Tempo fa ho scritto una lista volutamente provocatoria di modi sbagliati per promuovere la lettura in Italia da parte di editori, media, sistema scolastico. Tra i commenti che ho ricevuto, mi è stato fatto notare che in particolare la letteratura di genere (nel senso di: tutto quello che non è narrativa contemporanea o storica) in Italia è ancora benvista come un cane in chiesa, almeno da un certo tipo di pubblico “intellettuale”, cioè quello con la giacca di tweed e il giornale arrotolato sottobraccio. Se poi si osa parlare addirittura di narrativa fantastica, puoi già percepirne il cipiglio.
Volevo quindi scrivere un articolo sulla letteratura fantastica (o, in generale, “di genere”) e la sua dignità, ed ero a metà strada, poi mi sono detto “ma che palle”! L’argomento è talmente vasto e complesso che richiederebbe almeno una serie di articoli, se non un vero proprio libro, per essere sviluppato degnamente. Entrano in gioco infatti numerosi “conflitti” ad incasinare la narrazione:
- “Serietà” vs “Svago”
- “Tradizione” vs “Modernità”
- “Classico” vs “Moda”
- “Realismo” vs “Fantasia”
- “Cultura” vs “Tecnologia”
- “Adulti” vs “Giovani”
C’è insomma da mettersi le mani dei capelli, perché le categorizzazioni rigide sono sempre una riduzione della complessità che, più che semplificare, banalizzano e appiattiscono lo stato delle cose (anche perché, per dirne una, ci sono tanti bei signori – e signore – in là con gli anni che sono cresciuti a pane e fantascienza…). E allora, ho avuto un’intuizione: la narrativa fantastica non ha certo bisogno che un pincopallo come il sottoscritto la difenda… perché, beh, ha già vinto: negli ultimi anni è sempre più accresciuta di popolarità. Dal momento che, beh, ormai un articolo sul tempo l’ho iniziato e qualcosa dovrò pur scriverci, vi faccio giusto i primi esempi che mi saltano in mente.
Le serie TV
Gli ultimi anni hanno poi visto un boom in termine di qualità (prima) e popolarità (poi) delle serie TV: si è passati dall’accezione quasi negativa “telefilm”, che spesso e volentieri erano considerati prodotti secondari rispetto alle “pellicole”, al successo di Netflix e altri servizi in streaming. Cosa c’entrano i libri e il fantastico, direte voi? Beh, non è ovvio? La letteratura fantastica (e fantasy in particolare) si è spesso e volentieri concretizzata con i celebri “mattoni”, che spesso e volentieri superano le 500 pagine, per non parlare delle trilogie, delle saghe e quant’altro. Condensare tutto questo ben di dio in un film di due ore è un bel casino, e pochi ci sono riusciti con buoni risultati; diverso il discorso delle serie TV, che permettono di dare il giusto “spazio”. E quindi, le serie di maggior successo negli ultimi anni sono perlopiù di genere fantastico!
Il caso di Game of Thrones è il più ovvvio, ma anche la prima vera “serie moderna” di successo, Lost, fa ampio uso di elementi fantastici, e Stranger Things arriva a mischiare insieme vari generi, con un effetto molto “kinghiano”. Ne potrei citare altre decine, e non è un caso se tra le serie più interessati in uscita l’anno prossimo sono quasi tutte fantasy o sci-fi. E chissà cosa succederà quando uscirà la serie ispirata al Signore degli Anelli…
Il Fandom
Un termine che forse il nostro caro intellettuale con le toppe ai gomiti della giacca non ha mai nemmeno sentito, o che al più minimizzerà con un alzata di spalle e un gesto poco educato come una moda da ragazzini. Eppure, la generazione cresciuta con Harry Potter, il primo vero “fenomeno culturale” ad aver dato vita a un fandom così diffuso sul web, ha ormai superato i trent’anni, e se gli chiedi “Dopo tutto questo tempo?” ti risponderà immancabilmente: “Sempre”. Perché poi, Dungeons & Dragons e praticamente tutti i giochi di ruolo, prima su carta e poi su video, non sono a loro modo un espressione del fandom de “Il Signore degli Anelli“? Internet in fondo ha solo dato spazio a tendenze già in via di sviluppo, quindi tutto fa pensare che non siano affatto fenomeni passeggeri o per adolescenti: si può essere benissimo appassionati a qualcosa a 30 o 40 anni come a 15, dai. Quando un fenomeno culturale genera una comunità di proseliti che generano continuamente nuovi contenuti, più efficace di qualunque campagna di marketing, puoi stare sicuro che ha lasciato il segno. E, fateci caso, i fandom riguardano proprio il fantasy. O, recentemente, le band k-pop… che però penso siano più “culturalmente affini” a un frequentatore di fiere del fumetto che al già pluricitato intellettuale!
