Siamo lieti di ospitare la sesta tappa del giveaway di un bel libro di un autrice emergente italiana. Oggi ve lo presenteremo… insieme a un estratto gratuito!
Dati e sinossi:
Titolo: “Into The Sun”
Autrice: Annabelle Lee
Editore: autopubblicato
Data di uscita: 24 giugno 2016
Genere: Romanzo Contemporaneo, Romance, New Adult
Prezzo: 4.99€, in offerta di lancio a 2.99€
Formato: ebook (in vendita sulle maggiori librerie online)
Lunghezza: 250 pagine (circa)
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/Jade-dAngelo-1673206486292451/
Pagina Instagram: https://www.instagram.com/jadedangelo/
Pagina Twitter: https://twitter.com/jadedangelo
Ebook su Amazon: (attivo dal 21 giugno)
Sinossi:
Se una cosa è troppo bella per essere vera, allora forse non lo è.
Già, le avvisaglie c’erano tutte. Eppure la bella e disincantata Jade ha deciso di andare avanti lo stesso, lasciandosi ammaliare da Sebastian, il tenebroso uomo che sembra avere il mondo ai suoi piedi. Dopotutto, è divertente giocare quando non si ha nulla da perdere, avrà pensato la smaliziata donna, pronta a ridefinire i ruoli in quello che è il classico gioco del gatto col topo.
In un’assolata e moderna Los Angeles, fra dimore da favola e situazioni sopra le righe, Jade vive la sua storia con leggerezza, certa degli inesistenti happy-end. Ma non ha fatto i conti col potere persuasivo di Sebastian che, forte del suo misterioso carisma, la incatena a se in un vortice di emozioni a cui Jade non riesce a dire di no, pur percependo la china pericolosa su cui sta scivolando.
E se tutti siamo alla ricerca della felicità, fin dove ci si può spingere per trovarla? E qual è il prezzo da pagare?
Se una cosa è troppo bella per essere vera, allora non può mai esserlo?
Il calendario:
Giovedì 16: | Estratto Gratuito I | Perché lo dice Krilli |
venerdì 17: | Playlist – Canzoni citate nel romanzo | Lo stupendo mondo dei libri |
sabato 18: | Presentazione dei personaggi | Toglietemi tutto ma non i miei libri |
Domenica 19: | “Gioca con me” – Domande ai lettori | Gli scrittori della porta accanto |
Lunedì 20: | Estratto Gratuito 2 | Nativi Digitali Edizioni |
Martedì 21: | Intervista all’autrice | Le storie di Erielle |
Mercoledì 22: | Estrazione e annuncio dei vincitori | Pagina Facebook “Jade d’Angelo” |
Puoi vincere tre copie dell’ebook in palio!
L’estratto Gratuito, tratto dal Capitolo IV “Il Gala”:
Sabato è sempre un giorno incasinato e questo lo è ancor più del solito. Dopo l’animatissima serata di ieri passata insieme a Sebastian a: provare a mettere lo smalto sulle unghie (lui a me, ovviamente), mangiare gelato servito sul corpo dell’altro con consequente cambio di lenzuola, addentrarci in un’incomprensibile spiegazione su Nikkei e Nasdaq, scrivere report, fare la doccia, rimettere lo smalto sulle unghie – non in questo preciso ordine – , ci siamo finalmente addormentati, esausti, ma felici come due bambini. Ovviamente non ricordo nulla della Borsa, in compenso ho scoperto che le proprie capacità amatorie dipendono in gran parte dalle altrui capacità di tirarle fuori da noi.
La mattina il sole splendeva allegro e l’aria odorava di marshmallows – o forse era solo il mio naso. Comunque sia, sembrava la giornata perfetta per innamorarsi. Certo!
Sebastian mi portò a fare colazione in un posto molto francese, dove i croissant erano deliziosamente soffici e il tè Dammann che servivano mi fece l’effetto proustiano delle madeleines. Ma dovetti ritornare subito alla realtà: urgeva decidere il piano per la giornata. Dopo qualche scontro sotto voce, rimanemmo d’accordo che non poteva venire a prendermi a casa con la limousine, avrebbe riutilizzato quindi la Prius per andare al ricevimento. Poi Sebastian mi diede la sua benedizione per spendere tutti i soldi che ero in grado (cosa assai pericolosa), la raccomandazione di chiamarlo per qualsiasi necessità e mi accompagnò al lavoro, congedandosi da me con un bacio mozzafiato che mi fece dimenticare tutto quello che era stato detto prima.
La mattinata scivolò via in un vortice di ansie dovuto all’arrivo del mio capo. L’esposizione delle camicie era finalmente terminata e il risultato mi piaceva molto. Generalmente parlando, ero abbastanza soddisfatta del mio lavoro in questi sei mesi losangelini: i feedback erano positivi, i clienti apprezzavano la sobria eleganza dei miei allestimenti e lo Store Manager – senza sbilanciarsi troppo – sembrava approvarmi. Tuttavia, il mio capo non mi dava mai tregua e il suo carattere volubile mi procurava sempre parecchio stress.
