Una questione sempre molto dibattuta è questa: metodo o ispirazione? Ci sono scrittori che affermano di lasciare correre la propria immaginazione a briglia sciolta, e chi preferisce usare regole ferree, un metodo preciso, con scalette, schemi, mappe concettuali e chi più ne ha più ne metta.
Sono strategie opposte, vestiti diversi, c’è chi ama indossare un completo ben rifinito, e chi corre in mutande nella giungla inseguendo il riflesso della luna fino ad abbracciarla, o a perderla del tutto di vista. D’accordo, forse non è un bel paragone, ma rende bene l’idea.
Diciamo che la prima categoria ama pianificare accuratamente, prima di iniziare il lavoro di scrittura, preferisce seguire delle linee precise perché vuole sapere dove sta andando e perché, vuole conoscere l’intero percorso senza ritrovarsi faccia a faccia con fastidiosi vuoti.
La seconda tipologia teme invece sentirsi incatenato, chi opta per questa soluzione preferisce partire all’avventura verso mete ignote, sperando di non perdersi. Ma no, se si perdono per loro è anche meglio, è più stimolante e chissà dove la strada li potrà portare, nella terra promessa magari?

metodo o ispirazione

Nessuno dei due approcci è giusto o sbagliato. Entrambi possono condurre a un vicolo cieco che può assumere la forma irritante di un enorme blocco, un muro che interrompe il cammino.
Sì, può succedere anche al pianificatore più ardito, perché il rischio è di… perdere slancio per l’idea, l’entusiasmo, o peggio ancora, può succedere che la pianificazione si protragga all’infinito allontanando il momento di passare all’azione. Mesi e mesi a programmare, costruire intrecci, un’ambientazione minuziosa, i personaggi e i loro percorsi. Però prima o poi si deve pur cominciare. Arriva l’ora, non c’è altro da aggiungere a quello schema, la scaletta c’è, i personaggi sono definiti dalla A alla Z, sappiamo perfino quante volte vanno in bagno, ma una voce inizia a martellare: “no, meglio se riguardo questo, o aggiungo quell’altro. No, lui non è ancora perfetto”, e arrivati a quel punto, quello di prendere la penna in mano, già si parte sfiniti, persino intimoriti dalle aspettative del proprio enorme, magari super ambizioso, programma. Oppure ci si rende conto che i programmi fatti non possono adattarsi alla storia o al personaggio, tanto lavoro per nulla, ci si dice.
Per i “libertini” le uniche cose che possono accadere, tremende allo stesso modo di quelle dei “pianificatori”, sono che la fiamma dell’entusiasmo si affievolisca fino a spegnersi prima di arrivare alla fine, o che a un certo punto della storia non si sappia più come proseguire, si perde l’orientamento, o peggio ancora può succedere di lasciarsi spaventare dal traguardo invisibile, dalla consapevolezza che non si ha la più pallida idea di dove la storia voglia portare. Dietro l’angolo c’è il nulla, l’inaspettato, il possibile mostro in agguato, e a volte questo può interrompere il cammino.

Ciò che è sicuro è che un metodo per procedere nella scrittura lo si deve avere, anche solo delle vaghe “istruzioni per l’uso”.
Delle regole precise non ce ne sono, l’unica cosa che si può fare è provare a trovare la propria strada facendo tesoro dei consigli dei professionisti, di chi la scrittura la insegna, la respira da decenni, e tentare di applicarla alle vostre abitudini e inclinazioni. Del resto non siamo tutti uguali, ognuno troverà il metodo con cui si troverà più a suo agio. E verrà naturale, avrete quell’idea che vi gira in testa e piano piano capirete come va gestita, forse non sempre sarà il metodo adatto, forse dovrete tornare indietro di qualche passo, ma il metodo verrà da sé. Secondo me costringersi a seguirne uno non è utile. Il mio consiglio è semplicemente di lasciarvi andare, ma non prima di aver studiato una buona quantità di libri di scrittura, di aver fatto vostri quei concetti; assorbiteli, lasciateli liberi e il vostro personale metodo salterà fuori. Magari non accadrà alla prima esperienza, e non alla seconda, ma succederà. Ciò da cui non si può assolutamente prescindere è un blocchetto, di carta o non, va bene anche qualche App, come Evernote, o un foglio spiegazzato, è uguale, ma mettere nero su bianco le idee che sorgono intorno a un’altra è indispensabile. Poi potreste anche non sentire mai più il bisogno di riguardarle, ma servirà lo stesso per dare un ordine mentale.

Nella seconda parte vi parlerò dei “metodi” sperimentati. Per ora vi saluto!

 

Ilaria Pasqua – Autrice della trilogia distopica “Il Giardino degli Aranci”

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