In questo articolo, scritto un anno dopo l’inizio della nostra attività, elencai i pro e contro della professione di editore digitale. Da allora di anni ne è passato un altro, ci sono state pubblicazioni, fiere, progetti, esperimenti, consulenze, incontri, webinar e quant’altro. Rispetto al primo anno, dove tutto è nuovo e frenetico, forse ho imparato qualcosa in più su come gestire questa professione senza rimetterci la sanità mentale, semplicemente attraverso la necessità.
In questi due anni, ho imparato a:
– Gestire il mio tempo
All’inizio, hai così tante idee in testa, così tanti progetti da realizzare e così tanta necessità di far entrare qualche quattrino in cassa che non riesci a fermarti, letteralmente. Lavori troppo, e quindi lavori male e in modo poco produttivo, e le poche volte che ti svaghi non riesci a godertela pienamente perché ti senti in colpa, non riesci a uscire da quella “bolla” che Irvine Welsh descrive nell’incipit de Il Lercio. Quando per necessità ti imponi degli orari, dei tempi in cui staccare, ti rendi conto il che tutto sommato lavori con più serenità (e quindi, meglio) e ti diverti di più, in generale: la tua vita è migliore.
– Non dire sempre sì
Relativamente al primo punto, sapere di non poter gestire giornate lavorative da 14 ore ti pone un altro problema: non puoi fare tutto. Ma c’è di più: ti rendi conto che dicendo sì a chiunque ti proponga qualcosa, alla fine finisci spesso per fare molte cose in cui non credi davvero ma che ti senti in dovere di fare per fare contento qualcun altro, e quindi le fai di fretta, senza stimoli, e ottieni risultati scarsi se non controproducenti. Impari quindi a prendere più tempo per valutare, magari non da solo ma con lo stimolo di un terzo, cosa è davvero importante per il tuo progetto e cosa può essere posticipato oppure proprio “tagliato”.
– Delegare
Quest’anno per la prima volta non abbiamo avuto solo collaboratori occasionali, ma due tirocinanti laureande in scienze della comunicazione. Ho quindi scoperto una cosa nuova: delegare è un casino! Fare “il capo” sembra il lavoro più bello del mondo ma, soprattutto se ci tieni alla qualità dei risultati, lasciare fare quello che era il “tuo mestiere” a un’altra persona è più difficile di quello che credevi. Per un semplice fatto: chi fa una cosa diversamente da te non è detto che la faccia peggio di te. Anzi! Solo che spesso non te ne rendi conto, e tu e il tuo collaboratore finite per pestarvi i piedi a vicenda. Quando invece capisci il valore aggiunto che può dare una prospettiva differente, anche il tuo lavoro ne beneficerà.
– Cambiare idea
In relazione con il punto precedente: hai passato la gioventù a prendere in giro i matusa che “l’unico modo per far bene una cosa è il mio” o “si è sempre fatto così, quindi continuiamo”, per renderti poi contoa che… sei diventato così anche tu! A volte non si tratta nemmeno di voler mantenere un’abitudine o aver paura di cambiare il proprio lavoro, ma d’incapacità ad accettare di avere, beh… sbagliato. “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi“, diceva Einstein. E quindi va bene che l’ha detto Steve Jobs, ma ogni tanto si può anche rinunciare ad essere folli… e pure ad essere affamati.
– Prenderla come viene
Ho passato buona parte del mio primo anno da editore digitale a incazzarmi. Con la mia socia, con i collaboratori, con gli autori, con i clienti, ma soprattutto… con me stesso. Dal momento che, a differenza di un lavoro da impiegato o su consulenza, gestire un’attività propria significa avere tutto sulle tue spalle, finisce che le emozioni si amplificano, quelle positive… e quelle negative. Quindi, dopo un esame di coscienza, mi sono reso conto che la filosofia che dovrei applicare non è quella del già citato Steve Jobs, ma quella di Jeffrey “Drugo” Lebowski, cioè prendere le cose un po’ come vengono. Che non vuol dire fregarsene, ma semplicemente accettare che la vita è fatta di “qualche strike e qualche palla persa”.
Beh, ok, rileggendo mi sono reso conto che quello che ho scritto non si applica nello specifico a un editore digitale, ma probabilmente a qualunque libero professionista o micro-imprenditore. In fin dei conti, siamo un po’ tutti sulla stessa barca. L’importante è continuare a remare, sperando che il vento soffi nella giusta direzione.
Davvero un bel pezzo. Peraltro molte di queste lezioni si applicano non solo all’editoria, ma a un po’ tutto nella vita.
Grazie! Sì, arrivando alla fine mi sono accorto che l’articolo sembrava un po’ troppo generico, ma in fin dei conti è la dimostrazione che l’editoria digitale è un mestiere come tanti altri.
concordo in pieno.