Arrivò per pranzo insieme al Sales Manager e organizzarono all’istante un meeting per una specie di aggiornamento generale sui sei mesi di attività dello Store. Tirare le somme, in poche parole. Passai più di due ore nella sala riunioni provando con tutte le mie forze a concentrarmi su quello che odio di più nel mio lavoro: i numeri. Odio i numeri, le percentuali, i grafici e i file excel, non capisco quasi niente e ogni volta che si tratta di questo, la mia mente creativa vola alla ricerca degli Eterni Campi da Caccia. Mi serve uno sforzo erculeo per ritornare ai fogli di carta che il mio capo elargisce entusiasticamente ogni volta, e pretendere di essere assorbita dal suo discorso incomprensibile! Quello che ho capito da tutta questa solfa di oggi è che il negozio sta andando leggermente sopra le aspettative e che, continuando così, sarà confermata la seconda apertura fra sei mesi a New York. Solo che il capo ci ha messo più di due ore per dirlo!
La seconda metà della giornata volò rapidamente, la parte più difficile (dopo il meeting) fu quella di evitare di essere coinvolta nella serata sushi organizzata dal capo, ma me la sbrigai con un’innocente bugia su un precedente impegno con un’immaginaria amica. Imperterrito come sempre, il capo mi disse di invitare persino lei, ma… Che sfortuna, è allergica al pesce crudo!
Alle diciotto e trentacinque sono fuori dal negozio, finalmente libera! O almeno finché non incontrerò l’altro uomo che domina sui miei pensieri: Sebastian! Provo ad ignorare il tonfo che ho al cuore appena lo nomino mentalmente e inizio a concentrarmi su una delle mie attività preferite – poco complessa, ma molto gratificante – : spendere soldi! In questo, sono una vera professionista e vi farò qualche esempio: nel minor tempo possibile riesco a spendere la maggior quantità di soldi, oppure posso acquistare interi abbinamenti senza provare nulla e senza sbagliare una virgola o, per esempio, in un negozio di scarpe mi indirizzerò senza sforzo alcuno nella direzione del più costoso paio disponibile! Ora, tutte queste meravigliose qualità che possiedo sono, per la maggior parte del tempo, completamente inutili, ma in questo momento il tempo scarseggia e io devo trasformarmi nella regina del ballo in men che si dica! Quindi, bando alle ciance e andiamo a spendere!
Certo, spendere soldi altrui non mi lascia proprio tranquilla, inibendo il mio naturale entusiasmo per lo shopping, ma momentaneamente non vedo alternativa, quindi decido di sperimentare solo la parte positiva di quest’allegra attività.
Decido di fiondarmi nel primo negozio utile alla mia impresa: si tratta di Dior, che è giusto accanto a dove lavoro, quale miglior occasione? Non ci sono mai entrata, ma ho una stupenda Lady D bag presa sul loro sito online. Questi posti mi danno l’impressione di essere popolati solamente da addetti alle vendite pieni di sussiego e clienti arroganti, due categorie da cui mi tengo alla larga. Detto ciò, mi armo di superiorità e spingo l’altissima porta di vetro del negozio. Inutile dire che appena la tocco, si apre magicamente. Me ne accorgo solo dopo che una specie di imponente guardia/portiere non fa altro che aspettare che qualcuno sfiori la porta per compiere la sua magia. Ringrazio, sorridendo più del dovuto e mi lascio avvolgere dall’atmosfera ovattata del puro lusso. Cenerentola alla riscossa!
Come sospettavo, l’addetta alla vendita si materializza all’istante, altera e perfetta. Ci scambiamo un saluto freddo, mentre lei, dopo un unico sguardo, è in grado di indicare non solo la mia età e la mia estrazione sociale ma, scommetto, riesce anche ad indovinare i miei piani futuri, ignoti persino a me. Prima di farmi intimidire ulteriormente, sferro l’attacco:
“Stasera dovrei partecipare ad un ricevimento, sono alla ricerca di un abito con le spalle e la schiena nuda. Avevo in mente qualcosa di più sofisticato rispetto ai soliti abiti lunghi.”
L’ultima frase potevo anche risparmiarmela, ma si sa: in questi posti vendono solo dozzinali, orribili abiti lunghi!
“Capisco.”
La commessa pronuncia solamente questa parola ed è come se dicesse che le è perfettamente chiaro che gli abiti da sera Dior mi fanno schifo e che sì, provvederà immediatamente a crearmene uno, cucito addosso da Monsieur Marc Jacobs in persona, sofisticato abbastanza per potermi presentare al mio importantissimo ricevimento da due soldi. Non batto ciglio.
Dopo essersi eclissata per un paio di minuti, riemerge, portando due abiti nascosti nelle loro custodie.
