Il dramma di ogni nato dopo dopo il 1980 che vuole in qualche modo lucrare sulla vendita di beni puramente digitali è che ha sicuramente passato l’adolescenza tra un programma peer to peer e un sito pirata di torrent a scaricare l’impossibile. E quindi, di fronte al puntuale commento “Sì, vabbè, magari un paio te li compro pure giusto perché sei mio amico, ma quella roba lì chi la compra? La scaricano tutti dai torrent” non so mai che cosa rispondere.

Che la pirateria, cioèscaricare aggratis file messi in commercio regolarmente, è illegale e criminale? Sarei ipocrita.

ebook e pirateria

Che ci crediate o no, questa è stata una delle prime immagini che ho visto su internet

Che non mi interessa se la gente pirata i miei ebook? Beh, non sarei completamente onesto neanche in questo caso. Io lavoro per vendere beni digitali, la bolletta me la deve pagare chi scarica il torrent?

Che uno fa bene a piratare gli ebook di scrittori ed editori famosi fintanto che sostiene gli indie e i pesci piccoli? Beh, potrebbe essere un compromesso, ma sicuri che sia eticamente corretto?

E quindi?

I ventenni di oggi ritengono forse assurdo pagare per un bene digitale e quindi il mercato degli ebook si basa su una bolla (gli over 40 o in generale i meno smanettoni) destinata a scoppiare ancora prima di diventare grande?

Eppure il successo di servizi che vendono files in download è innegabile: le applicazioni che usiamo sui cellulari non sono così difficili da piratare, eppure è un mercato in crescita continua. iTunes non mi sembra un servizio per soli sfigati, e nemmeno Netflix. Tantissimi videogiocatori spendono un sacco di soldi su Steam e GOG. E la stessa crescita costante del mercato degli ebook un po’ in tutto il mondo sembra negare che la pirateria rappresenti davvero un problema.

Eppure, la battutina del “Hai pubblicato un ebook? Figo, girami il link al torrent” continuo a riceverla sempre più spesso.

E allora noi che vogliamo campare vendendo beni digitali che dobbiamo fare? Strapparci i capelli? Incazzarci inutilmente? Mandare il CV alle poste? Trovare fonti alternative di business? Puntare tutto sui DRM?

Niente di tutto ciò (oddio, le fonti alternative di business magari non sono da buttare). Sappiamo benissimo quello che dobbiamo fare: fare percepire il valore di quello che stiamo facendo.

Ho letto il libro “Free” di Chris Anderson, che spiega molto sulle logiche dell’economia del bit. Se dai qualcosa gratis, ed ha un valore, la maggior parte della gente non si fa problemi a pagarti il giusto in seguito. È un modello economico che ormai siamo abituati ad accettare, pure inconsciamente. E noi qualcosa di gratis la diamo già: informazione e humor sui nostri social network, coinvolgimento, interazione. Estratti, sinossi, materiale promozionale, booktrailer. In futuro, faremo di tutto per dare ai nostri potenziali clienti ancora più servizi gratuiti. Dite che il valore di tutto ciò non è alla fine così grande? Beh, neanche i nostri ebook costano tanto, alla fine.

ebook e pirateria

E quindi, se vuoi spendere qualche euro per leggere ebook di autori emergenti italiani nel formato che è più adatto per te e pronti da leggere sul tuo e-reader, tablet, telefonino o pc, ne saremo felici. Se dici che è da sfigati comprare ebook ma poi spendi dieci euro per un mojito o 300 per un paio di jeans, sopravviveremo. Non sta a noi giudicare la gente per come spende i propri soldi. A meno che non si tratti delle Hogan. Per quelle non c’è giustificazione.