Articolo a cura di Manuel Marchetti, autore della trilogia urban fantasy “Valerie Sweets”Pagina Facebook

Di recente ho avuto modo di parlare con altri scrittori e mi hanno rivelato che non gli è mai capitato di farlo: usare persone realmente esistenti in una delle loro creazioni, come se fossero degli attori scritturati per girare un film.

Uno di loro mi ha detto che forse non ha mai conosciuto nessuno di davvero interessante, e per esperienza personale vi confesso che è un peccato, perché aggiunge qualcosa alla scrittura che poche altre cose possono fare.

realtà e finzione

Ovviamente la persona scelta va adattata al personaggio, quindi possono cambiare radicalmente tantissime cose come il nome, il mestiere, persino la fisionomia del corpo; l’importante è che rimangano dei piccoli dettagli che portano a ricordare la persona scelta, come alcune abitudini, il suo modo di parlare se è pacato, spiritoso o tagliente o ad esempio il modo in cui si sarebbe comportato davanti a certe situazioni.

Ad esempio nel caso di Valerie Sweets, libro pubblicato con Nativi Digitali Edizioni, ho fatto combaciare alcune cose con la vita reale della persona scelta, anche se posizionate in maniera diversa: la protagonista è una tenente di una squadra anticrimine, cosa che ovviamente la ragazza a cui mi sono ispirato non è; questo ha portato ovviamente a delle differenze, ma ricordate che la persona scelta deve “interpretare” un ruolo come se fosse un attore, mantenendo però altre cose in comune alla realtà, come nel mio caso la difficoltà ad affrontare i problemi (anche se sono di diverso tipo), la speranza che berci sopra possa aiutare in qualche modo, il tutto accompagnato però dalla forza di volontà che serve a farla andare avanti, anche grazie all’aiuto di molte persone importanti che circondano sia la protagonista del libro che la persona alla quale mi sono ispirato.

Ma non è la prima volta che faccio una cosa del genere: un mio caro amico è diventato un prete che gira con un fucile a canne mozze con sopra incisa la scritta The God’s words, che ovviamente non ha remora di far “parlare”.

Tempo addietro ho anche creato una raccolta di storie dedicate ad una libreria alla quale tenevo molto, che purtroppo ha dovuto chiudere, con protagonista il proprietario che deve affrontare una fila di assurdità come libri maledetti, dimensioni parallele, tre gemelle aliene e persino un traffico di stupefacenti: quella descritta è una libreria nella quale non ci si annoia di certo.

Questi sono solo dei piccoli esempi su come usare le persone che vi circondano nelle vostre scritture, e vi consiglio di provare anche solo per far felice una persona che vi sta a cuore; in più vi assicuro che scegliere una persona speciale per questa cosa aumenterà la vostra produttività di parecchio, almeno così è capitato a me con Valerie Sweets: non avevo mai scritto così tanto come l’estate in cui l’ho iniziato. Il tutto grazie a lei, la protagonista, una persona decisamente speciale.

In conclusione vi lascio la dedica presente all’inizio di “Valerie Sweets – Parte I – La gente mi chiede perché bevo”, e che le persone a voi care possano vivere anche nei mondi da voi creati, sono sicuro che non ne resteranno delusi.

«Nel prossimo libro voglio esserci anch’io!»

All’apparenza sembrano parole semplici, dette anche senza pensarci e con noncuranza.

Ma in realtà quelle poche parole contengono un potere inimmaginabile, proprio come se fossero quelle per scatenare un potente incantesimo.

Perché sono bastate quelle parole a farmi interrompere la stesura di un libro, al quale lavoravo già da un anno, e mettere in moto gli abitanti del mio cervello per crearne uno tutto nuovo, con una foga mai vista prima.

Ed è stata sufficiente una settimana per creare la base di una nuova storia, con protagonista la persona che ha proferito quelle magiche parole, e meno di un anno per concluderla fino a trasformarsi nel libro che ora state leggendo.

Perciò fate molto attenzione a ciò che dite, potreste scatenare eventi inimmaginabili senza volerlo…