“Prego!” mi invita telegraficamente, indicandomi la strada con il braccio teso. Seguo la direzione per il camerino, senza proferire parola. Prima di rendermi conto, la signorina Simpatia ha tolto gli abiti dagli involucri e gli ha appesi nella cabina di prova, appoggiando su una mensola anche due paia di scarpe abbinate. Tutto ciò senza chiedermi né taglia né misura di scarpa. Questa sì che sa il fatto suo! Ringrazio mestamente e mi infilo nella cabina, chiudendo velocemente la porta dietro. Mi fa quasi paura!
Le mie perplessità svaniscono appena poso gli occhi sugli abiti. Il primo che noto è una stupenda creazione in satin e organza color cipria, con delle strisce di raso nero applicate per creare un sapiente effetto di sublime semplicità. Mi tolgo la roba che ho indosso in un batter d’occhio e mi accingo ad infilarmi questo capolavoro di sartoria. Ha il bustino rigido, la gonna è a ruota, lunga fino a sotto al ginocchio sul davanti, terminando quasi a terra sul dietro, molto anni cinquanta. Riesco a chiuderlo con uno sforzo di agilità che quasi mi sloga la spalla (l’arpia lì fuori non mi avrà mai!) e m’infilo le scarpe in abbinamento, un décolletè cipria altissimo. Avida di curiosità, mi ammiro nel grande specchio del camerino che ho evitato accuratamente di guardare finora. E avevo ragione: l’effetto finale mi lascia senza parole. L’abito è stupendo, delicatissimo, con questa gonna meravigliosa che si apre come la corolla di un fiore sulle mie gambe, il colore etereo che mi dà un’aria di irraggiungibile sofisticatezza e mi rende, nel complesso, l’immagine dell’innocenza personificata. Non devo cercare altro.
Esco dal camerino e la faccia della commessa conferma il mio giudizio. Per quanto distaccata, non riesce a nascondere la sorpresa e, a mia volta, non posso fare a meno di riguardarmi nel grande specchio della stanza. L’abito mi ha trasformata in una delicata porcellana di Lladrò, conferendomi l’aura di un prezioso e raro cimelio dei tempi andati. È proprio vero che l’abito fa il monaco!
“Lei è bellissima.”
Il semplice complimento mi sorprende e sono costretta ad ammorbidirmi nei confronti della commessa. La ringrazio, ancora sorpresa da questa mia trasformazione.
“Che prezzo ha?” domando, fingendo indifferenza.
“Quattordici mila seicento dollari,” risponde lei, indifferente per davvero.
Allora è questo il prezzo della trasformazione?
“Deciderò mentre mi cambio” la informo, riuscendo a raggiungere il camerino senza svenire. Mando un messaggio a Sebastian: “Ommioddio, questo abito è troppo costoso perfino per un ricco!” e mi accingo a cambiarmi. La risposta arriva quasi instantanea: “Tu prendilo, così te lo potrò togliere!”. Sospiro sconsolata ed esco dal camerino:
“Lo prendo.”
Come sono debole dinanzi al futile!
“Desidera anche le scarpe?” s’informa l’addetta alle vendite, piena di sollecitudine. Sembra sorpresa dalla mia velocità decisionale, sorpresa almeno quanto me.
“No, grazie, utilizzerò un paio che ho già.”
Sono la donna più giudiziosa del mondo! Mentre mi autocongratulo per non aver intaccato ulteriormente le finanze di Sebastian, un orribile pensiero mi assale: come farò a portarlo a casa? Forse dovrei prendere un taxi, non mi sembra il caso di scorrazzare sugli autobus con un porta-abiti Dior appresso.
“Naturalmente, lo consegneremo all’indirizzo che desidera, se preferisce!” sento la voce della commessa. Ci metto qualche secondo per realizzare che lo dice meccanicamente, non è che mi legga nel pensiero! Dopotutto, anche noi offriamo questo servizio ai nostri clienti, perché sono poi così sorpresa? Sospiro sollevata e ringrazio la provvidenza per essere sempre dalla parte dei ricchi.
“Mi servirebbe fra un’ora, questo è l’indirizzo, grazie. È possibile consegnarlo in una confezione senza logo, per favore?”
“Nessun problema, signorina,” mi assicura lei, sorridente, mentre striscia la carta. Ho un sussulto al cuore nell’attendere l’esito del pagamento, ce l’ho sempre quando faccio spese folli: non sono mai certa che il mio conto reggerà la botta. Ma la carta non mi delude, infatti non si tratta del mio conto. Casomai, sono io a deludere me stessa nello spenderei soldi altrui, ma me ne faccio subito una ragione: chi mai resisterebbe ad un favoloso abito Dior?!
Ringrazio sinceramente la commessa e mi sbrigo a prendere l’autobus: devo arrivare in tempo per la consegna dell’abito.
Mi rendo conto solo ora che, da quando ho incontrato Sebastian, il tempo è volato come in un vortice di situazioni ed emozioni contrastanti, e che non ho ancora avuto modo di analizzare. E nemmeno le loro conseguenze.
