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CAPITOLO I
VERSARE L'ACQUA
«Hai almeno una vaga idea di dove stiamo andando?».
Vorrei rispondere a quella malfidente di Amy che sì, ovviamente ce l’ho! Figuriamoci se ci siamo persi una terza volta! E poi la seconda nemmeno era stata colpa mia. Ero convinto che subito oltre il Promontorio del Dente Cariato avremmo trovato la Roccia del Pitone col Singhiozzo, e invece eccoti spuntare il Sasso della Mangusta Ballerina. Ma come accidenti si fa a orientarsi, se continuano a dare questi nomi idioti ai sassi?
Chissà, magari quella bimba scorbutica di Amy non intendeva chiedermi dove stesse andando la nostra aeronave, o quale scoglio roccioso della Terra sarà il nostro prossimo approdo. Forse la sua era una domanda sull’esistenza: noi, poveri esseri pieni di domande, imbarcati su un vascello scosso fra venti e nubi e un non trascurabile numero di spifferi… chi siamo? Dove andiamo? Qual è il nostro scopo? Stiamo viaggiando verso un porto sicuro o finiremo per sbattere contro il Sasso della Mangusta Ballerina mentre la nostra sottoposta ci picchia con una chiave inglese?
«Secondo me ci siamo persi» Pherfinfrenfarf sospira. «E siamo a tre».
«Già, a giudicare dal silenzio immagino non abbia la più pallida idea di dove ci troviamo».
Amy scuote la testa e le due treccine bionde si muovono di rimbalzo. Le avevo suggerito il caschetto moro, personalmente lo ritenevo più alla moda, ma lei aveva ribattuto che le treccine, insieme all’aspetto da tredicenne e al naso a patata, le avrebbero dato un’aria di maggiore innocenza.
Così avrebbe potuto truffare meglio i mercanti.
«Oh, smettetela! Tutti e due!» sferro un colpo al timone dell’aeronave col piatto della mano. Accidenti se fa male. «Il punto d’incontro è qui vicino. Da qualche parte, ecco» lancio un’occhiata al mio secondo. «E no, Ferfinfrenpharf! Non azzardarti a preparare il tè!».
Gli uomini-bradipo non sono capaci di stare con le mani in mano per più di un minuto: piuttosto che aspettare, si mettono a far bollire l’acqua per il tè. Così si illudono di essere utili a qualcosa.
«E allora dimmi che posso fare, capitano» già saltella da un piede all’altro in preda all’angoscia, le braccine che ballanducolano. «E mi chiamo Pherfinfrenfarf, non Ferfinfrenpharf».
«Una volta» faccio, appoggiandomi al timone e rischiando di sgariboldare la nave, «molti secoli prima dell’Evento, un poeta americano scrisse: “una rosa profumerà allo stesso modo, comunque la si chiami”. Si chiamava Shock-spassolo e aveva scritto una serie di romanzi sulla ricerca del tempo perduto. Intendeva dire che i nomi non sono importanti, quello che conta è la sostanza».
Amy sospira, Pher alza le spalle.
«Va bene, capo» l’omino dalla testa tonda e il corpo da bradipo mi tamburella sul braccio con le sue unghiette birighildine. Gliel’avrò detto una decina di volte che mi fa impressione.
«Alzati dal timone, subito» interviene Amy, molto meno gentile del mio secondo. Ci sarà un motivo se ho preferito Pher a lei.
«Balena dai mille corpi!» salto all’indietro. «Mi ero perso a pensare ad altro».
«Come sempre…».
Pher reimposta la rotta, mentre Amy solleva le braccia al tettuccio rattoppato dell’aeronave.
«Santo cielo!» fa la ragazzina. «Vado io a preparare il tè, sarà meglio. Altrimenti lo strangolo!».
«E io?» Pher mi saltella accanto stringendosi le mani pelose. «Io che faccio? Dammi un compito, capitano! Dammi un compito! Capitano? Capitano!».
Vorrei rispondere, ma…
«Si è ancora perso a pensare ad altro?» Amy sbuffa.
«No» balbetto, «è che credo di aver appena individuato il nostro contatto».
Sotto di noi scorrono le rocce e i promontori aridi della regione Bordetella, non so se si tratti del Cocuzzolo del Dodo Cannibale o del Pinnacolo del Lamantino Innamorato. Le ali della nostra aeronave, la Rubiconda, si muovono piano, i motori bruciano a risparmio energetico, che all’ecosistema ci tengo.
Incastrata tra due rocce di arenaria rossa, col muso rivolto alla terra, giace spenta la navicella Cicisbella.
«Questo non è un buon segno» sentenzia Pher con un sorriso. «Vado a caricare il fucile, che bello!» e si allontana fischiettando. Finalmente ha qualcosa da fare.
Restiamo sospesi sopra l’obiettivo, i motori puntati in basso sollevano nefoli di polvere e inceneriscono una famigliola di serpenti.
«Toh, e io che credevo fossero tutti estinti!».
