Oggi vi presentiamo la prima parte di una saga Fantasy… “Un’altra?” dirà qualcuno. Beh, certo, non sarà una novità, ma già nel primo volume de “Il Giardino Aureo” il giovane Fedriz Marini ha dato prova di sapersi destreggiare con maestria tra sottogeneri diversi (l’epico, l’umoristico, lo sci-fi) e, cosa per nulla banale, di riuscire a gestire sapientemente una trama complessa e un nutrito ed eterogeneo gruppo di personaggi.

Partiamo con un esempio che noterete fin dalle prime pagine; quando si parla degli “eroi” delle più celebri saghe fantasy, è facile notare un filo conduttore: quasi tutti “partono dal basso”, ma mostrano da subito un enorme potenziale inespresso. È questo il caso di Frodo, di Luke Skywalker (sì, Star Wars è Fantasy, fatevene una ragione…), di Harry Potter, eccetera. Lo stralunato e spesso irritante Alfredo che emerge dai primi capitoli del “Giardino Aureo” sembra un’eccezione alla regola: come Re di Amnesia, parte dall’apice della piramide, e di potenziale inespresso non sembra mostrarne nemmeno una briciola… Ma sarà davvero così?

Infatti, con “Il Re Sognatore e la Peste d’Ossidiana” (questo il sottotitolo della prima parte della saga) Fedriz Marini si dimostra fedele a questa linea: prendere i cliché della tradizione Fantasy, e divertirsi a sfidarli, contraddirli, superarli, attraverso una fitta rete di colpi di scena e un memorabile cast di personaggi. Se quindi il protagonista Alfredo è improbabile e atipico persino come antieroe, anche l’eroina Eva (spesso ben più coraggiosa del Re, nonché suo ex ragazzo), l’aiutante Ivan (nonostante le sue apparenze da energumeno, la vera mente del gruppo) il mentore Gene (che nasconda qualche segreto lo si intuisce subito, ma non immaginerete quali…) sembrano decisamente fuori dai canoni, per non parlare di personaggi ancora più stravaganti che finiscono per comporre un gruppo di amici/rivali sgangherato (come i gruppi di amici/rivali della vita reale, se ci pensate…) e a dare vita a una lunga serie di dialoghi improbabili e gag effervescenti, tra un combattimento  e l’altro. Solo l’antagonista, il temibile Dr. Plague, sembra concentrare su di sé tutta una serie di stereotipi del tipico cattivone… Ma bastano pochi capitoli per capire che quella che sembra una storia semplice e lineare (il classico Fantasy di formazione: Alfredo è costretto, suo malgrado, a intraprendere un “pellegrinaggio” in compagnia dei suoi migliori amici, ma dopo una serie di incontri il loro compito si rivelerà ben più complesso e sfidante… beh, la “Peste d’Ossidiana” del sottotitolo dovrebbe già suggerirvi qualcosa…) nasconda invece tante sottotrame, pronte ad aprirsi allo scattare dei numerosi colpi di scena che l’autore ha preparato lungo la strada.

La presentazione apparentemente lineare facilita l’immersione del lettore nel mondo di Dantopia: un universo fantasy del tutto peculiare, con la coesistenza non facile di razze già note agli appassionati del genere (come i Giganti e… beh, non dico altro per non spoilerare) ad altre ideate dalla fertile creatività dell’autore (come i Marocca, dotati di eccellente forza fisica e abilità di combattimento, ma discriminati dagli umani per il loro aspetto bizzarro e per altri motivi che, beh… scoprirete se leggete il libro); come se non bastasse, nei capitoli conclusivi di questo primo volume acquisisce sempre più spazio la componente “sci-fi”, e non attraverso banali citazioni, ma tramite un’originale e ambiziosa rielaborazione di un tema molto caro a questo genere: gli androidi, e in particolare la loro difficile coesistenza con la società umana, soprattutto quando iniziano a manifestare una coscienza autonoma…

Insomma: se il primo volume di “Il Giardino Aureo” mostra solo in parte una piena evoluzione dei personaggi e lascia in sospeso lo sviluppo di alcune tematiche che sono solo accennate (se vogliamo, sono questi due i difetti più evidenti del romanzo, ma entrambi giustificati dalla sua natura “seriale”), non mancano un bel numero di scene d’azione che sembrano uscite da un anime giapponese, gag degne delle migliori sit-comedy, ma anche riflessioni cupe sulla natura umana e sulle storture della società più tipiche del thriller psicologico o della distopia.

Parecchia carne al fuoco per un primo volume, è vero, ma lo stile peculiare ed effervescente di Fedriz Marini riesce a miscelare efficacemente ingredienti tra i più disparati, dando vita a un Fantasy facile da leggere ma ricco di spunti di riflessione; a mio giudizio una graditissima ventata di aria fresca, che sarà apprezzata in particolar modo da chi ama le avventure epiche ma non disdegna un po’ di sano humour. È disponibile in formato cartaceo su Amazon.