Salve, sono Marco Frullanti, forse vi ricorderete di me per articoli come “Lavorare da casa: com’è veramente” e “Cose che ho imparato facendo l’editore digitale”. Mi prendo di nuovo un piccolo spazio di questo blog per parlare non di libri o visual novel, ma di quello che ci sta dietro: il lavoro delle persone. Che, mi rendo conto, non è proprio il tema più spassoso del mondo, ma dato che la pagnotta in qualche modo ce la dobbiamo pur sempre portare a casa, e che secondo accurate stime dell’INPS la generazione di noi nati negli anni ’80 andrà in pensione nel XXII secolo, se va bene, a questo punto è meglio farci piacere il più posssibile quello che facciamo, no?
Se dovessi indicare d’impulso un aspetto che non mi piace della mia vita professionale e che, potendo, accantonerei del tutto o quasi, non ho dubbi: potrei salvare le mail urgenti della domenica mattina e persino i discorsi in pubblico, ma farei volentieri a meno delle telefonate.
Per non risultare troppo spocchioso o asociale, mi tocca fare alcune premesse:
- Sì, so che la comunicazione orale è spesso più “ricca” di quella scritta e permette di approfondire meglio i rapporti tra due persone, ma non è detto che, in ambito professionale, ciò sia per forza una buona cosa. Nel tempo libero ho più piacere a chiacchierare del più e del meno con un caro amico che a scrivergli su Whatsapp, ma nell’arco della giornata lavorativa il tempo è tiranno e purtroppo non sempre posso permettermi di discorrere beatamente di sport, ortaggi o day-trading.
- Sì, so bene quanto aspettare di ricevere una mail per “sbloccarsi” possa essere frustrante, ma le nostre priorità non sempre coincidono con quelle deglli altri, e la comunicazione scritta ha il grosso vantaggio di poter essere gestita in modo asincrono, cioè quando siamo meglio predisposti. E personalmente, anche quando ho una certa urgenza, preferisco aspettare un po’ per ricevere una risposta dettagliata via email che avere subito una risposta affrettata e approssimativa perché, nel momento in cui l’ho chiamato, il destinatario era impegnato o aveva altro per la testa.
- Sì, lo so che in fin dei conti mi sono scelto un’ottima professione per uno che odia le telefonate, visto che ci sono giorni che non ne ricevo proprio, mentre in altre posizioni e ambiti si sta sempre al telefono, e quindi sono un po’ un frignone a scrivere questo articolo. Ma se augurarsi di migliorare le cose invece di accontentarsi che non vadano proprio da schifo fa di me un frignone… beh, allora mi vanto di esserlo!
Bene, ora, dal momento che in questo tipo di articoli va di moda fare, appunto, il frignone, ecco i cinque motivi per cui odio le telefonate di lavoro:
- Il bello di essere un cosiddetto lavoratore autonomo è che, in teoria, decido io quando lavorare e quando non farlo. Se però devo essere sempre disponibile a ricevere telefonate negli orari “convenzionalmente lavorativi”, vuole dire che non posso mai davvero sentirmi libero di gestire il mio tempo dalle nove di mattino alle sei di sera dei feriali (beh, spesso anche oltre…). E allora vuole dire che non decido veramente io! Certo, non amo molto nemmeno chi mi tempesta di messaggi privati alle 11 di sera o chi mi invia una mail domenica a mezzogiorno e pretende una risposta urgente, ma quello è un altro discorso…
- Come essere di sesso maschile, sono biologicamente inadatto al multitasking e mi risulta molto faticoso ritrovare la concentrazione dopo averla persa. E niente ti fa perdere la concentrazione come il rumore della suoneria (ma pure, nel mio caso, le vibrazioni dello smartphone); anche se poi scelgo di ignorare la chiamata, ormai la frittata è fatta: una telefonata arrivata nel momento sbagliato mi predispone già male, mentre per le mail mi basta aspettare di avere tempo a disposizione e umore non disastroso prima di leggere e rispondere. Certo, ci sono persone che quando ricevono una chiamata in riunione non riescono a nascondere un sorrisino perché gli piace l’idea di apparire pieni di impegni, ma non è proprio il mio caso.
- Può non sembrare, ma nel mio piccolo sono un perfezionista. Mi piace rileggere le email per epurarle di eventuali errori formali o di contenuto: la considero una forma di rispetto per il destinatario, chiunque egli sia. Al telefono, questo non è possibile: è sempre “buona la prima”, e quindi se mi scappa di dire un’emerita cavolata (capita anche ai migliori quando non si aspettano una domanda o sono nervosi) oppure mi esce un “piuttosto che” in funzione disgiuntiva, mi viene da mordermi la lingua e/o imprecare. Ma al telefono non posso farlo, ulteriore frustrazione!
- La memoria non è il mio forte, non ci posso fare niente. Se ci tenete che mi ricordi di qualcosa, vi prego, comunicatemela in forma scritta. C’è un motivo per cui mia moglie mi scrive sempre le liste di cose da comprare, dopo l’ennesima volta che mi ero dimenticato che la farina andava presa 00 e le uova in confezione da 6. Inoltre, quando devo fare il punto della situazione su un progetto, mi capita spesso di rileggere almeno le ultime mail che ho scambiato con le persone coinvolte; se invece devo pensare alle ultime cose che ci siamo dette al telefono, tanti auguri. Sì, a volte c’è la classica mail di sintesi post-telefonata. Ma se mi devi riscrivere le cose che mi hai detto a telefono, non potevi scrivermele in primo luogo senza telefonarmi?!
- Questa è una fisima mia, ma che credo comune a molto introversi: quando ho a che fare con persone che conosco poco e/o con cui non ho molto confidenza, prevedere in anticipo la conversazione che avverrà mi rasserena un bel po’: è la classica cosa che si fa prima dei colloqui di lavoro del resto, o sono io a essere strambo? Per questo motivo, se mi telefona una persona che non sento da un po’, sono restio a rispondere al volo: anche solo sapere preventivamente se vuole lamentarsi, se ha bisogno di aiuto oppure se gli è venuta un’idea per un nuovo progetto mi aiuta a sentirmi più tranquillo.
Quindi, chi invece preferisce il telefono alle mail (per tutte le sacrosante ragioni del mondo; come a me può sembrare strambo uno che si trova meglio con le telefonate, a loro sembrerò strambo io) deve smettere di avere a che fare con me, o deve per forza adeguarsi alle mie esigenze? No, esistono soluzioni di compromesso: l’ideale sarebbe anticiparmi via mail il motivo per cui mi vuole parlare, e concordare un appuntamento, in modo che io possa gestire il mio tempo e “arrivare preparato”. Ma anche solo un messaggino preliminare del tipo “Posso chiamarti ora?” aiuta. Sì, forse sono io ad essere strambo, ma che c’è di male, in fondo?
PS: odio anche i messaggi vocali su Whatsapp, persino più delle telefonate, ma quello è un altro discorso che meriterebbe un articolo a sé… ai tempi del Nokia 3310 perdevate ore per digitare gli SMS; ora che avete tutti uno smartphone comodissimo per scrivere, perché non lo volete più fare?!
Articolo divertente e scorrevole, oltre che molto veritiero (per quanto mi riguarda). Le telefonate sono sempre state il mio “cruccio”, ne farei a meno e non solo lavorativamente parlando. Molto meglio la comunicazione scritta!