Seduta finalmente sull’autobus che mi porta a casa mi lascio portare via dai pensieri, cercando di fare un punto sulla situazione. La mia analisi non segue un filo conduttore, infatti i pensieri schizzano via a caccia di logiche proprie, confondendo ulteriormente il quadro generale. Guardo fuori dal finestrino e mi ritrovo di nuovo a domandarmi che senso abbia tutto ciò. Inutile dire che sono la regina delle sciocche-domande-senza-senso-e-senza-risposta. Comunque. Gente che costruisce palazzi, gente che guida, andando da qualche parte, gente che cammina per strada o che mangia nei fast-food, come pesci in un acquario, tutti che si muovono o muovono cose, ma con quale ultima, suprema finalità? So che tutti hanno familiari di cui prendersi cura, persone che amano o che li amano, sentimenti da condividere, ma non mi sembra abbastanza. A che serve tutto questo al mondo, o all’universo? So che non è giusto avere questi dubbi, infatti mi sento in colpa nei confronti di tutte quelle brave persone che, ogni giorno, ce la mettono tutta per fare la cosa giusta, e poi arrivo io con le mie conclusioni e con i miei: Non è abbastanza! E mi sento in colpa perché, in fondo, sono anche io così, forse valgo addirittura meno degli altri da questo punto di vista, ma non riesco a non pensare che tutto ciò sia privo di senso. Essere un artista, comporre della musica, dipingere struggenti quadri o scrivere toccanti libri, questo magari può lasciare il segno… Dal nulla si creano nuove emozioni, si trasmettono idee, si costruiscono mondi. Dal nulla. Salvare gente ha un senso, essere utili pure, e so che anche i piccoli gesti di tutti giorni hanno la loro importanza, sono importanti per qualcuno, ma è quindi tutto così prospettico, importante solo se relazionato alle persone intorno a noi? E questo viaggio chiamato vita è solamente una mera illusione di poter piacere agli altri? Lo so, non ho nominato l’amore, ma non disperate, amici miei, per l’amore c’è un discorso a parte, solo che… Ora devo scendere! Chi se ne importa del senso della vita, devo correre a trasformarmi in un’irraggiungibile dea del desiderio.
Controllando l’ora, mi rendo che sono in tempo per fare un salto al supermercato, per poi aspettare tranquillamente la mia consegna di fronte al mio palazzo. Non vorrei spaventare il corriere obbligandolo a visitare non solo il quartiere, ma anche il mio favoloso alloggio. Eccolo, puntuale come un orologio svizzero: Mercedes nera, completo nero, maniere impeccabili. Tutto terribilmente fuori luogo. Firmo velocemente e afferro la custodia con l’abito, sperando che nessuno ci abbia visti. Una volta al sicuro fra le mura del mio appartamentino, tiro fuori l’abito dalla custodia e lo appendo sulla porta, rimanendo immobile a fissarlo. Sembra così inappropriato nella mia modesta casa e un pensiero mi sale spontaneo: sono io a essere inappropriata alla situazione! Ma è tardi per tirarsi indietro senza sembrare una povera pazza.
L’avviso di un nuovo messaggio interrompe le mie considerazioni, è Sebastian: “Pronta, ragazzina? Sarò lì in un’ora.” Un’ora?!? Ma come, ero così presa a sentirmi inadeguata e stupida e in colpa e fuori di testa, perché mettermi fretta?
In bagno mi trasformo in un mix di Speedy Gonzales e Napoleone, facendo più cose allo stesso tempo (ma niente di così fine come scrivere lettere e suonare il piano). Fatto sta che, in mezz’ora, riesco a depilarmi (maledetti peli!), farmi uno scrub e la doccia, ed eccomi pronta per la trasformazione. Avrei voluto rifarmi anche le unghie, pensavo al nero – una dea dark –, ma non c’è tempo, va bene quindi l’ovvio rosso.
Non indosso il reggiseno, dopotutto la commessa ha puntualizzato che è un modello d’alta moda, dovrebbe tenere ogni cosa al suo posto. Indosso l’abito e m’infilo un paio di scarpe nere altissime: andranno bene abbinate alla borsa di vernice che avevo l’altra sera. Il punto focale sarà comunque l’abito, e dentro l’abito ci sarò io, dovrebbe già bastare! L’unico problema sono i capelli, vorrei trasformarli in un delizioso chignon, ma che reggesse per tutta la serata. Ardua impresa. Usando tutta la mia pazienza, tutta la lacca per capelli che avevo in casa e raddoppiando il buco dell’ozono, riesco ad ottenere un risultato soddisfacente. Le ultime forze le utilizzo per il restyling del mio viso, sto passando per la terza volta il mascara – così sono certa di stendere chiunque solamente con un battito di ciglia –, quando suonano alla porta.
