo aspettando che Satana viene a bussare alla porta. Hai presente quella brutta sensazione di quando sai che deve venire il dottore a casa a farti una siringa e stai coll’orecchio teso a sentire appena arriva?” Risi.
“Non passa un giorno in cui non mi penta di non averti uccisa appena ti ho vista. Avrei dovuto staccarti la testa dal collo mentre ancora penzolavi da quella catena.” Oddio ora cominciavano di nuovo…
“Uh marò, ma ti sogni pure di notte a come mi potevi uccidere eh?”
“O avrei dovuto ignorare la chiamata di Mojave e dirgli di farti fuori.”
“E poi non la portavi a vedere Salerno a lei. Ma lo vedi quanto sei scorbutico ed egoista?” Quei due battibeccavano sempre, ma se all’inizio Paine era molto più sulla difensiva e a volte addirittura intimorita, anche se non lo dava per niente a vedere, adesso lo facevano in modo quasi scherzoso.
“Perciò… il piano resta lo stesso?” Chiesi a Michele distogliendo lo sguardo dai due litiganti. Lui non rispose. Sospirai. “Aspettare…” Mi alzai di scatto e iniziai a camminare per il salotto. Tutti si zittirono. “Io non so come fare! Davvero le ho provate tutte, ma non so come contattare le Furie! E se non riusciamo a parlarci prima che affrontiamo Lilith?”
“Deva, parlare con le Furie potrebbe esserci di grande aiuto, oppure potrebbe non cambiare nulla.”
“Ma io voglio sapere cos'è successo! Voglio sapere perché lo hanno fatto, perché mi hanno creata! Voglio delle risposte.” Dissi esasperata passandomi una mano tra i capelli. Mi sentivo così nervosa che iniziavo ad avvertire un formicolio sulla pelle.
“E ti aspetti che ti dicano la verità? Che si siedano sul divano accanto a te per ore a spiegarti i loro piani?” Conoscevo la posizione di Gabriel a riguardo.
“Comprendo perfettamente la tua frustrazione e il tuo desiderio di avere delle risposte, ma quello che più ci preme adesso è scoprire quanto più possiamo su Lilith, in modo da prepararci ad affrontarla. Lei non aspetterà in eterno.” Gabriel emise un ringhio alle parole di Michele.
“Vorresti affrontarla alla cieca?” Si intromise Raffaele rivolto a Gabriel.
“Pensi davvero che quelle puttane ci dicano la verità? O che ci aiutino? L’hanno usata come esca!” Disse alzandosi in piedi di scatto e indicandomi con un dito. “L’hanno creata solo per pararsi il culo…”
“Esatto! Sono le Furie, cazzo! E si sono prese la briga di crearla per questo!” Raffaele si innervosiva raramente, ma quando lo faceva era il peggiore di tutti, gridava come un pazzo. La stanza iniziò a riempirsi di sibili, Paine si spostò a ridosso del muro guardinga, pronta a scattare in azione.
“Lei verrà a cercarci quando sarà forte, quando sarà pronta. Volete davvero darle questo cazzo di vantaggio?” Gabriel voleva attaccarla di sorpresa, questo era il suo piano.
“Ma non sappiamo nemmeno dove cercarla…” Gli ricordai. Ma lui mi guardò con uno sguardo assassino, gli occhi ridotti a fessura luccicavano come non mai. Spalancai gli occhi. Davvero voleva rivolgersi a me in quel modo?
“Tu non capisci niente di guerra Scricciolo! Per una volta tanto, chiudi quella bocca, cazzo!”
Mi bloccai. Che. Cavolo. Gli. Prendeva.
“Ah certo, abbiamo Alessandro Magno qui. Scusa ma non ricordo il tuo nome sui libri di storia.”
“Noi abbiamo esperienza. Vuoi che ti ricordi quelle poche volte che hai cercato di prendere in mano la situazione cos'è successo? Hai forse scordato il massacro in Francia? Vuoi aspettare e risparmiare gente anche adesso? Quante altre persone vuoi che muoiano per te?”
Quella frase mi colpì dritta al cuore.
Non so cosa mi succedeva: in un’altra situazione me ne sarei andata, gli avrei risposto con qualcosa di tagliente e sarei andata via.
Forse lo stress, la frustrazione… non so cosa accadde, ma sentii un fuoco divamparmi dentro. Mi alzai di scatto, afferrai il bicchiere sulla mensola del camino e glielo lanciai addosso. Lui lo afferrò prima che si schiantasse sulla sua faccia, mi guardò e mi ringhiò contro.
Non ci vidi più.
Gli artigli si allungarono così in fretta che non me ne accorsi nemmeno, ero certa che anche gli occhi fossero cambiati perché vedevo tutto chiaramente, specialmente ogni singolo osso di quella faccia stupenda che adesso volevo solo frantumare. Gli assestai un pugno al mento, lui mi schivò con facilità, ma io ero veloce. Si spostò e io saltai il divano con un solo balzo prima di atterrargli addosso. Lui mi spinse via così forte che andai a sbattere dritta contro la portafinestra. Una marea di schegge di vetro mi crollò addosso. Sentii l’odore del sangue, ma non mi fermai per capire dove mi ero tagliata. Sentivo qualcuno urlare, ma non mi importava nemmeno quello. Davanti agli occhi avevo un obiettivo, un mirino e quello a cui pensavo era solo mirare, puntare, fuoco. Attaccalo.
Ora i suoi ringhi erano sovrastati dal rumore assordante dei fulmini. Quando era cominciato a piovere? Ma non mi importava niente. Mi misi in piedi, abbassai il mento, piegai le ginocchia e mi preparai a saltargli addosso. Lui non si mosse, ma prima che potessi anche solo muovermi tutto divenne buio. Come era possibile? Non vedevo niente.
Gli altri erano ancora lì, tutti immobili, ciechi tanto quanto me. Nessuno respirava, nessuno si muoveva.
Sentii un odore stranissimo, di fumo e pioggia.
Tutto accadde in poco meno di un secondo. La vista tornò a tutti, ma ancora nessuno respirava.
Non eravamo più soli.
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Marco “Frullo” Frullanti –
“Ho trovato la storia molto buona, scritta bene, e, pur essendo un fantasy, abbastanza realistica. Nel libro non manca davvero nulla: c’è la giusta dose di romanticismo, fantasy, lotta e azione!”
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Marco “Frullo” Frullanti –
“Ho apprezzato davvero molto la saga, mi sono affezionata tantissimo ai suoi personaggi e credo che questa non sia cosa di poco conto, perché se una volta chiuso il libro si pensa ancora a tizio, caio e sempronio, significa che qualcosa è arrivato ed è andato oltre.”
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Marco “Frullo” Frullanti –
“Il finale è tumultuoso, sbalorditivo, esplosivo! Insomma, una degna conclusione!”
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Marco “Frullo” Frullanti –
“Ho apprezzato davvero molto la saga, mi sono affezionata tantissimo ai suoi personaggi e credo che questa non sia cosa di poco conto, perché se una volta chiuso il libro si pensa ancora a tizio, caio e sempronio, significa che qualcosa è arrivato ed è andato oltre.”
Recensione su “Peccati di Penna”
Marco “Frullo” Frullanti –
“Questo è uno dei libri della saga che più ho amato, soprattutto l’ultima parte, che preparatevi, vi farà commuovere non poco!”
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Marco “Frullo” Frullanti –
“La Fenice di Fuoco è la degna conclusione di una saga Urban Fantasy davvero avvincente che mi ha tenuto compagnia negli ultimi anni.”
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