Articolo a cura di Chiara Zanini, autrice del romanzo di fantascienza “Fernweh”

Le regole per la buona scrittura abbondano, nel web. E quindi, non posso resistere alla tentazione di provare anch’io a dettarne; ma le mie sono regole al contrario, perché io sono Gian Burrasca e le regole serie non son mai riuscita a rispettarle.

Ho passato anni a consultare manuali sulla scrittura e studiare più o meno tutti gli articoli italiani e stranieri in giro per la rete. Parecchi autori affermano che si può avere l’ardire di scrivere un romanzo o un racconto solo nel momento in cui si hanno le idee ben chiare su trama, personaggi, ambientazione. Prima si fa una scaletta (outline) della storia; poi si compila la scheda dei personaggi; poi si accumula una serie infinita di studi per formarsi nella mente un’idea definitiva sulle città e gli ambienti naturali che popoleranno le nostre storie.

E la scrittura dove sta, in tutta questa accurata preparazione?

Da nessuna parte, almeno per me.

No, queste regole non mi si addicono. Ed ecco perché, dopo essermi sforzata per tanto tempo di fare di me la Scrittrice Che Segue Le Regole Sulla Scrittura, scervellandomi su una scaletta che non ne voleva sapere di venir fuori e impegnandomi a delineare schede di personaggi che non avevano nulla di reale, ho gettato ogni regola al vento e mi sono trasformata nella Scrittrice Che Scrive Come Le Pare. E ho elaborato il mio personale non-metodo per scrivere.

Seguitemi in questo percorso.

metodo di scrittura

Non sapete da che parte cominciare? Vorreste scrivere qualcosa ma la mente pare più ottenebrata che dopo una nottata in piedi a far festa? Bene, aspettate. Non è necessario scrivere subito. Non oggi, almeno. Però, cominciate almeno a entrare nello spirito di uno che ha voglia di scrivere storie.

Avete, al contrario, un’idea balzana, ma che solletica i vostri neuroni e vi fa scoppiettare la punta delle dita per il desiderio di precipitarvi alla tastiera del pc? E allora sì, seguite questa ispirazione! Mettetevi a scrivere. Anche se non sapete dove andrete a finire. Se siete a conoscenza solo del centro della vostra storia ma non avete idea di come inizia e qual è il finale. Se avete a malapena in mente un abbozzo di personaggio (magari, che ne so, sapete solo di che colore ha i capelli, o che acconciatura porta. A proposito: è stempiato? È un uomo di mezza età con i capelli brizzolati? È una donna che passa giornate intere a stirarsi ciocca a ciocca i capelli, o una ragazza che se li arruffa con una manata ed è già pronta per uscire di casa? Fatevi domande, mentre scrivete. Tante, tante domande. Saranno le domande, e le risposte che vi darete, a farvi avanzare nella narrazione). Se vi frulla in testa una frase, una sola, che sia la battuta di un personaggio o la descrizione di un ambiente esotico, scrivetela subito, prima che sia troppo tardi e vi sfugga dalle dita. Non fermatevi. Andate avanti.

Solo alla fine, dopo che avete buttato giù tutto quel che vi è venuto in mente e non sapete come continuare, guardate cos’avete di fronte.

Avete scritto una scena completa? Ottimo. Perché la letteratura di oggi, così come succede nei film, va avanti per accostamento di scene.

Avete scritto solo una scena a metà e non sapete concluderla? Di nuovo: ottimo! Perché, anche se non ve ne siete resi conto mentre scrivevate, ora avete in mano Qualcosa. Sarà improponibile (ma vedrete: impratichendovi nel non-metodo di scrittura imparerete a buttar giù delle prime bozze mano a mano migliori e più vicine al risultato finale), un sgorbio per gli occhi e un obbrobrio per le orecchie quando provate a rileggere le frasi che avete formulato, ma è sempre qualcosa su cui lavorare.

Provate l’istinto di mettervi subito a riscrivere, revisionare, rettificare questo abbozzo di scena che, così com’è, vi piace quanto una nuotata in una piscina colma di fango? Fermi lì! Non modificate, non subito. Aspettate di portare a conclusione la vostra storia. Attendete l’arrivo dell’ispirazione per aggiungere una scena prima, o una dopo. O una del tutto slegata rispetto a quanto avete scritto finora, ma che in qualche modo, secondo il vostro istinto, potrà ricollegarsi al resto.

Già, perché è questo che stiamo tentando di fare, seguendo il non-metodo: stimolare la creatività, e imparare a seguire l’istinto. Ohibò, che parola pericolosa: Istinto, quando un po’ ovunque ci viene detto di basarci sulla Razionalità. Istinto è una parola che a me piace. Mi fa sentire libera, e viva. Mentre Razionalità, chissà perché, già da sola uccide ogni mio desiderio di mettermi a scrivere.

Bene. Chiuso l’inciso, torniamo alla nostra coppia di scene che nel frattempo abbiamo preparato. Mettiamole in ordine una accanto all’altra. Cos’hanno di simile? C’è un filo conduttore? Un personaggio che ritorna? Un’ambientazione che ci emoziona? (Ah, eccola qui un’altra parola che adoro: emozione. Senza, non riuscirei a scrivere neanche una parola. Ed è quello che ci contraddistingue, che ci lega ai lettori. Perché ogni lettore non cerca altro, in un testo, che l’emozione.) O, addirittura, un tema di cui vorremmo parlare tanto a lungo da consumarci i polpastrelli sulla tastiera, a furia di scrivere?

Magnifico! Che volere di più dalla vita?

Finché sulla vostra barchetta della scrittura soffia il vento dell’ispirazione tutto va per il meglio. Via. Continuate così. Accumulate una scena accanto all’altra. Vedrete che, man mano, le idee vi si schiariranno. Comincerete a capire dove avete intenzione di dirigervi, scrivendo. E vedrete che il tutto sarà perfino divertente.

Se sentite che i personaggi chiacchierano nella vostra testa, siatene felici (e non ascoltate chi vi dice che siete diventati folli tutto a un tratto): è un buon segno. Se state fissando lo schermo della televisione ma dentro di voi vedete panorami che vorreste descrivere, ancora meglio. Se poi, il giorno dopo a colazione, la mamma/la nonna/la zia vi chiede di passarle il barattolo della marmellata e da questo gesto semplice vi viene d’istinto in testa una storia, sempre meglio: ormai non vi ferma più nessuno.

Andate avanti, per X tempo. Finché non vi pare di aver scritto abbastanza scene da avere in mano una storia completa. Per quanto traballante, incongruente, sbilenca, è sempre una storia, racconto di poche cartelle (le pagine si chiamano così, in ambito editoriale) o romanzo di cinquecentomila caratteri che sia.

Piaciuto questo giro di giostra nel magico mondo della scrittura? Immagino di sì.

E adesso?

Qui la seconda parte del “non-metodo”!