Il mio cuore fa un tonfo involontario. Mi faccio coraggio e apro, per poi fare un passo indietro in una posa da modella, provando a sembrare bellissima e disinvolta.
Sebastian è lì, sorprendendomi nuovamente con il suo fascino e la naturale eleganza. Indossa uno smoking che gli cade alla perfezione, i capelli stupendi (meglio dei miei) e ha un fuoco nello sguardo. Rimane in silenzio per un po’, contemplandomi dalla porta. O, almeno spero sia contemplazione! Faccio un giro su me stessa, presentandomi in tutto il mio splendore:
“Ebbene? L’abito vale i soldi?” dico la prima cosa che mi passa per la testa, che è anche la più sciocca. Ma perché non posso comportarmi come una signorina delicata, una volta tanto? Sebastian chiude lentamente la porta dietro di sé.
“Sei bellissima.” dice semplicemente, continuando a fissarmi. Mi sembra di aver colto un’impercettibile esitazione nella sua voce.
“Non sembri molto convinto” noto asciutta. Tutt’a un tratto non mi sento più così sicura di me stessa e, senza apparente ragione, mi sale una rabbia accompagnata da lacrime. Mi giro prima che lui mi veda, respirando profondamente e deglutendo per inghiottire il magone. Sento Sebastian che mi prende per un braccio, avvicinandomi al suo petto. Mi bacia come se fosse la prima volta. O l’ultima. Non riesco a fermare le lacrime. È così frustrante capire quanto è radicato in noi il desiderio di piacere! Una ragazza indipendente e moderna come me non riesce a fare scelte proprie senza bisogno di approvazione. È disgustoso!
“Ehi, guardami!” mi ordina lui, piano, asciugando il mio viso e baciandomi sugli occhi. Addio, sguardo assassino!
La rabbia si riversa su me stessa. Provo ad allontanarmi da lui, l’ultima cosa che voglio è farmi vedere piangere. Stupida ragazza. Lui mi tiene stretta fra le braccia, sussurrandomi con la sua voce decisa:
“Ora mi dici cosa sta succedendo!”
Lo guardo storto:
“Te lo dico, sì, quello che sta succedendo! Succede che non ti piace il mio vestito, ma invece a me sì! E non dovrebbe importarmi niente della tua opinione, eppure eccomi qua, a piangere e a farmi influenzare da quello che pensi!”
La spiegazione mi sembra chiarissima, invece Sebastian mi guarda confuso:
“Chi ha detto che non mi piace il tuo vestito? Se ho appena detto che sei bellissima?!” aggiunge, senza sembrare di aver capito.
“Sì certo, peccato che non sembravi molto convinto: hai esitato un attimo di troppo! Ma sai che ti dico, non importa! Questo è il vestito, questa sono io, e se non siamo abbastanza, ti arrangi!”
Sebastian continua a fissarmi perplesso, poi sbotta a ridere:
“Tu, ragazzina, sei una donna contorta che manderebbe fuori di testa qualsiasi cristiano!”
Ora, cosa centrano i cristiani? Mi fa la grazia di spiegarsi, dopo avermi baciata:
“Se, come dici tu, ho esitato, era solo perché sono rimasto sorpreso dalla scelta dell’abito, mi aspettavo tutto un altro genere. Tu mi sorprendi sempre e ora, in effetti, mi domando perché avrei dovuto aspettarmi qualcosa di meno. Sei stupenda, una moderna Grace Kelly sofisticata e inarrivabile, e questo abito sembra fatto apposta per te, creatura complicata e bellissima!”
Un altro bacio e sono definitivamente convinta.
“Ti deve piacere per forza, ti è costato un mucchio di soldi! Ma ti racconto dopo, non voglio rovinarti la serata,” concludo, sorridendo e incrociando le braccia intorno al suo collo. Profuma come l’uomo più bello del mondo. Lo bacio, dimenticando di respirare.
“Tu mi piaceresti anche vestita col famoso sacco di plastica,” mormora lui, succhiandomi il labbro e spingendomi verso il sofà. Lo respingo, decisa:
“Non ci pensare nemmeno, maniaco! Ci ho messo un’ora per rendermi presentabile!”
“E io ci metterò due secondi per strapparti tutto di dosso,” risponde lui beffardo, con un sorriso sull’angolo della bocca. Accarezza l’abito, partendo dal mio seno e scivolando verso la schiena. Mi ritiro, minacciandolo col dito davanti al naso:
“Tocca il mio abito e sarai morto! A proposito, posso tenerlo?”
“Non lo so, ci devo pensare… Di solito li colleziono,” replica, divertito.
“Grazie, grazie!” lo bacio velocemente, sfuggendo dalla sua presa. “Mi risistemo il trucco e arrivo!” spiego, fiondandomi nel bagno e aggiungendo a voce alta:
“E so cosa t’immaginavi mi fossi comprata! Un abito lungo, tutto fasciato e con le tette di fuori!” strillo, mentre mi sistemo il mascara.
