Questo settembre Nativi Digitali Edizioni spegne la sua quinta candelina, traguardo già non banale per una nuova attività, soprattutto se in un settore molto “ballerino” come quello dell’editoria digitale. Per questo motivo, anche quest’anno mi concedo un minimo di spazio per parlare dei retroscena del nostro lavoro, aspetti che tra l’altro potrebbero pure interessare anche chi scrive o legge romanzi pubblicati dalla famigerata “piccola editoria”… beh, o almeno così spero.

Premessa: nella mia vita ho avuto la fortuna di partecipare come candidato a ben pochi colloqui di lavoro (e, detto tra noi, mi auguro di non doverne fare più nessuno… non mi piacciono le cravatte), ma ho sempre trovato poco opportuna, se non fastidiosa, la classica domanda: “Dove ti immagini tra 5/10/x anni?” Del resto, 5 anni fa non avevo la minima idea di come sarebbe stata la mia vita oggi, anche se speravo che sarebbero almeno arrivati i primi robot domestici senzienti – un’altra aspettativa troppo alta per colpa della fantascienza! In tutta onestà, al fatidico momento della firma dal notaio, l’unica idea che avevo in testa, oltre al contraccolpo che il mio conto in banca stava subendo, era che Nativi Digitali fosse la nostra chance (mia e della mia partner Annalia) di provare a costruirci qualcosa di veramente “nostro” invece di continuare a barcamenarci dentro meccanismi aziendali alienanti che non ci entusiasmavano né  davano garanzie per il futuro.

Molti direbbero che, invece di un’idea un po’ utopistica, avremmo avuto più bisogno di un business plan, di ricerche di mercato più solide, di una rete di contatti già sviluppata, di una strategia d’azione articolata … eppure, se siamo ancora qui a scribacchiare, dopo aver pubblicato oltre 60 ebook e fornito consulenze editoriale a oltre 80 autori indipendenti, oltre a toglierci qualche soddisfazione personale, significa che forse a volte un’idea ben radicata può risultare più efficace di un Business Model Canvas o di un diagramma di Gantt (che tra l’altro avevo pure preparato, per poi dimenticarmelo e quindi contraddirlo in tutti i modi possibili).

Cos’è cambiato allora in questi anni? Beh, un bel po’ di robe, dato che, se l’idea alla base resiste più forte che mai, abbiamo capito che le modalità per perseguirla non sono sempre le stesse:

  • Ci occupiamo ancora prevalentemente di ebook, ma anche di  libri cartacei, non perché ci siamo disinamorati del digitale ma semplicemente perché abbiamo scoperto che il print on demand ben si sposa alle nostre abituali strategie di distribuzione, e quindi perché non dare ai lettori una scelta in più?
  • Pubblichiamo ancora testi di vario genere di autori italiani emergenti, ma la nostra linea editoriale si è evoluta in qualcosa di più specifico del “scegliamo i libri che ci piacciono”, perché ci siamo resi conto che un’identità precisa e un pubblico di riferimento sono bussole indispensabili per non naufragare nel caotico oceano dell’editoria indipendente;
  • Sfruttiamo ancora gli strumenti di distribuzione e promozione del web per ottimizzare i tempi e quindi pubblicare più testi di un microeditore “tradizionale”, ma la dozzina abbondante di pubblicazioni all’anno si è col tempo sostanzialmente dimezzata, non perché battiamo la fiacca (magari poterci permettere di farlo!) ma perché abbiamo capito che è necessario curare maggiormente i dettagli per evitare errori di distrazione e per garantire ai nostri lettori la qualità che si meritano;
  • Continuiamo a pubblicare testi a nostro marchio (e, non nuoce ricordarlo, senza richiedere contributi economici, in forma esplicita o indiretta, ai nostri autori) ma col tempo ci siamo adattati a fornire anche servizi editoriali “on demand” agli autori indipendenti che ce li richiedono, ovviamente per diversificare i ricavi di quella che è comunque un’attività professionale a tempo pieno per due persone, ma anche per avere una panoramica ad ampio raggio dell’editoria indipendente in generale, che ci consenta di non cadere nell’autoreferenzialità;
  • Continuiamo a occuparci di editoria, ma stiamo provando a fare qualcosa di un po’ fuori dai canoni (ma sempre di editoria si parla, almeno secondo noi); a proposito, stiamo lavorando ai ritocchi finali dei testi e alla (piuttosto impegnativa) parte “tecnica” di The Deadline e avremo modo di aggiornarvi a breve sugli sviluppi.

“Bene, ma che diavolo c’entra tutto questo con Tetris, che hai citato nel titolo? È quello che chiamano clickbait?” direte ora. Beh, come molti della mia generazione, ho “sprecato” parecchie ore della mia infanzia con la mitica versione del gioco di origine russa per Game Boy. Cosa mi ha insegnato Tetris? Che nella vita ci vengono continuamente lanciati tasselli di vario genere, di solito apparentemente incompatibili tra di loro. Se ci limitiamo a metterli da parte a casaccio in attesa di nuovi pezzi che possano magicamente risolvere i problemi, finiremo sicuramente con un sacco di buchi in tutte le linee, e riempirli diventa poi un bel casino. D’altro canto, se ci fissiamo troppo a come ottimizzare il singolo tassello, quando la velocità incrementa gradualmente (e succede sempre!) ci ritroveremo impossibilitati a gestirli. Se invece mettiamo in campo un equilibrio tra strategia e improvvisazione, se riusciamo da una parte a sfruttare al meglio i pezzi “giusti” e dall’altra a minimizzare i danni di quelli “sbagliati”, in modo che nel lungo termine possano invece giocare a nostro favore, quando finalmente arriverà il tanto atteso tassello dritto sarà un gioco da ragazzi posizionarlo a nostro vantaggio.

Perché il lavoro di un microeditore, come quello di qualunque piccolo imprenditore creativo, è un po’ come una partita a Tetris. E se lo si considera come tale, risulta anche più divertente, non credete?

E allora, lunga vita a Nativi Digitali Edizioni, che in cinque anni ha preso una forma magari leggermente diversa da quella che avevamo pensato originariamente, ma che in fondo non ci dispiace affatto, perché a costruirla così siamo stati noi, e nessun altro. E mi raccomando con questi tasselli dritti, vedete di continuare ad arrivare al momento giusto… ci facciamo bastare pure quelli a L…