«Quelli erano gli ultimi, capitano…».
«Così non si sentiranno più soli».
Ogni tentativo di prendere contatto con la Cicisbella fallisce: Amy non è in grado di trovare la frequenza radio e quelli dell’altro equipaggio non rispondono ai segnali meccanici, luminosi, magnetici e termici. Pher propone le preghiere, ma su quelle ho sempre avuto dubbi.
«Niente» mi frego le mani. «Non ci resta che entrare con iurulato coraggio».
«Iuruche?» Amy cerca sostegno in Pher, che fa spallucce. «Si è inventato di nuovo un’altra parola?».
«Così pare».
«È dialetto Guruvengo, del popolo sperduto dei Guruveni, ignoranti! Quante volte ve lo devo dire?».
«Sì, certo, come no» Amy siede ai comandi, coordina l’atterraggio. «Agli infrarossi si rileva un’unica fonte di calore in sala comandi. È molto debole, però. Qualunque cosa sia accaduta a bordo, credo che ormai non ci sia più nessuno».
«Il che potrebbe essere tanto positivo quanto negativo. Atterriamo e vediamo. Proverò a forzare l’ingresso, nel caso» mi accomodo sulla poltrona, le punto il dito contro. «E vedi di non sbagliare come l’ultima volta, che ci ho rimesso mezza gamba con la tua ultima manovra!» batto la mano sul polpaccio robotico.
«Quante storie per una gamba! Almeno ti sei dato una svecchiata, nonno».
«Ferfinfrenfraph! Il fucil…».
«Eccolo!».
«Caricato?».
«Caricato».
«Spolverato?».
«Spolverato».
«Lucidato?».
«Lucidato. E vi ho inciso il tuo nome, capitano».
In effetti c’era scritto “POLLUCE” in grana dorata.
«Lo avrei preferito in Comic Sans».
«Tutti odiano il Comic Sans, capitano».
«Nessuno ha chiesto il tuo parere. Vai a sistemare gli allacciamenti energetici».
«Allacciati».
«E il raffreddamento dei motori?».
«Raffreddati».
«E il controllo dell’apertura automatica del portellone?».
«Controllata».
«Hai dato da mangiare ai pesci rossi?».
«Non abbiamo pesci rossi, capitano».
«Male! Un animaletto domestico rallegrerebbe l’atmosfera. E ora vai e occupati del sistema di calibrazione».
«Ma, veramente, l’ho già calibr…».
«Basta accampare scuse, Farunfrenfarf! Fa’ quello che ti ho chiesto e procurati dei pesci rossi!».
«Signorsì, capitano! Ma si ricordi del “ph”! È Pher!».
Amy muove le dita sulla tastiera luminosa, fa danzare i polpastrelli tra un ticchettio e un led lampeggiante. Il suo viso è inespressivo, concentrato. Ogni tanto dondola le gambette sdrilude dallo sgabello, si gratta la punta schiacciata del naso. Quando fa così sembra quasi tenera.
Quasi, eh. Ci mancherebbe.
L’aeronave si avvicina al suolo, scende verticalmente sostenuta dal getto dei motori. Le ali si ripiegano sui fianchi, gli alettoni vengono chiusi.
«Estrarre il carrello».
La Rubiconda si appoggia dolcemente, la polvere rossa d’arenaria si solleva, i motori perdono di potenza e si spengono turlumpinando.
«Ci siamo» Amy sbuffa. «Avvio la valutazione della percentuale di ossigeno esterna. Ancora un secondo, capitano».
Pher ciondola al suo posto nella stazione comandi. Le unghie affilate muovono i cursori in alto e in basso.
«Valutazione in corso» avverte. «Buona componente di rocce di ossigeniana rilevata. Saturazione d’ossigeno al primo riscontro del 14%. Meno cento alla seconda misurazione».
«Troppo poco» mi avvicino al portellone.
«Meno cinquanta alla seconda misurazione».
In quei pochi secondi di attesa mi perdo a pensare ai conti alla rovescia, le celebrazioni, la fine di qualcosa di vecchio e l’inizio del nuovo. È strano come si finisca sempre a desiderare la novità, non si veda l’ora di gettare ciò che avanza e passare oltre. Cioè, per uno un po’ in là con l’età come il sottoscritto non è esattamente un pensiero confortante… E se ci stesse pensando anche Amy?
«Misurazione ultima: 20%. Percentuale d’ossigeno sufficiente».
Non faccio in tempo a riprendermi dal mio filosofeggiare, che il portellone si spalanca in un sibilo vunfulso. Il caldo torrido dell’esterno invade l’aeronave, per poco non mi fa perdere i sensi.
«Vado».
Imbraccio il fucile, scendo sul suolo brullo della regione Bordetella, cento chilometri a ovest della città di Margherita, una delle poche ancora esistenti.