Sento Sebastian ridere, mentre bussano alla porta.
“Puoi aprire tu, per favore? Deve essere uno dei miei vicini” chiedo dal bagno. Sento la porta aprirsi, finisco velocemente il trucco ed esco dal bagno. Nel salone, Sebastian è appoggiato ad un muro con le braccia incrociate e una strana faccia, sulla porta c’è Jamal, il mio amico afroamericano fissato con il body-building e la street-dance, che mi fissa con occhi stupiti.
“Ciao, Jamal!” lo saluto, garrula, baciandolo sulla guancia. “Sto andando a una festa stasera, ti piace il mio vestito?” Non attendo risposta, non è comunque in grado di darmene una. Mi rendo conto che non mi ha mai vista vestita con altro che jeans e t-shirt, questa trasformazione deve essere uno shock per lui.
“Sebastian, ti presento Jamal, un mio amico, anche lui vive nel palazzo,” mi rivolgo a un Sebastian di ghiaccio poi, sorridendo, mi giro verso Jamal:
“Jamal, lui è Sebastian, il mio cavaliere!”
Jamal non sembra apprezzare le mie presentazioni, si limita ad annuire svogliato, degnando Sebastian di uno strano sguardo, arrogante.
“Ti ho portato un cd,” mi informa, senza guardarmi.
“Perfetto, appena lo ascolto ti faccio sapere se possiamo organizzare una coreografia. Magari c’è qualche canzone interessante,” rispondo, cercando di sembrare più rilassata di quanto sia davvero. L’atmosfera ha un non so che di teso.
“Le canzoni sono ok,” mi informa lui, asciutto. “Ora vado.”
“Bene, grazie mille! A presto,” lo saluto, tenendo la porta per farlo uscire. Sono un po’ destabilizzata, non riesco a capire la ragione di tutta questa tensione nell’aria. Chiudo la porta, mentre medito alle possibili ragioni dello strano comportamento di Jamal. Disturbato da Sebastian o dalla sua palese ricchezza? Propendo per la seconda opzione, quando Sebastian interrompe i miei pensieri:
“Vai a letto con lui?”
Oh, dimenticavo che niente si paragona alla capacità di sintesi di Sebastian.
“Ma che stai dicendo, avrà come minimo dieci anni in meno di me!” ribatto, sorpresa, cercando di non scaldarmi. E non trovo la mia borsetta.
“Ed è un problema?”
Guardo Sebastian. Fa sul serio o mi sta prendendo in giro? È rimasto lì, addosso al muro con le braccia incrociate e atteggiamento combattivo. Mi piazzo di fronte a lui, pronta per dar battaglia a mia volta:
“Hai ragione, non è un problema. Infatti, lui non è niente male e poi… Ho sempre avuto un debole per uomini alti, scuri e più giovani di me! Ora sei soddisfatto, Torquemada?”
La mascella di Sebastian si contrae nervosamente, gli occhi diventano nere lame di acciaio. Ma deve aver notato il sorriso nel mio sguardo, perché mi attira a lui, baciandomi dolcemente:
“Mi stai prendendo in giro, ragazzina!”
Rido piano, nascondendo la faccia nel suo collo:
“Mi piaci tu, uomo tenebroso e più giovane di me! E spero tu non intenda domandarmi se vado a letto con ogni uomo che conosco!”
“Invece lo farò!” replica lui. Lo guardo, ritornando seria:
“Facciamo così: appena incrociamo qualcuno con cui ho avuto una storia, sarai il primo a saperlo! Ma non succederà mai,” aggiungo, decisa.
“Perché, sono tutti morti?”
“Smettila! Non sono morti, almeno lo spero per loro, è che sono tutte storie andate, fanno parte di altre epoche. Non frequento nessuno dei miei ex, non sono tipa da rimpianti. Ma, se io dovessi farti la stessa domanda, scommetto che la risposta non sarebbe la stessa!”
Sebastian apre bocca per ribattere, lo fermo, sigillandogli le labbra con un dito:
“So già la risposta, grazie! Vogliamo andare? Se facciamo un altro po’ di ritardo, arriveremo mentre gli ospiti se ne vanno!”
“Credo ci aspetteranno, tocca a me l’onore della premiazione,” m’informa Sebastian, divertito.
Certo, perché non ci ho pensato? Con un ultimo sguardo allo specchio, usciamo.
“Voglio che vieni a vivere a casa mia.”
Sebastian pronuncia la frase con tono noncurante, come se stesse parlando del tempo. Per fortuna sono aggrappata a lui per non inciampare sulle scale buie, quindi riesco a non cadere per lo stupore. Non so cosa dire, infatti non dico nulla.
“Hai sentito cosa ho detto?” domanda, mentre usciamo dal palazzo. Parcheggiata davanti c’è la Prius, Sebastian mi apre lo sportello e mi siedo, interdetta.