Ma poi, basta guardarsi intorno!
A proposito di fiera del fumetto fin troppo facile ignorare il successo di Lucca Comics e delle decine di festival analoghi che stanno spuntando come funghi (beh, almeno in epoca pre-covid…) dicendo che “è roba che non c’entra con i libri”. Perché, scusate, quanto c’entrano con i libri Salvini (o un politico di sinistra a caso) o Chef Rubio che generano file interminabili al Salone di Torino? Intanto, nello stand del piccolo editore dieci metri più in là, vige una quiete spettrale, interrotta solo da qualche astante sperduto ogni tanto, che chiede dove sono i bagni. Al Lucca Comics invece c’è folla dappertutto: tra un cosplay e uno stand di cibo giapponese, si celebra lo splendore dell’evoluzione della sottocultura fantastica, un tempo – quello della mia adolescenza – appannaggio di una ristretta cerchia di nerd che popolava al più le fumetterie e le prime comunità online, ma che ora ha raggiunto una dimensione palesemente mainstream.
Per il momento i grandi editori si sono aperti a questo nuovo mercato più che altro con instant book degli youtuber più popolari, ma credo che le contaminazioni ed influenze saranno col tempo sempre più inevitabili, nel bene e nel male.
Oltre alle fiere comics and games, recentemente battezzate anche “nerd” (cosa che non mi convince molto, ma servirebbe un articolo a parte per parlarne…), dove i libri non saranno la killer application ma sono comunque presenti in molti stand, qualcosa si muove anche in ambito strettamente “letterario”: Stranimondi, rassegna letteraria organizzata da Delos Books tutta dedicata alla letteratura fantastica a cui abbiamo anche partecipato in due occasioni, non avrà orde di frequentatori in cosplay, ma ha senz’altro una bella atmosfera.
Meanwhile, in Italy…
Chi legge letteratura di genere, e fantastica in particolare, spesso ha propensioni più “esterofile” rispetto al lettore medio, ed è probabilmente uno dei motivi per cui è ancora vista male dal nostro caro intellettuale. Le motivazioni sono tante, ma diciamo che la curiosità per “l’altro”, nel senso di “non reale”, spesso si traduce anche in curiosita per altre culture. Questo ha portato a una spiacevole conseguenza: molti, purtroppo, considerano gli autori italiani “di serie B”; certo Licia Troisi ha venduto tanto da noi, ma mi viene da pensare che se si fosse chiamata Lucy Truce forse avrebbe ricevuto qualche critica in meno; può piacere o non piacere, chiaro, ma è indubbio che lo snobismo esista anche nella letteratura di genere… Detto ciò, “Lo Chiamavano Jeeg Robot” ha recentemente dimostrato che un film con premesse fantastiche, che cita addirittura un vecchio cartone giapponese, può raccontare la realtà lugubre della periferia italiana molto meglio dell’ennesima opera “impegnata” che rimescola le solite tre e quattro tematiche: crisi nelle relazioni, crisi di identità, crisi economica, crisi di nervi…). Certo, i cliché ci sono anche nel fantastico, ma almeno, per definizione, si vede qualcosa di nuovo. E sulle potenzialità in termine di impatto visivo penso che non abbia bisogno di spiegare alcunché.
Per concludere…
Bene, questi sono gli esempi più palesi, almeno secondo me, ma se ne potrebbero fare decine di altri: il fantastico è in grandissima forma nella produzione “culturale” di oggi, sia in termini di popolarità che, azzarderei, anche di qualità (beh, chiaramente non sempre…). Per concludere: il senso di tutta questa pappardella non è di voler criticare chi, editore, scrittore o lettore, non ama la narrativa di genere e quella fantastica in particolare: ognuno ha i suoi gusti, del resto. Ognuno è libero di pubblicare, scrivere o leggere quello che preferisce, è sacrosanto. I rischi, per chi schifa a priori il fantastico, sono però ogni anni più evidenti: innanzitutto quello di trovarsi sempre più isolati, perché ormai fantasy, fantascienza et similia sono sempre meno “di nicchia”; e poi, quello di perdersi sempre più opere di ottima qualità. Ne vale la pena, solo per fare gli splendidi?
Chiudo con qualche ulteriore spunto:
- “La bellezza della lettera di genere” sul blog “Penna blu”
- “Perchè amo la letteratura di genere” sul blog “Inchiostro, fusa e draghi”
- Ovviamente, la nostra collana Fantasy, se volete dare una chance a un autore italiano emergente…
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