L’aeronave Cicisbella cigola incastrata tra le rocce. Il fumo s’innalza dai motori spenti in spire minacciose. Una breccia si apre nella fiancata di metallo, a giudicare dai segni lungo i margini deve essere stata aperta a forza. La domanda è: l’ha creata l’equipaggio per scappare dalla nave in avaria, o è opera di qualcuno che voleva introdursi?
«Se non altro, non dovrò forzare l’ingresso».
Sulla soglia trovo due uomini vestiti con le uniformi della Confederazione delle Cinque Città. Giacciono proni, chiazze di sangue si allargano sui vestiti blu. Questo spiega perché gli infrarossi non abbiano rilevato segni di vita.
L’interno dell’aeronave è distrutto, i comandi fusi. Sulle pareti si aprono fori di proiettile. Ai piedi del ponte di comando, boccheggiante e con gli occhi spenti, siede il dottor Due Vi. Anche i suoi abiti sono macchiati di sangue.
«Non si mette affatto bene».
Le altre guardie e i membri dell’equipaggio sono tutti morti, le loro armi scomparse. Dovrei agire con cautela e controllare che gli aggressori non siano ancora sulla nave, ma l’affetto che provo per il dottor Due Vi mi impedisce di ragionare con lucidità. Ripongo il fucile, incespico nell’avvicinarmi.
«Dottore» mi inginocchio accanto, lui si accascia. «Dottore, mi risponda!».
Apre gli occhi, stenta a riconoscermi. Muove le labbra ma non fa altro che tossire. Rantola, nel riprendere fiato.
Ammetto che mi fa anche un po’ schifo…
«Capitano Polluce, sei arrivato. L’impulso ha funzionato… La mappa…».
«Quale mappa?» lo stringo tra le braccia. «Di che stai parlando? Che è successo?».
«Il pirata Blue Smiley» un colpo di tosse, la voce sempre più flebile. «Ci ha attaccato. Abbiamo inviato l’impulso d’aiuto. La mappa» rantola, si aggrappa a me come fossi la vita stessa. «La mappa!» gli occhi si ribaltano. Con le ultime energie riesce a dirmelo: «Ce l’ha lui», e spira.
«Allora? Che è successo?».
Amy e Pher mi pongono troppe domande e la mia testa è troppo piena di pensieri perché possa dedicare loro la dovuta attenzione. Risalgo sulla Rubiconda con passo trauntesco. Che si chiuda il portellone e si accendano i motori. Mi lascio cadere sulla poltrona, stringo i pugni sui braccioli.
Vorrei prendermi un secondo per riflettere sulla vita, la sua fugacità, lo straordinario caso per cui un attimo prima ci siamo e quello dopo, chissà.
Troppi pensieri, troppe emozioni in quel piccolo spazio che è la testa.
Per questo decido di staccarla dal collo. La tengo in grembo come pochi minuti fa ho retto quella del dottor Due Vi, l’uomo che mi ha costruito più di trent’anni orsono. Nel ventre d’acciaio possiedo un secondo cervello elettronico. È più semplice di quello che ho in testa: regola i riflessi, mi permette di agire d’istinto. Serve per le decisioni più rapide, quelle in cui non c’è tempo da perdere in filosofaggini. A malincuore, quindi, mi capita di cedergli il comando.
«Non è un buon segno» Pher scuote la testa, gli occhi pieni di gioia mista a terrore. «Se si toglie la testa saranno solo guai. Però avrò più cose da fare. Però saranno guai. Però potrò lavorare di più… Anche se…».
«Rotta verso il deserto Tremebonda» ordino. «Si va a caccia del pirata Blue Smiley».
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Marco Frullanti –
Nel panorama del fantasy è una boccata d’aria fresca (impossibile che non susciti ilarità!), in grado di catturare l’attenzione del lettore senza mai annoiare.”
Recensione su “The fluorishing of books”!
Marco “Frullo” Frullanti –
Se come me, amate le storie dei pirati ed i fantasy fuori dal comune, e siete cresciuti guardando in loop il film d’animazione Disney “Il pianeta del tesoro”, allora dovete leggere le avventure del Capitan Polluce e della sua ciurma
Recensione su “Fuliggine”!
Marco Frullanti –
“Mi ha fatto pensare per certi versi ad Alice nel paese delle meraviglie, forse sopratutto per la follia che permea la storia e per i dettagli dei pasticcini”.
Recensione su “Annabel Lovecraft”!
Marco “Frullo” Frullanti –
Chi vorreste che leggesse il vostro libro?
F: Chiunque non mi conosca, così da averne un giudizio il più possibile sincero.
M: Tutti quanti? Più gente lo legge e meglio è.
F: Omero. Scommetto che Omero avrebbe apprezzato l’umorismo.
M: Ma era cieco.
F: Appunto.
Intervista agli autori su “Galleria Millon”
Marco “Frullo” Frullanti –
“Se avete amato Star Wars, One Piece, Abenobashi e Carnival Row non potete farvi sfuggire questa occasione! Finalmente uno Steampunk degno di nota, mai noioso, ricco di elementi e personaggi ben caratterizzati”
Recensione su “Talking about books and likes”