“Non sono sicura di aver capito bene,” confesso, dopo essermi sistemata la cintura. Sebastian mi guarda, non c’è segno di impazienza o disappunto sul suo volto, solo la sicurezza di chi sa quello che vuole. Lo stesso dicasi di me.
“Voglio che ti sposti e ti trasferisca a casa mia,” ripete la sua richiesta, un mezzo sorriso all’angolo della bocca. Mi starà prendendo in giro?
“Non credo sia saggio prenderti in casa qualcuno che hai appena conosciuto,” faccio notare, guardandolo a mia volta.
Ma certo, perché non sottolineare l’ovvio! Di sicuro lui non ci ha pensato. Mi maledico mentalmente e maledico anche lui per queste trovate piene di buonsenso.
“Mi prenderò il rischio,” m’informa, alzando le spalle e accendendo il motore. Mi guarda per un secondo, come per dirmi che sta parlando sul serio. Cosa devo fare io con lui? Sospiro:
“Non posso venire ad abitare a casa tua. È assurdo, e tu lo sai.”
“Perché?”
“Io non ti ho chiesto perché vuoi che venga a vivere da te!” ribatto, indisponente.
“E io invece lo voglio sapere,” replica lui, senza battere ciglio.
“Abiti troppo lontano dal mio lavoro!” La risposta può sembrare campata per aria, ma è un pretesto niente male, sono soddisfatta. Spero si possa chiudere qui, questa pazzia. Ma m’illudo troppo presto:
“Intendevo nella mia suite a Bel-Air, è vicinissima a dove lavori.”
Spiegazione limpida, le mie scuse se ne vanno in fumo. Non so cosa inventarmi, quindi opto per la verità:
“Sai che non posso andare a vivere con il primo che incontro,” chiarisco io la mia posizione, rendendomi conto però che è una posizione molto scomoda. La macchina sembra andare più veloce in seguito alle mie parole.
“Non sono esattamente il primo che incontri.”
Sebastian parla fra i denti, mentre sembra di volare sull’asfalto. Gli poso una mano sul ginocchio:
“No, tu non sei il primo che incontro. Tu sembri uno che non s’incontra mai nella vita e, se mai dovesse capitare, si dovrebbe fare qualsiasi cosa per non lasciarselo scappare! Rallenta!” chiedo, sommessamente.
Sento i suoi muscoli rilassarsi sotto la mia mano, la macchina torna ad andare entro i limiti di velocità.
“Allora, perché?” torna a domandare, asciutto.
“Perché non posso, perché sei troppo, non lo so perché!” elenco, esasperata. Litigare con Sebastian è un’esperienza sfiancante.
Il silenzio cala nell’abitacolo. Un po’ mi dispiace contrastarlo, Sebastian sembra davvero un tipo a cui non si riesce a dire di no. Ma ho fatto i conti troppo presto:
“Non sono troppo per te, e tu lo sai!” dice, calcando le parole per te. “O forse è proprio questo il punto…” continua, studiandomi da sotto le ciglia. Non dico nulla, mi limito a guardarlo a mia volta. La percezione dell’inevitabile finale stupendamente doloroso aleggia su di me sempre più forte. Sebastian mi attira a sé e mi bacia sui capelli. Poi aggiunge, piano:
“Lunedì devo tornare a New York, starò via una settimana. Voglio che nel frattempo ci pensi e, quando torno, voglio che vieni a vivere da me.”
Suggella la frase con un altro bacio e si prodiga in uno di quei sorrisi per cui potrei anche morire (credo). Rido:
“Sei un dittatore!”
Ride anche lui:
“Oh, sì! Eccoci arrivati!” cambia argomento, riportandomi alla realtà. L’auto rallenta, fermandosi davanti al suo hotel.
“È qui il party?” domando, confusa, mentre Sebastian mi aiuta a scendere.
“No, cambiamo solo auto,” mi spiega, facendo un cenno verso un’immensa limousine che si avvicina piano.
Ma certo. Un ragazzo dell’albergo si precipita ad aprirci lo sportello, m’infilo dentro, appoggiandomi al sedile morbido. Non abbiamo nemmeno raggiunto la festa e sono esausta. Rinuncio persino a far notare che andare a un party con un’auto ecologica è politically correct, immagino i soldi parlino un’altra lingua.
Sebastian siede accanto a me, un braccio intorno alle mie spalle, accarezzandomi la pelle. Avvicina il viso all’incavo del mio collo, mormorando che sono bellissima, e io mi sciolgo. Una calda felicità mi invade, mischiata ad un senso di perdita, ma la sottile ombra di pericolo che mi serpeggia nell’animo non basta a fermarmi. E mi domando a cos’altro non saprò dire di no. Le luci della città scorrono veloci e improvvisamente ho l’impulso di fermare tutto questo.
“Il mio regno per i tuoi pensieri!” interrompe lui le mie riflessioni, baciandomi il palmo della mano.
“Non sono così preziosi,” sorrido, sconfitta nei miei intenti. Che debole!
“Posso leggere nei tuoi occhi,” mi sussurra all’orecchio. Per un attimo ci credo davvero, poi rispondo, scherzando:
“Vedi al buio, senti tutto, puoi tutto, chi sei tu, uomo del mistero? Superman?”
Lui ride:
“Sei davvero brava, a sviare domande! Comunque, siamo arrivati! Cercherò di starti vicino, ma purtroppo in queste occasioni c’è tanta confusione, spero non sarà una noia per te!” mi spiega, mentre la macchina rallenta davanti ad un palazzo illuminato a giorno. Una folla di gente si accalca di fronte. Dovrei forse essere nervosa?
Mi armo di un coraggioso sorriso:
“Annoiarmi con te nei dintorni è impossibile, straniero!”
Sebastian mi bacia, facendomi scivolare indietro sui sedili. Una miriade di flash esplode intorno ai vetri scuri della macchina, tutta quella folla sono fotografi! L’autista ci apre lo sportello, c’è anche un tappeto rosso, deve trattarsi di una mania hollywoodiana, altrimenti non me lo spiego. A meno che non siamo agli Oscar! Per un attimo l’idea mi paralizza, ma, usando il buonsenso, decido che non può essere.
Scendiamo, Sebastian mi mette un braccio intorno alla vita (per la gioia dei fotografi) e sorride come un consumato uomo dello spettacolo. Sorrido anch’io, ma con meno entusiasmo. Perlomeno non è sposato, se è pronto a farsi vedere in pubblico con me. Realizzo che, fino a questo momento, l’idea non mi aveva nemmeno sfiorato. Non è il momento di approfondire. Sulla porta, due bodyguard controllano i nomi degli invitati su una lista, appena vedono Sebastian ci fanno largo, rispettosi. Ça va sans dire, lui è la lista.
Una volta dentro, Sebastian sembra conoscere il mondo intero: le persone si precipitano intorno a lui per stringere mani e scambiare due parole e in un attimo ci perdiamo in un turbinio di rumori, di luci e di gente. Il posto sembra immenso, nella sala principale hanno schierato quelli che mi sembrano una cinquantina di tavoli ovali, rivestiti di seta verde scuro, disposti in modo da avere la visuale sul palcoscenico in fondo. Intorno ai tavoli, regali sedie con lo schienale alto, foderate di velluto verde, completano la sistemazione. Sopra, servizi di piatti color verde erba bordati d’oro (per distinguerli dalle tovaglie, immagino) si abbinano a schiere di bicchieri e calici in cristallo e oro, sufficienti per ubriacare un esercito.
Tutta la scenografia è verde e cristallo, in effetti. Pesanti tende di velluto adornano finestre e porte finestre altissime, sembra ce ne siano un’infinità! Solo dopo mi rendo conto che i tendaggi sono stati utilizzati anche come ornamenti per porte, muri e in qualsiasi altro posto disponibile, conferendo alle stanze un’aria veramente teatrale. Sopra le nostre teste, sorretti da grosse catene annerite, pesanti candelabri in cristallo riflettono bagliori diamantati sugli abiti sgargianti delle invitate.
Continuiamo a stringere mani e salutare gente, Sebastian non fa altro che presentarmi persone di cui non ricordo assolutamente niente, occupata come sono a studiare l’ambientazione. Mi domando chi sia stato l’ideatore di queste opulenti scenografie… Tornando agli invitati, quello che non mi è sfuggito invece, è che: o tutti sono disgustosamente ricchi, o sono tutti attori impegnati a recitare una parte, o entrambe le cose. La maggior parte delle donne presenti sono (come i tavoli) rivestite di seta o un suo derivato, con abiti lunghissimi e talmente fascianti da conferire alla parola curve un significato pornografico. I lembi di tessuto utilizzati per creare code e strascichi a non finire sono stati prelevati dalla parte alta degli abiti, in modo da ristabilire gli equilibri, evidentemente. Quindi, tenendo alto lo sguardo, si possono ammirare generose scollature, valutando così anche il lavoro di famosi chirurghi plastici. Ma, si sa, è di cattivo gusto cenare con le tette al vento (almeno che tu non sia a Ibiza), e allora il problema si risolve con l’utilizzo di tonnellate di diamanti montati su collier e parure vari. Per completare la mise, un ermellino morto sulla spalla non si nega a nessuno – il tocco di perfezione in una notte d’estate californiana – ed eccoti pronta al galà dell’anno.
Tornando a me, trovo un momento per sussurrare all’orecchio di Sebastian, ridendo:
“Avresti dovuto rimediarmi una tiara! Sono così fuori luogo!”
Lui sorride, stringendomi forte a sé. Gli occhi gli bruciano come lava liquida:
“È questo posto ad essere fuori luogo per te, ragazzina! Tu sei di gran lunga la più stupenda creatura che abbia mai messo piede qui dentro!”
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